Non si può dire che stavolta non abbia fatto le cose in grandissimo.
Prima un colossone decapitone di diciotto metri, occhio: di bronzo.
Poi la storia del ritrovamento subbaqquo (non si intitolerebbe: Treasures from the Wreck of the Unbelievable) e l’esagerazione fatta quantità.
Hirst a Venezia, tanta roba. Le trentasette pagine della guida, per chi volesse.
Ma perché tutto questo? «Perché me lo posso permettere», presumo.