mettiamo un punto fermo (o della lunghezza dei libri)

Canone e premessa imprescindibile: qualunque cosa può essere spiegata in un saggio di non più di cento pagine (iddio benedica ancora i saggi PBE Einaudi, vedi Roland Barthes, Critica e verità, sessantaquattro, 64! pagine) e qualunque storia può essere raccontata in non più delle centosessanta pagine de Lo straniero di Camus.
Tutto il resto è un di più. Augh, ho parlato.

Ma noi no, noi grazie al compiuter, al fatto che non tocca più riscrivere tutto con la macchina, al fatto che si copia e incolla, al fatto che ci si mette meno che a scrivere a mano, noi no: tra i volumi vincitori del premio Strega, nel decennio 1970-1979 la media era di 220 pagine, 292 negli anni Ottanta. Nei Novanta si raggiunge la media delle 317 pagine, dal 2000 al 2009 si va a 337 pagine e avanti con le 471 pagine del decennio successivo. Crescita costante e senza freni, santoddio guarda questo, ma che dovrà dire uno in quattrocento pagine? Chissei, Proust? Per non citare i due più verbosi di sempre, M. Il figlio del secolo (848 pagine) e La scuola cattolica (1.294 pagine), qualcuno abbia pietà di noi. Di me, almeno.
La tendenza è confermata ovunque, il Booker Prize, analizzato dalla critica britannica Leaf Arbuthnot: 248 pagine nel 1970, 294 nel 1980, 372 nel 2000, 530 nel 2019. Il che ha suscitato un vivace dibattito all’interno del premio stesso. E sì che la controtendenza di video e social invece sembrerebbe portare alla riduzione, non all’ammasso di concetti.

Marketing con prodotto un tanto al chilo, mancanza di editor (vedi il grande Vittorini, a breve prometto racconto la storia del Sergente nella neve) in grado di tagliare e farsi valere, facilità tecnica come accennato, ristampe più visibili alla lettura (Il nome della rosa cresce invariabilmente a ogni edizione, curioso) e così via, le spiegazioni possono essere parecchie e presumibilmente concomitanti. Segnalo un bell’articolo al riguardo su Treccani.it di Giacomo Natali da cui ho tratto i dati e qualche conclusione.
Lo dico? Sì, oramai scelgo le mie letture guardando il numero di pagine. Se l’argomento è la storia dell’universo posso arrivare a leggere anche duecento pagine, se l’argomento è un giallo a camera chiusa o le vocette di Meloni allora mi spiace, mi ritiro poco dopo le ottanta. Che sarebbero già tante.

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