Serve avere una passione non superficiale per la musica.
Bisogna avere in saccoccia parecchi concerti, avere un certo curriculum: aver preso la pioggia sotto un palco, o in fila fuori, aver preso freddo, molto, e caldo, altrettanto, aver sentito concerti brutti e concerti favolosi, aver sentito concerti in cui si sentiva molto male, aver comprato tanti biglietti per posti in cui poi non si è andati, aver comprato biglietti e averli rivenduti con la morte nel cuore, aver comprato biglietti per concerti e averli pagati uno sproposito. Insomma, bisogna sapere cosa si prova a stare seduti per terra con gli amici e una birra alla fine di un concerto, quando le luci sono accese e lassù stanno smontando il palco, e si chiacchiera estatici in attesa di essere scopati via dai roadies.
Poi serve avere dentro di sé quella poesia particolare che sta in un testo di una canzone, capirla e sentirla, anche qui in modo non superficiale: allora sì, è probabile che vi possa piacere, come è piaciuta a me, Roadies.
Roadies è una serie televisiva che racconta le vicende di un gruppo di – appunto – roadies al seguito del tour invernale della Staton-House Band (eheh). Ideata, scritta e girata da Cameron Crowe, che prima di fare il regista lavorava da Rolling stone e ha girato anche Almost Famous, è una serie che, come dicevo, può essere apprezzata solo da chi ha masticato tanta, tanta musica. Rock, preferibilmente.
Perché poi, ovviamente, di musica ce n’è dentro a tonnellate, per dire: The Head and the Heart, Reignwolf, Lindsey Buckingham, Lucius, Halsey, Jim James, Phantogram, John Mellencamp, Eddie Vedder, Robyn Hitchcock, Jackson Browne, Greg Leisz, Gary Clark Jr., Nicole Atkins compaiono nelle puntate. E se ne sente moltissima che, magari, un europeo non conosce più di tanto (che meraviglia la ‘canzone del giorno’).
Poi, però, siccome viviamo in un mondo di minchioni senza passioni e di persone superficiali, la serie è stata cancellata per bassi ascolti dopo la prima stagione. Bene, andiamo avanti così. Restano dieci puntate da godersi, almeno per me, come se sentissi un disco. Più volte.