«Parlare, però, è ridare la vita a chi non c’è più», disse Nedo Fiano, scrittore, sopravvissuto all’olocausto e alla deportazione ad Auschwitz e Buchenwald e uno dei testimoni più instancabili di ciò che accadde durante il fascismo e la guerra, in particolare a coloro che furono deportati.
Per chi abita a Milano o in Lombardia, o chi lo ascoltava a Radio Popolare o nelle aule delle scuole, Fiano è stata una presenza costante nei decenni, sempre garbato e deciso, sempre senza arretrare di un passo anche nei momenti difficili, miserabili e umilianti, quando per esempio fu profanata la scritta all’entrata di Auschwitz. Mai una volta si è tirato indietro.
Oggi Nedo Fiano è morto, uno degli ultimi sopravvissuti.
La memoria che ci ha lasciato resta, è qui, è presente e documentata. La responsabilità di quella memoria è ora nostra, mia e vostra, guai a chi farà finta di nulla. «Colui che dimentica diventa complice», diceva spesso. Bisogna pensare a questa frase, bisogna capirla. Tra i figli, lascia Emanuele, persona intelligente che per fortuna sua e nostra molto ha preso dal suo babbo.