Passando da Delft, a dire il vero andandoci apposta perché bisogna cercare il punto esatto, capita di vedere uno scorcio di città in effetti non particolarmente significativo se non per la vista della Nieuwe Kerk e se non erro la porta orientale a destra, con le guglie gemelle. Poi è una vista qualsiasi di una città dei Paesi bassi o di quei posti lì.
E invece no. Come nel caso della Stradina di Delft, l’avevo raccontata qui, questo è un punto di Delft la cui visuale è rappresentata in un quadro di Vermeer, la Veduta di Delft, l’altro unico suo paesaggio noto.
Conosciuta come «la città di Delft in prospettiva, vista da sud, di J. Van der Meer di Delft», è uno dei primi esempi di rappresentazione cittadina non eseguita, come usava, su commissione privata o pubblica ma per essere venduta sul mercato libero. Sul quale, peraltro, ebbe un successo clamoroso. E duraturo, visto che Proust cita il dipinto nella Recherche e, anzi, ci costruisce attorno un lungo episodio in cui il quadro è una madeleinona davanti alla quale si può pur morire.
La rappresentazione di Vermeer, nonostante si riconoscano molti elementi della città, tra cui la zona del porto, le porte di Schiedam e di Rotterdam e il campanile della Nieuwe Kerk, e nonostante è probabile che l’autore abbia utilizzato la camera oscura, come si deduce da alcuni riflessi al contrario, non è realistica e veritiera, bensì in ampie parti rappresentata a memoria o a piacimento, cosa che ne fa un quadro di interpretazione di ancor più grande interesse.
Il dipinto di Vermeer è del 1660-61 e a interesse si aggiunge interesse: infatti, nel 1654 in città scoppiò un deposito di polvere pirica, circa quaranta tonnellate, che rase al suolo mezza città e che le fece perdere la propria supremazia nelle Province Unite a favore de L’Aja e Rotterdam. Egbert van der Poel, uno degli innumerevoli pittori cittadini della gilda di San Luca, assistè all’esplosione e rappresentò più volte i danni subiti dalla città. Qui il suo Esplosione di Delft del 12 ottobre 1654:
Vermeer, quindi, documentò la città pochi anni dopo lo scoppio.
Per fare, infine, un facile confronto tra l’eccellenza della veduta di Vermeer e una veduta dello stesso periodo, di ottima fattura ma distante per qualità, ecco la Veduta di Delft di Jan van der Heyden del 1675. Con tutta la buona volontà, il trasporto che i dipinti suggeriscono è evidentemente diverso.
Un paio d’anni fa, l’astronomo e professore di fisica Donald Olson della Texas State University si mise a capo di un progetto per stabilire la datazione esatta della Veduta di Delft di Vermeer, osservando le luci e le ombre secondo una disciplina che lui stesso chiama “astronomia forense”, ricostruendo con software appositi le condizioni e la posizione del sole, osservando gli elementi del quadro come, per esempio, la lancettona dell’orologio della torre, che è vicina alle otto del mattino. Per farla breve, il professore propone il 3 settembre del 1659 come data in cui il pittore avrebbe rappresentato la città. Poi però Olson ammette che potrebbe trattarsi della stessa data ma dell’anno procedente, o di due prima, poi noi sappiamo che Vermeer dipingeva molto lentamente e quindi bon, chi se ne impippa, calcoli del genere non hanno nessuna utilità se non per gli autori dei calcoli stessi. Resta immutata la bellezza del quadro, fortuna nostra, e della città, che merita eccome una visita.