Da ieri la Gran Bretagna è fuori dall’Europa. Male, molto male. Da quando, a sorpresa, i remain persero il referendum del 2016 è stato un susseguirsi di rimandi, di accordi non conclusi, di tentennamenti. E io, in cuor mio, speravo non si concludesse la frattura e ci fosse, chi sa?, un ripensamento. E invece no, ingenuo. Da ieri serve il passaporto per andare in Inghilterra, il visto per restare, il roaming dei telefoni non è più in vigore, insomma si è tornati alle lungaggini del passato. Un vero peccato.
Fa impressione vedere, invece, gli entusiastici titoli di giornale quando, il primo gennaio 1973, la Gran Bretagna entrò nel Mercato Comune Europeo, prodromo dell’Unione europea (la Greater Europe).
A tutti gli effetti, questo è un lutto. E come tale io, noi, lo vivo. Per cui, alla prima fase di dispiacere è seguita poi la fase di risentimento, fanculo Cameron, fanculo inglesi che hanno votato per l’uscita, fanculo inglesi tutti. La pagheranno cara, perché ora si renderanno conto dei vantaggi dell’appartenere all’Unione europea (siete mai stati a Sheffield negli anni Ottanta? Un disastro), si renderanno conto di quanti fondi le zone depresse (e in Inghilterra sono moltissime) abbiano ricevuto in questi decenni, quanto l’isolamento sarà deleterio per lo sviluppo del paese.
Le zone più povere dell’Europa settentrionale sono quasi tutte in Inghilterra e, guarda te!, sono anche le zone che hanno ricevuto più aiuti dall’UE e sono anche, anche!, le zone più decise nel sostenere la Brexit.
Bene, allora. Andate e godetevela. Fanculo.