Il 15 dicembre scorso è morto Howard Bingham. C’è una foto, tra tutte, che spiega molte cose riguardo chi fosse.
Un autoscatto (non esattamente, ma insomma il concetto è quello) che risale a qualche giorno prima del combattimento tra Ali e Foreman nel Rumble in the jungle. In Zaire, quindi, e presumibilmente nell’ottobre del 1974.
Fotografo ma, soprattutto, amico di una vita di Muhammad Ali, era uno dei pochi dell’entourage di Ali a essergli legato per sole ragioni di amicizia (oltre che a mantenersi da solo, cosa rara nel circo che circondava il campione).
Bingham scattò decine, forse centinaia di migliaia di fotografie ad Ali tra il 1962, anno in cui si conobbero, e il 2016, anno che li ha visti scomparire entrambi. Eccone alcune:
Ma non solo: Bingham fu fotografo per Life, Look, Time, Newsweek, Sports Illustrated, People e altri importanti magazines; fu uno dei primi fotografi neri della International Cinematographers Guild e, proprio per il fatto di essere afroamericano, ebbe anche accesso ad ambienti complicati, in quegli anni, quali per esempio le Pantere nere e le proteste del movimento.
Questa seconda foto si riferisce a una protesta relativa alle armi: se in una prima fase le Black panthers furono contrarie all’uso delle armi, in un’ottica di protesta nonviolenta, poi cominciarono a praticare il “patrolling“, ovvero seguire con le armi in bella vista le azioni della polizia, in modo da impedire abusi nei confronti dei fermati di volta in volta.
Bingham è stato un grande fotografo, ha documentato la società americana nell’arco di cinquant’anni con decisione, grazia, ironia e coscienza politica, è stato senza dubbio il migliore amico di Ali, di cui ha fotografato tutta la carriera standogli vicino e consigliandolo in ogni occasione, ed è stato senza dubbio una persona che ha reso il posto dove viviamo in qualche modo migliore.