Il tutto comincia con Rolling Stone, e subito serve una premessa: è una rivista, americana di nascita ma italiana nella versione di cui parlo, che si occupa di musica, costume, moda e cose di questo genere. Pare banale dirlo ma serve precisare per quello che segue.
Rolling Stone, dicevo, pubblica questo mese una copertina con un proclama:
E con un anatema, in fondo: mette un punto, oltre il quale – secondo loro – si è responsabili.
Va bene, è lecito. Inoltre, all’interno, RS (d’ora in poi abbrevierò per mia comodità) riporta un elenco di personalità che hanno (o avrebbero) preso posizione contro Salvini, e lo fa in modo un po’ confuso, senza far capire se abbiano aderito a un’iniziativa della rivista o siano semplicemente state citate.
Va da sé che sorgono immediate le polemiche: Mentana, Robecchi, Mannoia e altri, vedendosi citati nell’articolo di RS, fanno sapere che non hanno sottoscritto nulla. Giusto, ma è l’aspetto che a me interessa meno, a me interessa la copertina.
Salvini posta sulla sua pagina di FB la copertina commentando, in sostanza, così: «Che tristezza questi attacchi personali da parte di artisti, spesso milionari, che non hanno contatti con la vita reale e non capiscono che l’immigrazione fuori controllo è un problema per tutti». Vabbè, non sono d’accordo come tanti, ma può scrivere quel che vuole. Il problema sono i suoi fedelissimi, che partono in tromba con i commenti a cascata, purtroppo difettati a causa della caratteristica mancanza di comprensione dei salviniani: sono un po’ tardi e poco informati, in generale. Infatti, partono alla riscossa prendendosela con, mmm:
Ahia. Ecco perché serviva la premessa: Rolling Stone è una rivista, Rolling Stones con la -s, plurale, un gruppo. Ma se si sta leggendo la copertina di una rivista, forse qualche indizio già c’è. E già qui le risate si sprecano, porelli. Se lo saprebbero. Il che fa un po’ il paio con Rita Pavone che se la prende con i Pearl Jam che se la prendono con Salvini: ma davvero il mondo del rock anglosassone se la prende con la Lega? Mmm, no.
A questo punto, conviene lasciare i leghisti ai propri delirii e proseguire: Selvaggia Lucarelli, alcuni mesi fa nominata direttore responsabile del settore online di RS (la rivista, dai) e dimessasi solo tre mesi dopo, spara a zero sull’iniziativa: definisce il clima all’interno del giornale “tossico, illiberale, ostile, scorretto” e calando la scure: “Un appello per una società aperta, libera e moderna me lo sarei aspettato più da Erdogan che dal mondo Rolling Stone Italia”. Qui la versione integrale.
Come spesso accade in questo splendido paese, siamo al casino: molti parlano, nessuno ascolta, parecchi razzolano, e qualunque tipo di messaggio va a ramengo.
O forse, non del tutto.
Ieri, in un microscopico baretto sulle rive di un lago alpino, faceva bella mostra di sé una presa di posizione:
Tutt’altro che scontata – alpino, lo ricordo – e tutt’altro che dovuta (uno con un bar potrebbe benissimo stare zitto in nome del profitto supremo), per questo ancor più gradita: al netto delle polemiche, delle smentite, degli svarioni leghisti, del casino, la copertina di RS è di fatto un bel biglietto da visita utilizzabile per chiarire almeno una cosa.
E se siamo già a questo punto dopo poco più di un mese (il governo si è insediato il primo giugno, lo ricordo), sarà davvero durissima ed estenuante.