Forse stavolta non andrò a votare.
Mi riferisco ovviamente ai referendum del prossimo 12 giugno. Dico forse perché sarebbe la prima volta e, per quanto profondamente infastidito, magari non ce la faccio a non andare, troppi anni di cultura del voto civile. Però è dura. Perché, vivaddio, ricapitolando alla brutta: separazione delle carriere (tra giudici e pm), custodia cautelare durante le indagini, legge Severino – incandidabilità dopo la condanna, pagelle ai magistrati, riforma del Consiglio superiore della magistratura (Csm). Ovvero, in gergo tecnico così:
Novantadue righe incomprensibili, ed è quello più significativo, sappiamo pure come andrà a finire. Le pagelle? PAGELLE? Ma son questi argomenti da sottoporre a referendum? Oh, attenzione, abbiamo votato sulle piattaforme di perforazione come su argomenti di grande inutilità a largo spettro, non è che siamo di primo pelo, ma santoddio, possibile? Non solo nessuno ha la minima coscienza delle domande e delle implicazioni connesse a una scelta, ma son cose che spettano al parlamento e a chi ne ha competenza. E che la proposta Cartabia tolga qualche referendum da qui a metà giugno non ha alcuna importanza, la sostanza resta: i referendum sono una cosa importante e non andrebbero usati per questioni di lana caprina o tecnicismi di categorie che non riescono altrimenti a gestirsi. Eddai, porcocane.
Più che condiviso.. mi chiedo se valga la pena di andare a votare e annullare la scheda.. non so se come gesto abbia un qualche significato, visto che comunque non si raggiungerà il quorum… Ma .. che altro si può fare?
Io non andai. E adesso? Che invece di un referendum sono Politiche?
Non è che la mia voglia sia molto maggiore.
Alla fine – immagino -, come molte (troppe) volte in precedenza
(da Diego Masi in poi) prevarrà il “meno peggio”.
Ma che mestizia!