A Milano, all’aperto come si conviene in stagione ancora formalmente primaverile, il concerto di apertura del mio estate-autunno musicale: i Dream Syndicate.
Concerto strepitoso, come ogni volta con loro, in stato di grazia semi-perenne. Qualcuno ha constatato “lo scarso ricambio generazionale nel loro pubblico, in larghissima parte composto da gente con diverse primavere sulle spalle”, esatto: sono io, ed è anche quello il bello: siamo sempre gli stessi, un centinaio suppergiù, sia che ci troviamo al Bloom d’inverno o al Magnolia d’estate, un anno o l’altro. Sarà che i giovani non ne capiscono? Certo.
Una pecca, grossa: gli ultimi due pezzi fatti con Manuel Agnelli, strappone imbarazzante, abbastanza inutile sul palco visto che nulla di buono ha aggiunto. Mah, misteri dell’amicizia.
Per il resto, bel disco nuovo, bel concerto, bella gente, bella birra, bel caldo, e il mio suggerimento, come spesso dal 1988 ad oggi, è mettere su Ghost stories.