Me ne sono capitati due, finora, e curiosamente entrambi belgici. Forse non è una coincidenza.
Sto parlando di film veri e propri, lungometraggi con attori e, ehm, una trama girati allo scopo di promuovere una città e le sue bellezze architettoniche e artistiche. Si capisce fin dal titolo e ogni inquadratura o quasi è un esterno e un dialogo estemporaneo non perde l’occasione di spiegare cosa si stia vedendo e quanto, ovviamente, sia bellissimo. Non si tratta di film latamente promozionali come potrebbero essere tutti quelli ambientati a New York, sono proprio film girati a quello scopo, in cui la trama rasenta il ridicolo e ogni accadimento del film ha l’unico scopo di collegarsi a qualche elemento della città.
Il primo film che ho visto è ‘In Bruges’ ed è, strano, ambientato a Bruges. Lo dico bene: ‘In Bruges – La coscienza dell’assassino’, di McDonagh del 2008. Storia di due sicari e del loro capo, il cast è notevole, Colin Farrell, Brendan Gleeson, Ralph Fiennes e la trama ha una sua qualche consistenza, essendo tratta liberamente da ‘Il Calapranzi’ di Pinter. L’unica cosa pretestuosa è Bruges, però va detto che la promozione è smaccata ma, proprio per quello, anche abbastanza furba: perché mostrando le bellezze indiscutibili della città aggiunge qualche battuta disinibita che stempera un po’ il senso della marchettona: «accetterò qualunque punizione… carcere, morte… non ha importanza! Perché almeno in prigione o anche da morto non sarei più stato in questa cazzo di Bruges!», prosegue Ray: «Ma poi ho avuto come un flash… cazzo ragazzi, forse è questo l’Inferno: dover passare l’eternità in questa cazzo di Bruges. E allora ho sperato tanto di non morire. Ho sperato proprio tanto di non morire». Ahah. E non contento: «Se fossi cresciuto in una fattoria, e fossi ritardato, Bruges mi avrebbe impressionato ma non è così».
Purché se ne parli. Potrei andare avanti: «”Andatevene da Londra, deficienti rincoglioniti. Andate a Bruges”. Non sapevo neanche dove cazzo fosse, Bruges. È in Belgio». Confermo. Ovviamente quando c’è da cadere da una torre lo si fa dal Beffroi, quando c’è da inseguire lo si fa sui canali e via così, di scorcio in scorcio non casuale. Quantomeno, la levatura degli attori e il vago senso della trama danno una patina, minima, di credibilità all’operazione, tant’è che fu presentato al Sundance, marchetta, ed ebbe pure una nomination. Alla sceneggiatura, quindi a Pinter.
Il secondo film l’ho visto ieri sera a tripla velocità ed è ‘Un’estate ad Anversa’ di Hamacher, 2021, roba tedesca ma trasportata di là. Stesso scopo, la promozione della città, e francamente inguardabile. Non perché il genere sia, come dicono, romance, vabbè, ma perché la trama farebbe schifo a una sceneggiatrice di otto anni e non ha alcuna consistenza. Lei arriva con un lavoro di prestigio in tasca e un fidanzato biondo e inserito, che si capisce subito che sarà asportato chirurgicamente, una nonna alla ricerca di un’amica dispersa dalle vicende dell’Olocausto, e fin dal minuto due – della velocità normale – entra in scena l’altro, scapestrato gestore di una caffetteria con vespa che si capisce che prenderà il posto del biondo con la facilità con cui un gelato si squaglia in un forno. Lui, per nulla pretestuoso, inoltre fa la guida della città, così ha modo di raccontare parecchi aneddoti piuttosto inutili alla protagonista, alla nonna e alle amiche della nonna, tutte cotte a puntino e pronte a farsi sue.
Il film è talmente una baggianata promozionale che è distribuito liberamente, qui, e il lavoro dell’Ente del turismo è fatto. Ed è anche mica sbagliato, perché in effetti Anversa è affascinante non poco, c’ero qualche giorno fa e l’anno scorso, idem Bruges, e il film se visto a tripla velocità e se si sa i luoghi che sono e magari si sta lucidando il parquet, allora diventa pure accettabile. Magari senza audio. Io lo sapevo, l’ho guardato per quello e, comunque, se nel titolo c’è il nome della città già qualcosa si può subodorare; e sono contento di averlo fatto perché, modestamente, soddisfacevo le tre condizioni di qui sopra.
Ecco qua, niente premi o candidature per ‘Un’estate ad Anversa’, e ci mancherebbe, e sono i due film più smaccati a tema turismo locale che io abbia mai visto. Ne esisteranno altri o sarà, finora, una brillante intuizione belga e degli uffici promozione locali? Non so, al momento, il me del futuro lo scoprirà. O, magari, il me del passato lo sa già e non se lo ricorda.
Come al solito, lo scoprirò solo vivendo. Che è un po’ quel che conto di fare nei prossimi tempi anche, magari, a Bruges e Anversa.