Ci risiamo. Era impossibile prevederlo, nessuno avrebbe potuto dirlo ed è, inaspettatamente, capitato: ci risiamo. Siamo passati in pochi giorni da mille a ventimila contagi al giorno ed è strano, perché fino a tre settimane fa tutta Europa viaggiava su cifre spaventevoli di crescita e noi fermi a mille, «perché noi abbiamo un sistema migliore». Come è potuto accadere? Impossibile prevederlo.
Ed eccoci di nuovo: i virologi, i complottisti, i negazionisti, i presidenti di regione, i tuttologi, e come non farsi mancare i DPCM e le autocertificazioni? Infatti, ecco pure quelle. Seconda stretta in pochi giorni, giovedì scorso i ristoranti dovevano chiudere alle 23, da oggi alle 18, tra qualche giorno sarà difficile aprire ma nessuno stupore: è la politica dei piccoli passi che conosciamo già, nessuna sorpresa stavolta. O sì? Perché molti sostengono che stavolta sia diversa, «stavolta niente lockdown perché non ce lo possiamo permettere», giusto, esattamente come a febbraio dicevamo che «ma non si può mica chiudere un paese». Infatti.
Sono già stanco. Non tanto del lockdown in sé, quanto del contorno: questa poco meravigliosa abitudine italica di non occuparsi delle cose in anticipo e quando non c’è più tempo farlo in modo drammatico. Sia collettivamente che individualmente. E blaterare, blaterare, blaterare. La Spagna, saldamente in testa per contagi e ammalati, chiede lo stato di emergenza fino al nove maggio, in deroga alla costituzione. Giusto per dare una misura. Perché a marzo c’era la possibilità di sperare nel fattore meteorologico in qualche mese e le giornate, comunque, si allungavano; qui, invece, si va tutto in salita, complice pure l’ora solare di un giorno fa. Si addensano nubi fosche all’orizzonte.
Però questo è e questo sarà, tanto vale raccontarlo. Anche se mi va già di traverso il grido disperato di «salviamo il natale». Magari non proprio tutti i giorni ma quasi, magari occupandosi anche di questioni laterali, per respirare ogni tanto. Magari alcuni giorni davvero in breve, altri meno, la prenderò più distesa perché qui si fa lunga e barbosa, temo. Sarà perché odio le ripetizioni.
E come l’altra volta, sarà il benvenuto chi vorrà condividere, pubblicherò chiunque abbia voglia di mandarmi il proprio minidiario, occasionalmente e non. Anche uno di un giorno solo (posta@trivigante.it). Vedremo.
Bene, se si deve fare, facciamolo. Con un chiarimento, in partenza: l’andazzo di questi giorni è dirci tutti responsabili e colpevoli per non aver fatto nulla negli scorsi mesi per prevenire questa situazione (esempio). Eh no, belli miei, non è così. Molti, moltissimi hanno rinunciato, sono stati attenti, hanno agito, erano perfettamente consapevoli del tempo che sfuggiva di mano mentre altrui si ammassavano al Billionaire a stronzeggiare o a Roma a negare in piazza o, semplicemente, a sbattersene in allegria. Quindi no, non ci provate, non siamo e non siamo stati, anche stavolta, tutti uguali.
Uff, cominciamo ma già lo so: sarà dura.
Indice del minidiario scritto un po’ così delle cose recidive:
26 ottobre |