Nemmeno l’eliminazione delle scie chimiche, che avverrà presto grazie al trionfo del m5s, ci potrà salvare. Ecco perché.
Spotify – noto servizio di streaming musicale, dai, su – qualche giorno fa comunica via mail ad alcuni utenti (parecchi nel nostro paese, invero) che stanno usando un programma craccato per simulare un abbonamento premium al servizio, cosa di cui sono ovviamente consci gli uni e gli altri, e segnala che disattiverà ogni accesso illegale. Si riserva, magari, di cancellare gli account in caso di comportamento reiterato. Strano? No, niente di strano: Spotify paga i diritti alle case discografiche per la musica che offre e, quindi, o uno ascolta gratuitamente con la pubblicità oppure paga. Oppure non usa Spotify. Chiaro.
No. Per nulla. Nel nostro paese non è chiaro.
Ecco qualche commento degli utenti avvisati da Spotify:
E si potrebbe andare avanti parecchio.
Non farò discorsi paternalisti sul costo degli smartphones che hanno in mano questi disgraziati, non è da me, piuttosto mi concentrerei sul concetto: «la musica dovrebbe essere gratuita», declinato anche nella variante «nessuno acquista la musica», il che è già di per sé idiota ma ancor più se detto da persone, tutti nessuno escluso, che vogliono essere strapagate quando fanno un lavoro banale, sottospecializzato e, di solito, fatto col culetto.
Non ce la faremo. Non così.
Più o meno come se…
“No dico, ti pare giusto?!? L’altro giorno ero al supermercato. Ho preso un chilo di arance senza pagare e stavo per uscire, quando sono stato fermato e invitato a lasciare tutto”. “Che…porc…ti pare?!?…le arance devono essere di tutti…e tu me le fai pagare un tanto al chilo. “Bast@rd…pexx…di m3rd@…”
Nessuno paga per le arance, sappilo!