Se la storiografia antica che leggiamo e impariamo non fosse di impronta prettamente romana – il che condanna il nostro protagonista al perpetuo disdegno e silenzio – allora potremmo dire con certezza che Annibale non fu inferiore ad Alessandro Magno e fu, probabilmente, il più grande stratega e condottiero dell’antichità.
Agosto di quest’anno è stato per me all’insegna delle gesta di Annibale e del suo pari Scipione, detto appunto l’Africano, con due letture: primo, un saggione storico di Brizzi, che ripercorre in sostanza tutta la biografia di Annibale, dalla conquista della Spagna e della fondazione della Nuova Cartagine fino alla spedizione contro Roma, al ritorno in Africa dopo quindici anni di scorribande e schermaglie tattiche (io non lo sapevo, nonostante ripetuti cicli scolastici al riguardo), alla Siria e alla morte sul Bosforo. Una storiona davvero appassionante, sembrerebbe inventata.
Va di pari passo Scipione, come dicevo, che visse una vita speculare ad Annibale, sempre dall’altra parte della barricata ma suo pari, riconosciuto, fino alla morte in esilio anch’egli lo stesso anno («Ingrata patria, ne ossa quidem mea habes»). Perché per una vicenda di cinquecento talenti e di lotte politiche furono istruiti dei processi agli Scipioni, splendidamente raccontati in un film di Magni, Scipione detto anche l’Africano, con Mastroianni (Scipione) e Gassman (Catone il censore, appunto).
Senato senato, tu sei scordarello. Il secondo libro è stato di Paolo Rumiz, Annibale. Un viaggio, nel quale il giornalista ripercorre fisicamente il percorso di Annibale alla ricerca di tracce del passaggio del grande condottiero. Non è il mio genere di narrazione, devo dire, per cui l’ho apprezzato ma solo fino a un certo punto. Detto ciò, è molto interessante scoprire quante tracce esistano ancora del passaggio del cartaginese, dalla toponomastica (campo di Annibale, ponte di Annibale, Barca e così via) ai riferimenti agli elefanti (dalla locanda dell’Elefante ai ritrovamenti, vari, di crani di pachidermi non riferibili alla preistoria).
Insomma: Annibale fu grandissimo, sconvolse Roma per lunghissimi anni intraprendendo battaglie nuove dal punto di vista tattico e costringendo Roma a strutturarsi e irrobustirsi per non soccombere, fece cose mai viste prima (e forse nemmeno dopo), visse una vita complessa e ricca di avventure che valgono la pena di essere raccontate. Anche oggi.