Degli Shins ho ampiamente detto negli anni, qui e altrove, ma vale sempre la pena dirne qualcosa. Avendo già inserito una canzone degli allora Flake music nelleccanzoni del giorno, sottolineando la curiosa inversione, c’è spazio allora per gli Shins, gruppo bislacco come tutte le cose che escono da Portland, a metà tra nerd fastidiosi e spiritosi musicisti consapevoli, difficile distinguere. Di certo, le canzoni sono eccellenti, i dischi pure – Oh, Inverted World e Chutes Too Narrow da soli basterebbero per una carriera – e anche i video, non tutti, hanno tocchi di genio.
Ecco, una gran canzone con un video sensibile e spassoso insieme, è quella dichiarazione di intenti che è Simple song. Senza raccontarla troppo, il padre deceduto lascia ai tre figli la casa, ma devono scoprire come. E i suoi scherzi, mai apprezzati, proseguono anche dopo la morte. Scherzi? C’è sentimento, molto, nella canzone e negli Shins, sbagliato fermarsi alla lettura superficiale.
La melodia trascina e quando cantano I know that things can really get rough when you go it alone / Don’t go thinking you gotta be tough, to play like a stone / Could be there’s nothing else in our lives so critical / As this little hole arrivando al ritornello allora davvero la faccenda si fa seria, più di quanto il video suggerisca. Al get rough io immancabilmente mi metto a cantare a squarciagola nel mio inglese inventato. Perché oltre ai miei limiti, i testi degli Shins son mica facili da memorizzare e da comprendere. Portland, è proprio quella roba lì. Sembran scemi, loro dicono weird parlando dei portlandiani – ne hanno fatto anche delle serie – ma poi è tutt’altro. Let’s be honest. Oh, per esserlo, mica tutto degli Shins.
Trostfar, gentilmente, raccoglie tutte leccanzoni in una pleilista comoda comoda su spozzifai, per chi desidera. Grazie.