un altro film, stavolta su telepatie, barzellette, corna sparse in ogni dove e l’occhio non della madre

In un’epoca successiva ad una guerra atomica che ha annientato buona parte degli esseri umani e ha provocato la nascita di uomini e animali mutanti affetti dalle radiazioni, un gruppo di persone, tra cui un geologo, il criminale Tony e la sua fidanzata ex spogliarellista Ruby, cercano di sopravvivere tra le montagne al riparo delle stesse radiazioni in un rifugio costruito da Jim, un ex militare.
E fin qui, tutto bene: ci sono un criminale, un geologo, una spogliarellista, un militare in un rifugio antiatomico, tutti gli ingredienti sono a posto. Ma cosa potrà andare mai storto?

Ovvio. Ad un certo punto si troveranno ad affrontare un essere mostruoso che riesce ad entrare in contatto telepatico con Louise, una sopravvissuta del gruppo. Ma chi sarà? Ma chi? Forse, dico forse la spogliarellista? Ma no, che vado a pensare. Niente niente male. È “Il mostro del pianeta perduto (Day the World Ended)” del 1955 diretto da Roger Corman, grande classico. Il mostro è stato creato ed interpretato dall’esperto di effetti speciali e make-up Paul Blaisdell ed è qui che volevo arrivare, perché il mostro suscita eccome la mia meraviglia e non posso non riportarlo qui:

Naso aquilino che denota intelligenza, occhio frontale che, si sa, suggerisce saggezza e perspicacia, occhio pallato che infonde bontà, cucciolone. Si capisce che ha un cuore grande anche se fa un sacco paura. Obbiettivo pienamente raggiunto, capo.

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