minidiario scritto un po’ così al di là de «il discendente»: uno, perché e percome, avvicinamento, colpa degli aerei

Non si può dire che sia un fiume grande o, meglio, lo è per certo visto che scorre nel deserto e per ciò che costituisce per le terre che attraversa. Un tempo era però molto più grande, miliardi di metri cubi, oggi oltre il novanta per cento dell’acqua viene deviato per bagnare i campi seminati e così i suoi laghi, o mari come il chiamano qui, pian piano scompaiono. Niente di nuovo, ho visto accadere lo stesso al Nilo e all’Amu Darya, per restare ai mesi scorsi, si potrebbe estendere a tutti i corsi d’acqua della terra. Ma è la storia che fa grande questo fiume, l’Eden stava senz’altro sulle sue rive, Mosè lo attraversò per raggiungere la terra promessa, per non parlare dei battesimi di Giovanni, e per quanti millenni, fino a ora, ha fatto da confine tra le nove tribù, al di là, e le due e mezza di qua, fino a oggi, tra Siria, Israele, Giordania e Cisgiordania. È il Giordano, ovviamente, già di per sé toponimo dei paesi circostanti, che affluisce e defluisce da nord tra il mar di Galilea, il vecchio lago di Tiberiade dei pani e dei pesci, il mar Morto e il mar Rosso alla fine, a sud. Tutto attorno, terre promesse da molti dii e profeti, che Federico II stupor mundi ancora se la ride: “Allorché vide la Terra promessa che Dio tante volte aveva esaltata chiamandola la terra dove scorrono latte e miele e terra di tutte la più pregevole, Federico affermò che Dio non doveva aver visto la terra del suo regno, ossia la Calabria, la Sicilia e la Puglia, perché altrimenti non avrebbe lodato in questo modo la terra che promise e diede ai Giudei”, racconta fra’ Salimbene da Parma. E mica sbaglia, a parte il verde attorno al fiume il resto son sassi.

Perché sono qui? Perché ora? Perché voglio vedere e voglio capire, capire anche se e cosa io possa fare di utile. La Giordania è il posto sicuro più vicino al tragico carnaio che sono la striscia di Gaza, il Libano, la Cisgiordania, la Siria, l’Iran e l’Iraq da decenni, da un anno a questa parte in modo crudele, in una spirale demenziale di affronti e vendette che si perde nell’Antico Testamento. Non ho ricette per questo, non ho soluzioni, se non che butterei a mare gli uni e gli altri, senza remore. Ma questo è un minidiario non un confessionale per cui alcune cose non vanno raccontate, vanno fatte. Il resto sì, ciò che vedrò in questi pochi giorni sì, lo racconterò, perché comunque certe cose andrò a vederle, in compagnia di persone che mi spiegheranno ciò che non so e non comprendo. Ne verrà fuori un minidiario turistico? Non saprei, può darsi, serve rispetto e pudore anche nei racconti, non sono un corrispondente, ce ne sono molti e bravi. Vediamo che ne verrà, io mi atterrò al mio, qui.

Nonostante attorno ci si spari a vista, quando va bene, il fiume resta sacro, ancora oggi gli eredi della corona inglese vengono battezzati con acqua del Giordano, figurarsi. Mentre sono qui a scrivere queste righette, in attesa del pullman per Amman, ho a fianco tre agenti di Frontex, la guardia di frontiera e costiera europea, lineamenti mediorientali, inglese fluente, mangiano una specie di lasagne con calma, probabilmente devono prendere un aereo. Il che mi porta già in una delle dimensioni attuali, la gestione dell’immigrazione, qui declinata in particolare sui profughi, in fuga da Gaza, Libano e Cisgiordania in uno dei pochi posti sicuri di tutta la macroregione. Che distanza, poche ore fa facevo colazione seduto a fianco di Anna Foglietta – il colpo di culo del giorno – in un baretto del rione al sole caldo e se mi avesse detto fuggiamo a Formia ci sarei andato e, ora, il contrasto è davvero stridente, brandelli di un mondo complesso che mi passano a fianco come meteore dirette chissà dove, alla ricerca di chissà cosa. Come sono io, del resto, è una faccenda di collisioni occasionali.


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