due film: uomo e uomo

Il primo che vedo è un grande film, ‘Il terzo uomo’ (The Third Man) di Carol Reed, del 1949. Bianco e nero clamoroso, sceneggiatura di Greene, l’idea di girare sulle macerie della cittù – impressionanti, varrebbe da sé come documento storico – bagnate così da moltiplicare le luci. Joseph Cotten arriva in città cercando di risolvere il mistero della morte dell’amico Orson Welles e del fantomatico terzo uomo, innamorandosi ovviamente di un’irresistibile Alida Valli. Famosa la battuta di Welles, pare improvvisata, sugli orologi a cucù svizzeri, poi redarguito dagli orologiai della Foresta nera.

Soprattutto, una magnifica colonna sonora, tutta alla Django Reinhardt, che conferisce qua e là un tono di ironia anche alle scene più drammatiche. Film molto bello. L’altro film è ‘L’altro uomo’ (Strangers on a Train), di due anni successivo, di Alfred Hitchcock su sceneggiatura di un’esordiente Patricia Highsmith. Robert Walker propone a Farley Granger un doppio e reciproco omicidio di, rispettivamente, padre e moglie, così da disinnescare il movente. Walker procede immediatamente, insidiando poi Granger in maniera ossessiva perché compia il suo dovere.

La sceneggiatura avrebbe dovuto essere di Raymond Chandler, già assunto, ma non si intesero. Buon film, decisamente da Hitchcock, notevolissima la scena in cui Walker scoppia il palloncino del bambino prima dell’omicidio, tanto per far capire la cattiveria. Pure del buon tennis, qua e là. ‘Il terzo uomo’ è però di un’altra categoria.

Il finale sul viale del cimitero è davvero notevole. E piantiamola con questa cosa degli spoiler, quando è cominciata questa ossessione?

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