Ci sono cose che uno dovrebbe ricordarsi, prima di andare in mezzo agli inglesi: primo, che quando loro andavano nudi vestiti solo di pelle di coniglio, noi già si ammazzava un Giulio Cesare.
Secondo, che se vai a un concerto a Manchester e pretendi di stare in prima fila o quasi, dovrai vedertela con una bella quantità di liamgallagheri belli decisi ad avere il tuo posto.
Detto fatto: Jet, O2 Ritz, Manchester, lunedì scorso, prima fila o quasi, come da foto.
Confermati anche i liamgallagheri, che non erano necessariamente solo maschi, i quali con atteggiamento amichevole hanno sfoggiato gomitelli, spintonelle, pugnetti e arguzielle da linguaggio corporeo non verbale tutt’altro che disprezzabili: non sarò certo io che mi tiro indietro, viva l’amicizia a cena e le belle cose di gruppo. Ma che fatica. E che scambio di fluidi corporei.
I Jet: concerto clamoroso, potente, ribaldo e ben suonato nonostante i quindici anni da Get born, impossibile stare fermi e impossibile non accettare la sfida inglese.
E terzo, sugli inglesi: ora ho capito, un mancuniano gallagheriano degli Oasis non potrà mai andare d’accordo con un londiniano albarniano dei Blur (non parliamo di James, figuriamoci), troppa distanza e troppe cose.
Quante cose si imparano, a viaggiare.