C’è anche brutalismo e brutalismo, se poi è abbandonato o semiabbandonato – vedi anche la recente Linnahall a Tallinn – aumenta il gradimento: la casa del Portuale di Napoli.
Commissionata direttamente dalla CULP, la Compagnia Unica dei Lavori Portuali, nel 1968 ad Aldo Loris Rossi (da non confondere col solo Aldo Rossi milanese), aveva lo scopo di ospitare servizi sociali, mensa e sale, per i lavoratori.
Poi uno dice di Misk e dello stile italiano. Si trova ovviamente al porto e il contesto, per sua natura intrinseca?, è già deprimente di suo. Poi se si ha la fortuna si scrivere per una rivista di architettura e si abbia voglia di celiare si potrebbe allora dire che: «La Casa del Portuale si innesta nello skyline della città come simbolo del caos produttivo delle aree urbane dedicate alle attività marittime», certo, a me pare si innesti in altro modo e in altro dove.
Se, poi, come detto è in larga parte abbandonata, il grado di piacere aumenta vorticosamente. Perché alla struttura stessa, peraltro finita nel 1980, e all’idea di allora, si accompagna lo stato delle cose attuali, e le amministrazioni succedutesi finora, le scelte e il disinteresse generalizzato per cose e persone.
Ma c’è una parte due, perché Aldo Loris Rossi ha colpito ancora, a Napoli. A breve.