Ci sono viaggi che uno – cioè, io – fa per andare nei posti belli, che so?, Patagonia, e altri per andare nei posti complicati, dico per esempio Giordania, per capirci un po’ di più. E, magari magari, fare qualcosa di utile, da non buttar via almeno. Questo è uno di quelli, dei secondi.
Le premesse non sono piane, diciamo, a partire dall’unica guida che ho, una guida in inglese del 2008; non sarebbe nemmeno grave se andassi in un paese stabile, l’Australia che è così dal paleozoico, gli Stati Uniti, per ora, qualche nome, qualche informazione e bon, capirai. No, qui tra il 2008 e oggi è successo di tutto, due guerre civili, non c’è nemmeno la stessa forma di governo, a riuscire a capire quale sia l’attuale è una bella scommessa, credo un governo di unità nazionale. Anzi no, dal 2022 il governo si chiama di stabilità, Government of National Stability. Anzi no, ancora, coesistono, il paese è diviso e le ultime elezioni sono del 2014. Fuori dalla portata della mia guida, comunque.
Se la situazione politica non è lineare, non lo sono nemmeno le infrastrutture: faccio una ricerca priva di speranze di un’esim e così è, vana. Mi imbatto in un sito di una compagnia telefonica che le promette in inglese e, cliccando, mi manda su queste due pagine inaggirabili se non riesco a capire nemmeno cosa stia acquistando:


Anche la compatibilità generale delle strutture di base è bassina, per esempio mi chiedo questa cosa diavolo è?

Una presa, certo, codifica internazionale D. Mai vista. Anche il voltaggio è balengo e tocca verificarlo, 127 e 230 V, a seconda, dichiarato instabile. Vabbè, ma che problema c’è? Mica siam qui a lamentarci, più è variegato e più è bello. Ma no, ma no, io non sono qui per il bello, non son qui per fare il turista, non son qui per svago: sono qui per dare un contorno a ciò che leggo, che sento, per cui provo pena e dolore, per capire qualcosa, qualcosina di più. Son qui per capire qualcosa di più anche, se ve ne sarà occasione, delle zone coloniali e delle zone archeologiche, quelle che sarà possibile vedere o intravedere. Ma lo scopo vero del viaggio è stabilire relazioni con i contatti che abbiamo, creare canali di comunicazione e di supporto, incontrare persone che raccontino il proprio punto di vista sulla situazione attuale, critica mica poco sulla terra e in quel mare che ci sta davanti.
Se dalla Giordania, per capire qualcosa di Gaza e Israele oggi, sono tornato sconsolato e rassegnato per l’evidente impossibilità di risolvere stabilmente la situazione se non con tregue di compromesso, la cosa è chiara persino a me, posso immaginare che tornerò con lo stesso sentimento da qui, data la complessità degli interessi che si intersecano. Tornerò con qualche incubo nuovo, in più, sicuro. Però, come là, tornerò con maggiore consapevolezza del mondo che abito, un poco di più, non voglio né rifiutare ciò che è sotto i nostri occhi né, scioccamente, fare tour dell’orrore, per il piacere morboso di esserci stato o di correre qualche rischio inutile. Voglio dare un contorno, farmi spiegare direttamente, dare quel che posso in loco e tornare sapendo che, forse, qualcosa posso fare. E, magari chissà, farlo.
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