Bestemmie, ostie, madonne, santi, da ieri sera sto tirando giù di tutto. Adesso siamo in zona arancione, «arancione rafforzato». Dopo un anno, ancora lì siamo. Prima un focolaio in un asilo, poi un paio di feste di compleanno e poi, ad allargare il giro, domenica c’erano almeno duemila adolescenti in piazza in città senza alcuna protezione. Sì, in questo momento ho voglia di prendermela con qualcuno, cerco la rissa, vanno bene anche duemila gnarelli, sono qua. Checcoglioni. Poi ce l’ho con i miei corregionali, dio li fulmini!, che hanno votato lega e forzaitalia, regalandomi la tutela di Fontana, Moratti e Bertolaso. Che poi io dico: quando c’è un’emergenza, una situazione critica, uno fa due conti e poi si affida, perché bisogna affidarsi, ai migliori che trova in giro, medici, operatori, amici e parenti. Ma non ci si affida ai più ritardati, trafficoni, affaristi, stronzi che ci siano in giro, no? E invece sì. Grazie.
Domenica nella mia città sono stati vaccinati cinquantanove ultraottantenni. 59. Lunedì la Regione Lombardia ha sottoscritto il protocollo d’intesa con le strutture private e le farmacie per la somministrazione dei vaccini, ma guarda te che sorpresa. Oltre alla beffa, il danno per cui non solo i vaccini saranno a pagamento per chi ha urgenza o per chi desidera farli prima di dieci anni ma il protocollo autorizza anche le farmacie a somministrare il vaccino antinfluenzale, di cui la Regione ora è piena. A novembre e dicembre erano introvabili, abbiamo pagato quasi tutti per farli o farli fare e adesso sono dappertutto. Non bastasse, sempre la Regione annuncia che sarà possibile chiedere il rimborso, ancora non si sa come, per i vaccini antinfluenzali fatti privatamente in fine d’anno e così si compie il giro: attraverso di me, la Regione – anche stavolta – ha finanziato le strutture private. È un regalo continuo.
Vero che le aziende produttrici stanno rallentando la produzione di vaccini – è di oggi la notizia che AstraZeneca ha tagliato ulteriormente del cinquanta per cento la fornitura, succede quando non c’è più la leva economica delle penali a far da pungolo – e di conseguenza certe regioni (Lombardia) stanno già accampando scuse per i ritardi ma è altrettanto vero che dei cinque milioni di dosi già consegnate ne sono state utilizzate finora solo tre milioni e mezzo, cioè la campagna vaccinale va comunque più lenta delle pur lente forniture. Perché tanto si sa sempre a chi giova, no? Rallenta, paralizza il pubblico e la magia riuscirà sempre senza nemmeno doversi sporcare le mani. E così al momento l’unica soluzione, di tipo medievale, è richiudere tutto e aspettare, facendo finta di avere delle ideone da mettere in pratica.
Che, poi, chiudere. A me andrebbe anche bene un patto chiaro, chiudiamo per davvero per tot mesi e nel frattempo vacciniamo seriamente, isoliamo, tracciamo, e facciamo dei patti chiari che ci permetteranno di essere amici, poi. Ma la chiusura dettata da Confindustria no, perdio, non mi sta bene. Perché si chiudono le scuole, si limitano i movimenti ma solo dei semplici cittadini, non parliamo delle strutture di cultura e spettacolo, dei centri sociali, delle palestre, ma per carità, i negozi, i centri commerciali, le industrie guai a chi le tocca, al massimo nel fine settimana. Lavora, consuma e poi sta’ a casa. Il paradiso dei miserabili, con la pizza a domicilio. Dopo un anno, ancora la stessa solfa, non ci siamo mossi di un ciapello, i furgoncini delle impresine ancora lanciati a mille sulle autostrade perché il PIL è tutto nostro.
Non c’è niente da fare. Inquinamento, pandemia, affarismo, cementificazione, clientelismo, assenza di prospettive che non siano il fatturato di oggi, individualismo spintissimo, non c’è niente da fare: siamo i peggiori in tutto. E continuiamo a esserlo, qui in un certo pezzo di val padana tra il Piemonte e il Veneto. E con orgoglio, pure.
Per carità, moltissime brave persone, tutte frustrate e intristite peraltro, che è un po’ il motivo per cui poi si resta, senza sbattere la porta dietro di sé. Ma non basta, non può bastare. Perché sono trent’anni che si attribuiscono poteri alle regioni e sono trent’anni che qui la maggioranza vota il peggio, se non si è eletto Ambrosoli, uno dei pochissimi candidati di valore nei decenni, c’è ben poca speranza. E il prossimo giro, azzardo, sarà la Moratti, o se non lei analoga o analogo. In ogni caso, proni a Confindustria, agli esercenti, complici del popolo delle partite iva che non emette fattura, di chi intasca i ristori e poi comunque vota a destra, di chi è perennemente alla ricerca della gabola per non fare il proprio dovere, fisico, etico ed economico, di chi non fa assolutamente nulla per gli altri e per la comunità ma che pretende sempre ogni tipo di aiuto e risarcimento, per poi blaterare contro i vaccini.
Ma non è una lotta tra cattivi e buoni. È peggio. È uno scontro tra maggioranze variabili, di cui facciamo di volta in volta parte tutti. Ho adattato anch’io le norme anticontagio a mio piacimento, riducendo i giorni di isolamento anticipando il tampone, o superando qualche confine che non sarebbe stato lecito superare, ho rotto le balle anch’io sulle cose che mi interessavano facendo finta di non vedere quelle a mio vantaggio, ho approfittato anch’io dell’elasticità e spesso dell’assenza delle sanzioni, lo schifo della faccenda sta, appunto, nel fatto che si sguazza tutti nello stesso recinto e ci si sporca tutti, prima o poi, dando un colpetto di qua e uno di là.
Per carità, un motivo c’è sempre, la burocrazia, i lacci, la lentezza dell’amministrazione, anche solo il sopravvivere, la giustificazione si trova e, comunque, quasi nessuno la chiede mai. È il Berlusconi fuori e dentro di me, entrambi, che mi fanno impazzire. E là fuori è pieno.
Occhei, d’accordo, avete vinto, sarà la stanchezza, sarà la frustrazione. Farò i miei piani per migliorare la situazione e farò le mie cose appena sarà possibile farlo, al momento però sono talmente smarronato che non collaborerò più, almeno finché l’idraulico dell’alta Val Brembana non lo farà. Infantile? Certo. Ci picchiamo? Volentieri.
Le altre puntate del minidiario scritto un po’ così delle cose recidive:
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