minidiario scritto un po’ così al di là de «il discendente»: quattro, fortezze, mare, sale, deserto, pensamenti

I racconti si accumulano. Mentre Israele ha attaccato non solo il sud ma anche il nordest del Libano, contraddicendo le previsioni ottimistiche di voler solo creare un’area cuscinetto a nord di Israele, qui non se ne percepisce alcun effetto. Se non nei discorsi. Sento racconti personali, di famiglie di Jaffa scacciate ed espropriate dei propri beni nelle tende dei profughi in Giordania e Siria, in condizioni disumane senza documenti con potere di movimento ma solo di identità; e discorsi massimalisti – due ore di cena interminabile, per esempio – in cui si spazia tra Lawrence d’Arabia, colonialismo inglese, accordi di Oslo, i Rothschild, la rete dell’ebraismo internazionale fino ai protocolli dei savi di Sion, figuriamoci. Sento di tutto, dal ragionamento politico su Israele, Egitto, Iraq e i reciproci rapporti passati e attuali, pacato e basato su fatti, all’antisemitismo più assurdo, fatto di luoghi comuni triti e insensati, dall’usura alla regia occulta di ogni avvenimento della storia. Ovvio.

Andando verso sud, visito alcune tra le fortezze più importanti di questo lato del mar Morto, Masada, quella della rampa romana per l’assedio, è di là. Kerak, Shobak, viste le posizioni eccezionali su spuntoni di roccia in mezzo alle valli carovaniere, grandi canyon di roccia gialla nel punto più basso della terra, furono occupate dal paleolitico, poi da non ricordo chi, dai greci, nabatei, romani, seleucidi, omayyadi, mamelucchi, bizantini, crociati, ottomani e così via. A me piacciono le pinete sul mar Baltico, moltissimo, ma se c’è un motivo per cui poi finisco sempre in questi posti battuti dalla sabbia è proprio questo: il susseguirsi, direi l’accatastarsi, di vicende umane. Una spremuta di melograno per strada, un’insalata araba, come la greca ma al posto della feta ha un chilo di cipolla, grandi saluti con tutti e ancor di più quando mi sanno italiano – la politica filoaraba di Mattei, Craxi e compagnia bella? – e proseguo per la depressione del mare.

Dove c’è acqua, si coltivano persino angurie, e poi pomodori, cipolle, carote, patate, banane, tutto buono, fuori sabbia, saline nella parte sud del mar Morto che perde ogni anno un metro di profondità, forse esagerato, ovvero quaranta chilometri di lunghezza negli ultimi decenni, questo si vede a occhio. E indovina? Esatto, l’acqua del Giordano è stata deviata dagli israeliani nel 1968 a seguito della guerra dei sei giorni e della quintuplicazione del territorio israeliano. Mi colpisce a un certo punto Samir quando parla dell’ebraismo come “religione biologica”, intende che si è ebrei per nascita e solo per parte di madre ma sottende il concetto di ‘popolo eletto’ e, quindi, alla fine trionfatore, mentre l’accento di islam e cristianesimo sarebbe di più sull’inclusione, senza distinguere più di tanto tra convertiti e non. C’è del vero. L’ebraismo non contempla la conversione, se non in termini occasionali e comunque non paritari, non la incoraggia, a differenza di musulmani e cattolici, non tende ad allargare la comunità se non in termini, appunto, biologici. Sarebbe un bene, diceva Natalia Ginzburg in un articolo dopo la strage alle olimpiadi di Monaco del 1972, se Israele non fosse “una nazione potente, aggressiva e vendicativa” ma un “piccolo Paese inerme e raccolto”. Il ragionamento seguiva una strage e una rappresaglia prevedibile del Mossad e proseguiva spiegando che la sola scelta possibile è “essere dalla parte di quelli che muoiono o patiscono ingiustamente”.

Giù, al confine con l’Arabia saudita, al Wadi rum, un deserto rosso di grande effetto. Attraversato da sempre da carovane provenienti da sud e da est, lo testimoniano numerosi graffiti rupestri, oggi è una riserva naturale, seppur in certe zone ampiamente frequentato. I nabatei, rieccoli, erano i padroni delle rotte e delle tratte, lunghe carovane di oro, incenso e mirra – ricorda qualcosa? Sì, erano loro -, spezie, tessuti e così via dal lontano est verso il Mediterraneo. E le vie del deserto bisognava conoscerle a menadito, è grande e pare tutto simile, facile perdersi. E dietro le famiglie, il cibo, le guardie, gli esploratori, Petra era dunque al centro di queste rotte, sensato farne la propria capitale. Esco a guardare le stelle, che in pianura padana non conosco, e a godermi il silenzio. Mi han detto di stare attento ai cani, finché non abbaiano non ci sono. Vado, ascolto e sto a tiro di corsa, difficile negoziare coi cani, non è che uno arriva e spadroneggia nel deserto.


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