Padre Tomasz Z. (la maiuscola è solo perché comincia la frase) la notte tra il 30 e il 31 agosto scorso organizza un festino scoparello in casa sua, a un certo punto l’escort assunto va in overdose da Viagra, il sacerdote mosso da pietà cristiana non solo non chiama i soccorsi per un bel po’, l’ha fatto qualche altro partecipante, ma cerca anche di impedire che poi entrino in casa, mettendo ulteriormente a rischio la vita del ragazzo. Non basta. La diocesi di Sosnowiec, in Polacchia guarda te, dove padre T. esercita e festeggia, è piuttosto movimentata: nel 2010 l’allora rettore ad interim del seminario di Sosnowiec avrebbe avuto una rissa in un club gay; a marzo 2023 il cadavere di un diacono di 26 anni è stato ritrovato con ferite che facevano pensare a un omicidio e sarebbe stato ucciso da un prete che poi si era suicidato.
A seguito della festicciola e dell’omissione di soccorso, mentre il prete scellerato tenta di difendersi volgarmente: «Un evidente attacco alla Chiesa, compreso il clero e i fedeli, per umiliarne la posizione, i compiti e la missione», il vescovo Grzegorz Kaszak si è dimesso. Bella la sua faccia lombrosianamente parlando, qui sopra. E se, come è accaduto, il Vaticano accoglie al volo significa che lo sporco è tanto tanto.
Pare una novella di Poggio Bracciolini o una delle Trecento di Sacchetti, un classico della storia clericale. Perché dico che mi piace, nel titolo provocatorio? Perché sono storie che esistono da sempre, il celibato dei sacerdoti è una fandonia e un discorso falso come quello là all’ultima cena, dalle scappatelle dei preti raccontate dal medioevo in poi, solitamente finite con sberleffo del tonacato che finisce a culo per aria, alle molestie sessuali di minorenni e non dei giorni nostri. Per carità, ci son preti bravissimi, ne ho conosciuti a bizzeffe, ma la chiesa – minuscolo – la capisco di più se è quella di papa Borgia, dei figli di papa Farnese, delle prostitute e dei vescovi arraffoni, di Marcinkus e dello IOR, di Emanuela Orlandi e di Alois Estermann, la conosco meglio e mi vien più facile fronteggiarla come nemica: una monarchia assoluta, corrotta nei costumi, nella morale e nelle tasche.
Il papa deve fare il papa, cioè il monarca autoritario e dispotico e litigioso e nepotista, se papa Francesco va in giro con la seicento e si occupa per davvero dei poveri – inimicandosi peraltro ogni gerarchia interna – allora io li capisco meno e mi si confondono le idee. Meglio se son chiari, così so come affrontarli.
E il prossimo papa, vedrete, sarà tremendo proprio per quello che vado dicendo in queste righe: tremendo e reazionario e chiuso e sordo alle richieste di giustizia, come Wojtyla, Ratzinger e tutti o quasi quelli prima.