minidiario scritto un po’ così dei giorni in Europa al tempo dei vaccini: giorno sette. Tutte le guerre passano da qui, atomi in campagna, l’avventuriero polacco, l’arte nuova

Sto aspettando il regionale per Chaumont, per andare un po’ a sud e un po’ a est, e vedo alcune destinazioni sul tabellone. Sta partendo il TGV della Champagne-Ardenne, per esempio, e alla sola parola Ardenne la risposta possibile, facendo sbattere i tacchi e toccandosi la fronte, è: offensiva delle, riferisca al maresciallo Montgomery. Perché tutta la zona, qui, è stato il perenne teatro delle frizioni e degli scontri tra Francia e Germania, è il fronte occidentale dal quale niente di nuovo di Remarque, si può via via risalire indietro nel tempo e collezionare una lunga teoria di date di scontri, battaglie e offensive, passando per la guerra dei trent’anni e giù giù fino ai Merovingi e, ancora, a Cesare. Alla fine il toponimo deriva da Arduina, la dea gallica della caccia che si muoveva a cavalcioni di un cinghiale. Allo stesso modo è sempre qui l’Argonne, altra zona di confine teatro di perenni movimenti di eserciti, come l’offensiva della Mosa-Argonne, durante la prima guerra mondiale. Noi italiani, per comodità, la chiamiamo ‘le Argonne’, così la mettiamo insieme con ‘le Ardenne’ ma è singolare. Una è una catena collinare, l’altra una zona.
A un tiro di schioppo da qui e destinazione di un altro regionale è Sedan, nota per lo stesso tipo di vicende. Fu lì che i prussiani sconfissero completamente l’esercito di Napoleone terzo, catturarono lui e centomila soldati e buona notte impero, benvenuta repubblica. E tutta l’Alsazia, Metz e Strasburgo divennero prussiane. Fino al 1919 i tedeschi festeggiavano il sedantag, il giorno in cui devastarono i francesi, per dirla con una citazione dotta sopra un’altra citazione dotta, il giorno che «venimmo, vedemmo e li inculammo». Poi, per grazia, hanno smesso, avevano poco da festeggiare.
Uno dei motivi per cui questa zona gode delle preferenze accordatele dagli eserciti è la valle della Mosa, che è un fiumone bello largo che nasce un po’ più a sud e poi, inspiegabilmente, scorre in salita verso nord tra Belgio e Paesi Bassi, fino al mare del Nord unendosi al Reno. La sua valle tra la Marne, i Vosgi e le Ardenne, è ampia e piatta, buona per fare passare gli eserciti delle guerre di una volta, quelle in cui avevi centinaia di migliaia di uomini da spostare da un punto all’altro e anche un fiume diventava un problema. Lungo il corso della Mosa c’è Verdun, quello della guerra totale, quello che non hai visto la guerra se non eri a Verdun. Vabbè, un po’ retorica bellica e molto massacro vero.
Venendo a me, vediamo se nel cambio a Chalons en Champagne riesco ad acchiappare un caffè, che questa mattina è davvero presto. E no, non lo acchiappo. Stazione troppo piccola per avere un bar o una macchinetta e fuori c’è il niente, niente niente. Cambio e prendo il treno per Luneville perché sto andando nel dipartimento della Meurthe e della Mosella, che una volta a scuola noi chiamavamo Lorena, senza mai sapere bene dove fosse. Perché tutte le volte che c’era una battaglia o una guerra, l’Alsazia e la Lorena cambiavano di proprietà. Ma chi le aveva viste mai?
Io sto invece seguendo la Mosella, che è un bellissimo fiume placido che avevo già incontrato a Treviri, nella sua valle incantevole, zona di vini delicati e di clima favorevole, e a Coblenza all’affluenza nel Reno, la città dove gli anziani spadroneggiano. Ma che bello che è qui ma che bello che è là e poi come capita spesso in Francia ecco una bella centrale nucleare nel bel mezzo dell’ameno paesaggio.

Perché loro sono così, buona parte delle centrali le hanno addossate lungo i confini, nel caso del Belgio ce ne sono un paio che sono più di là che di qua, per buon vicinato. Carini.
Siccome nella mia personale logica autoriferita a ogni privazione corrisponde una ricompensa, appena arrivo a Nancy, avendo saltato tutte le colazioni possibili, mi offro un sontuoso double espressò con una fettona alta una spanna di quelle torte al formaggio (?) che fanno loro e che pare di mangiare una spugnetta intinta nel polistirolo espanso. Mmm, merveieus, quell god’ment. Ora va meglio.

Nancy ha una sua storia particolare, non se ne ha notizia fino all’undicesimo secolo, nel senso che a nessuno era venuto in mente di vivere qui finché non se ne fece la capitale della Lorena, esattamente in centro. È nella prima metà del Settecento che fa la sua comparsa sulla scena Stanislao Leszczyński, un pingue parruccone che ebbe una vita ribalda e avventurosa che D’Artagnan, don Giovanni e Dolomieu insieme se la sognano. Prima funzionario, poi ministro del re polacco e poi, visti i chiari di luna della guerra con la Svezia, riuscì persino a farsi eleggere re di Polonia. Sempre per le alterne vicende della guerra, fu poi costretto all’esilio in Bessarabia e a guardarsi le spalle dai killer mandati da Varsavia. Attento però alle vicende del paese, riuscì nella mirabile impresa, approfittando di un altro vuoto di potere, di farsi eleggere una seconda volta re di Polonia e duca di Lituania, sciapò. Stavolta però i russi si misero di mezzo e dopo solo dieci giorni dovette scappare nottetempo da Danzica. Arrivato a Konigsberg riuscì a diventare amico del futuro Federico il grande e a inserirsi in una complessa partita politica a scacchi che coinvolgeva anche l’imperatore e poi Maria Teresa d’Austria, combinando nel frattempo il matrimonio di una figlia con, attenzione!, Luigi XV di Francia, divenendone suocero. E fu così, e veniamo a Nancy, che fu nominato duca di Lorena e di Bar in quota francese. Se questa non è bravura, non so cosa sia. E fece di Nancy e della Lorena un centro illuminista, dotandola di splendidi palazzi, giardini reali, tutto UNESCO, di una biblioteca pubblica e della società di scienze. Dei quali tutt’oggi la cittadinanza si bea.

Chissà cosa penserebbe del fatto che il suo palazzo è oggi il principale centro di vaccinazione. Essendo colto, aperto, innovatore credo che avrebbe approvato, una volta capito cosa sia un vaccino. Ah, un’ultima cosa su Leszczyński: è ritenuto l’inventore del babà al rhum. Se ritenete sia una buona invenzione, il merito è suo. O colpa, al contrario.

Tutto avviene in modo molto semplice, sono tutti sempre gentili e premurosi, magari sarà di facciata ma rispetto ai musoni di casa mia mi va benone anche la facciata, mai aria di fregatura. Con dieci euro è normale mangiare un piatto con torta lorena, lorenica, lorenaica, insalata, patatine, tutto buono, acqua e caffè. La torta è una torta salata ripiena di Ciappi, scherzo, di carne varia, buona. E poi succede quello che succede sempre nel nord Europa: la signora a fianco a me, avrà trecento anni e fa un caldo bestiazza, mangia uno stinco da un chilo bollito nello strutto con crauti e patate al forno, ha una coppa dei campioni piena di vino rosso che beve avidamente, prenderà per chiudere una tarte alle pommes, forse un grappino e magari un sigaro. È un mistero, da noi il fantasma del colesterolo anima le notti di tutti, qui e soprattutto in Germania per niente. Eppure vivono. Mah. Magari la signora ha ventiquattro anni e, allora, tutto si spiegherebbe. Solo a Roma ho visto cose analoghe. La signora ansima, e te credo.
Nancy, credo si sia capito, è ricca e graziosa, ha il suo bel fiume, le sue cose a posto, manca di cattedrale faraonica – ne ha un paio medie – ma ha ciò che gli altri non hanno, palazzi e giardini semireali. E tra le cose che gli altri non hanno, una tra le più significative è la cosiddetta ‘Scuola di Nancy’, ovvero un insieme di artisti e decoratori e industriali che si unirono in nome della nascente Art Nouveau, allo scopo di portare anche negli oggetti prodotti industrialmente le arti decorative ispirate dalla natura. Arte alla portata di tutti. La scuola si produsse poi su ogni piano della produzione industriale e della creazione artistica, compresa l’architettura, ebbe grande successo all’Esposizione universale di Parigi, per cui Nancy ha dei quartieri pieni di case liberty, bellissime. C’è anche un museo, pieno di complementi d’arredo, vetrate, vasi, ebanisteria, tutto art nouveau. E siccome a me piace, vualà.

Riga, che è famosa per le sue case liberty e ne ha una ben più alta concentrazione e di bellezza maggiore, ci arrivò comunque venticinque anni dopo, a Nancy tutto nacque nell’ultimo quarto dell’Ottocento. Sempre per gli appassionati. E niente, io per oggi la finirei anche qui, citando solo in conclusione un vecchio amore giovanile che, di fatto, è sportivamente e umanamente di Nancy.


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2 commenti su “minidiario scritto un po’ così dei giorni in Europa al tempo dei vaccini: giorno sette. Tutte le guerre passano da qui, atomi in campagna, l’avventuriero polacco, l’arte nuova

  1. A proposito di Sedan, un ricordo del francese della scuola media (quello con cui campo tuttora nei paesi francofoni): Napoleon Sedan Sedan Sedan.

    Che sarebbe la trascrizione non fonetica di Napoleon CEDANT SES DENTS A SEDAN.

    Grazie per questo viaggio che leggo in ritardo, in agosto ero in giro per il Sud d’Italia, per una volta.

  2. Hai ragione, io la ricordo appena invertita: Napoléon, cédant Sedan, céda ses dents, stessa cosa. Un bel ricordo sepolto, grazie.
    Grazie a te, spero tu abbia fatto un bel giro. Alla prossima.

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