Oddio, è forte, non potrei resistere se fosse davvero così: far sparire Mario Biondi ascoltando Radio Cremona International. Tralasciando i toni da protezionismo destroide di ciò che è nazionale, a prescindere, il concetto espresso da Biondi, peraltro soggetto coinvolto, presuppone un fatto: che la musica italiana sia buona e che la crisi che sta vivendo dipenda dal basso numero di passaggi in radio. Peccato non sia così.
La crisi è del sistema musica, i sottosistemi periferici ne risentono di più, e se poi, come è, la musica italiana è perlopiù molto, molto scadente, mal prodotta, priva di idee, ripetitiva e provinciale, allora davvero l’unico modo per tenerla in vita sarebbe ordinare l’autarchia musicale per legge. Libera nos domine.
Caro Biondi, la mia musica è quella di Capossela come quella di Gardel, di Lauzi come degli Who, di Guccini come dei Metric, di De Gregori come di Mozart, di sicuro la mia musica non è la sola italiana o, peggio, la tua perché siamo entrambi italiani. Fattene una ragione, fatevene una ragione e cominciate a pensare a musica migliore.
Quella è la via.
Che poi, a cosa fa riferimento Mario Biondi quando parla di “musica italiana”? Alla produzione autoctona, viene da pensare. Perché se si parla di musica in lingua italiana, a scorrere i titoli della sua discografia, a parte un paio di collaborazioni, di italiano c’è ben poco.