Dopo centoquarantadue anni, chiude l’ultima centrale a carbone nel Regno Unito, a Ratcliffe-on-Soar, tra Derby e Nottingham. Si chiude davvero un’epoca e quale posto migliore in cui essere per questo? Oddio, non che si percepisca, ma se il ragionamento di questi giorni è sull’Inghilterra industriale allora ha senso, come ha senso ricordare lo sciopero dei minatori inglesi contro la Thatcher che durò un anno, prima che dovessero capitolare. A proposito di Thatcher, sempre sia maledetta: tra le altre cose, per la privatizzazione delle ferrovie nazionali. Dalla British railways, una, si è passati a non dodici, non diciotto ma venticinque compagnie, ne dico un po’ che secondo me oggi sono anche di più: Anglia Railways, Chiltern Railways, Arriva Trains Merseyside, Arriva Trains Northern, c2c, Thameslink, Caledonian Sleeper, Wales & West, Central Trains, Connex South Central, Connex South Eastern, First Great Eastern, Elizabeth line e amen gloria. Il che vuol dire, però, che non si sa mai una tratta, che so? Birmingham-Stratford per restare a me oggi, a chi appartenga. Di conseguenza, è molto difficile fare un biglietto online in maniera agevole: tocca capire la tratta di chi sia, scaricare l’app o andare sul sito, registrarsi, comprare. Moltiplicare per otto, dieci, venti app o siti se si gira un po’ il Regno Unito. Se non altro, da un po’ esiste un portale riassuntivo, condivido: National rail, che, almeno, aiuta nel primo passaggio. Spero che, anche per questo, tu sia all’inferno, Thatcher.
Nel mio caso di oggi, si tratta della TransPennine Express e vado in gita a Stratford. Sì, quella Stratford sull’Avon, quella di Shakespeare, amichevolmente big Willy per quelli di lì. Sia chiaro, è un bel paesotto su un bel fiume, l’Avon appunto, come ce ne sono mille nel Regno Unito, piazza con monumento, municipio, cattedrale, qualche edificio medievale conservato e più o meno ricostruito, rive del fiume passeggiabili e verdi, imbarcadero, servizi pubblici e privati, sale da tè, caffè, supermercato, negozio di souvenir e pizzi, sala scommesse. L’ovvia differenza è che gli edifici medievali conservati e più o meno ricostruiti sono la casa natale di Shakespeare, la scuola di Shakespeare, la seconda e terza casa di Shakespeare, il cottage di Anne Hathaway, non l’attrice, la cattedrale ha al suo interno la tomba di Shakespeare e congiunti, oltre ai registri di battesimi e morti con il nome di, appunto, Shakespeare. E i negozi di souvenir vanno moltiplicati per un tot, un bel tot, con negozi dedicati interamente, cui va aggiunta la peculiarità del luogo, un teatro di dimensioni ragguardevoli, dovute ovviamente a Shakespeare. Parliamo di circa due milioni e mezzo, tre, di visitatori all’anno in una cittadina che ne fa, a malapena, trentamila. Ovvio gettarsi nell’economia locale, sia che si possieda un negozio, una casa, un parcheggio.
Uhm, non che io sia un esperto ma alcune cose non mi convincono.
Ci si intenda, la cittadina è gradevolona, in particolare la parte lungo il fiume che mi gusto particolarmente con una lunga camminata tra prati e boschetti davvero piacevoli. Non mi raccapezzo sul fiume, l’Avon, che bello placidone ho già incontrato a Salisbury e a Bristol, possibile sia così lungo? No, infatti, grazie alle comode funzioni di ricerca dell’infosfera giuliniana mi ci raccapezzo e scopro che, solo in Inghilterra, i fiumi Avon sono sette e quelli che io conosco sono i cosiddetti Bristol Avon, Salisbury Avon e questo, detto lo Shakespeare’s Avon. E nessuna intersezione o comune paternità tra loro. Cercando ancora, l’arcano si scioglie, Avon, abona, è la parola che nel protobritannico significava ‘fiume’, quindi il tautologico fiume-fiume ricorre sovente a questo punto senza più sorpresa.
Un altro mistero risolto, potrebbe dire la coppia di investigatori locali della serie tv omonima, Luella Shakespeare e Frank Hathaway e chi coglie, coglie, non è difficile.
Una commossa visita alle sepolture di big Willy e dei suoi parenti nella chiesa, in posizione preminente e sorvegliata da premurosi volontari chiacchierini, e viene l’ora per me di tornare a Birmingham con la bislacca compagnia ferroviaria, tornando così alle mie consuetudini serali locali, ovvero un po’ di tempo al The Old Joint Stock con qualche cibo annesso, due chiacchiere con qualche avventore, una sosta per strada tornando a casa all’Anchor Inn, bella tana per disastrati, una freccetta e via all’unico albergo accessibile in città, un Ibis Budget al di sotto delle centocinquanta sterline per notte, va’ a capire come campi qua la gente. Io per oggi e per questo giretto ho dato. Mi mancherà tutto questo domani.