Questa mattina è mancata Licia Pinelli, cioè Licia Rognini, moglie di Giuseppe ‘Pino’ Pinelli. Novantasei anni di cui cinquantacinque vissuti con la bomba.
Vorrei ricordarla con una cosa breve che scrissi quindici anni fa mentre pensavo a lei, dopo aver letto le sue parole nel racconto di Piero Scaramucci. Si intitolava: “12 dicembre 1969: gli sconfitti e i sommersi”.
Quando qualcuno mette una bomba un venerdì pomeriggio in una banca, non restano soltanto morti e macerie. Restano gli sconfitti e i sommersi, vivi e morti che non hanno avuto la possibilità di salvarsi. Chi di noi ha una coscienza è uno sconfitto e come tale è giusto che si senta. Coloro, invece, che la bomba l’hanno sentita direttamente sono i sommersi, coloro cui non è stata data la possibilità di salvarsi; anche se alcuni di loro sono sopravvissuti, con grande forza e dignità, sono stati sommersi.
Il 12 dicembre 1969, anche se lei ancora non lo sapeva, Licia Pinelli era già stata sommersa. L’avrebbe scoperto dopo.
Feltrinelli ha di recente ristampato una lunga intervista di Piero Scaramucci a Licia Pinelli che vale senz’altro la pena di leggere. E si badi al titolo: “Una storia quasi soltanto mia”. Sua perché di Pino si parla, suo marito, sua perché rimase sola come succede quando ti scoppia una bomba in casa e tuo marito vola da una finestra senza ragione, sua perché – e il titolo lo afferma chiaramente – c’è una bella differenza tra essere sconfitti, noi, io, voi, ed essere sommersi, lei e Pino tra i tanti.
Pochi si salvarono, non sappiamo nemmeno i loro nomi, perché nessun processo, mai, riuscì a dirli. Ed erano quelli con i candelotti nella borsa.