Non sarò certo io a dire qualcosa di nuovo sulle strade romane, la perizia con cui furono costruite, il senso romano per la perfetta inclinazione, il temperamento migliare che ne determinò le dimensioni, il profondo desiderio di rettilineo che caratterizzava l’antico romano e così via.
Certo è che ottantamila chilometri di strade non si improvvisano.
Sasha Trubetskoy, al riguardo, ne ha fatto un’interessante elaborazione in chiave contemporanea.
I riferimenti più completi, al momento, per la viabilità romana sono il progetto Orbis dell’Università di Stanford, con un utilissimo calcolo del percorso per sapere, per esempio, la distanza e il tempo necessario per andare da Canusium ad Albulae in primavera (21,8 giorni, 2702 chilometri ad aprile), e la mappa di Pelagios, altrettanto affascinante da consultare.
Chissà se anche al tempo dei Romani il traffico, sulle strade, era funestata
da rallentamenti sul tratto urbano della A4 tra Rhaudum e Vico Corcomanno, incidenti tra Runcumbilaccium e Barberinum ad Mucellos, o dal vento forte sulla Naepolis-Canusium (attenzione ai carri telonati!).
Sicuro! La perdita del carico allo svincolo tra Sassum Marconii per Bononia era all’ordine del giorno, in fondo come oggi bastava consultare le notizie fornite dal CCISS Iter făcĕre edocti.