Bel rimpastone nella giunta della Regione Lombardia e tutti contenti, come nulla fosse, a sorridere e mostrare ottimismo, celando lo sfacelo sotto il tappeto bello. L’assessore al welfare con delega alla sanità lombarda, lo sciagurato Gallera, viene silurato – sempre troppo tardi – adducendo la scusa che sia “stanco”. Non sembrava, quando correva impippandosene delle regole, quando discettava delle due persone infette in contemporanea necessarie per contagiarlo in un angolo buio o quando ringraziava deferente la generosità della sanità privata. O quando, a marzo e in piena pandemia, si dichiarava disponibile a candidarsi a sindaco di Milano. Sfrontato.
Ma a lasciare la via vecchia, a cascare dalla padella, poi non si sa mai dove, e come, si vada a finire. È questo il caso, con la nomina della Moratti, oltre che assessora anche vicepresidente (e, speculo: prossima candidata?). Tremenda come presidente RAI, ministra dell’istruzione, sindaca di Milano, poi titolare di una pletora di incarichi tra cui la presidenza del consiglio di gestione di Ubi Banca, la presidenza della Fondazione San Patrignano e chissà quanti altri. Condannata in via definitiva per aver dato incarichi illegittimi come sindaco di Milano, ha dovuto risarcire di tasca propria oltre 591mila euro, vabbè, poca differenza per lei, ma soprattutto ha causato un danno erariale di quasi due milioni di euro per le sue consulenze allegre. Non il modo migliore di cominciare.
Ma altre premesse sono anche peggio. Non ha mai fatto mistero di sostenere la sanità privata – alla fine è dello stesso partito del delinquente Formigoni – e di certo non sovvertirà il modello fin qui dimostratosi fallimentare. Inoltre, Moratti dal 2018 è consigliera di amministrazione di Bracco spa, multinazionale italiana del settore chimico e farmaceutico, con una partecipazione interessata in Lombardia, visto che gestisce servizi per la salute con il Centro Diagnostico Italiano, venti sedi nella regione. Conflitto di interessi? Maddai.
Epperò non basta. La nuova assessora per le politiche sociali, famiglia e disabilità è Alessandra Locatelli, leghista d’accatto prima assessora alle politiche sociali del comune di Como e ministra per la famiglia nel governo Conte I. La si ricorda solo per atti indecenti o insulsi: per dire, quando strappò la coperta a un clochard scacciandolo dal suo giaciglio e incalzando gli altri che dormivano per strada con un’idropulitrice; quando chiese a tutti gli amministratori della Lega di rimuovere dagli uffici pubblici la foto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Per carità, non che in altre regioni leghiste vada meglio, con per esempio tal Donazzan, assessora all’Istruzione della Regione Veneto per Fratelli d’Italia, che l’altro giorno ha la bella idea di intonare «Faccetta nera» in quella trasmissione per idioti che è La Zanzara. Mala tempora.
Raramente, dunque, dai rimpasti ne escono gemme, solitamente subentrano le seconde file o personaggi interessati ad altro. Ambo.