auspicia, da aves specere

A scuola poi, a un certo punto del percorso, ci parlavano degli aruspici e degli àuguri nella Roma antica. I primi si occupavano dell’osservazione delle viscere degli animali, i secondi del volo degli uccelli, per fare divinazioni e previsioni. Se la questione delle viscere, diciamo, era intuibile, cioè uno osserva le trippe e siccome sono sempre diverse qualche cosa ne può trarre, la faccenda degli uccelli era sempre misteriosa.
Ma che ci sarà da vedere ex avibus, che sarà mai? Poi, come si fa spesso a scuola, niente domande e cercare di procedere a passi spediti verso la fine, tredici anni dopo, il più incolumi possibile. Ma il problema resta, perché io il volo degli uccelli lo vedo e lo immagino sempre così:

Capirai la divinazione: oh, è dritto, per me possiamo procedere. Mah. Invadiamo la Gallia.

Poi, se uno è fortunato e minimamente interessato alle cose del mondo, magari gli capita di osservare il cielo al momento giusto, magari in inverno, in una città europea oppure, e lì è il meglio, di trovarsi a Roma in questa stagione o a novembre e vedere il cielo oscurarsi improvvisamente e ricoprirsi di macchie nere enormi in continuo movimento, persino inquietanti: sono gli storni. Gli stormi di storni.
Ed è lì che uno capisce. È vero che gli storni sono abbastanza diffusi in Europa ma non dappertutto, non in tutte le stagioni e, soprattutto, in numeri minori che a sud. Questi sono a casa mia, ora.

Il filo brulicante sullo sfondo è meraviglioso. A ogni modo, dicevo, per quanto se ne vedano parecchi e anche stormi di una certa dimensione, non se ne ha un’idea precisa finché non li si vede a Roma o in nord Africa. Una cosa così:

FAYEZ NURELDINE/AFP/Getty Images

Ora sì che capisco di più, ora sì che potrei divinare qualche cosa persino io, ora sì che la cosa si spiega. Il volo degli stormi di storni è meraviglioso, ipnotico, imprevedibile, segue certe regole complicatissime che alcuni hanno studiato per decenni, stabilendo approssimativamente che ogni storno segue i movimenti dei sette che ha attorno, generando così deviazioni a cascata rapide e frequenti. Lo stormo assume quindi un aspetto inquietante che spaventa i predatori, di solito rapacetti.
Gli storni sono centinaia di milioni e gli agricoltori lo sanno, sono una sciagura per i campi, i raccolti e le piante: si posano in migliaia, centinaia di migliaia, spezzano i rami, scagazzano ovunque, portano distruzione. A Termini, intendo alla stazione, di questa stagione vendono gli ombrelli per uscire e percorrere a piedi il piazzale. In cinque minuti può succedere di tutto, ritrovarsi per esempio completamente da buttare. E si scivola, pure.

Ciò nonostante, sono meravigliosi da guardare e, dopo aver vissuto a Roma, capisco benissimo come il loro volo possa avere affascinato i romani e gli etruschi prima di loro fin dalla notte dei tempi. E le divinazioni ex avibus in questo caso sono del tutto comprensibili, altro che il passerotto che vedo io talvolta sorvolare le mie finestre, proprio altro tipo ed effetto. Qui un’idea in movimento della faccenda.
Ora è chiaro, per fortuna. E io dico, anche stavolta: ma perché a scuola nemmeno uno sforzino per farmi capire meglio la cosa? Bastava poco, una foto, un racconto, mi sarei evitato decenni di pensieri su quei mona dei romani, che non si capiva proprio che trovassero nel volo degli uccelli.

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