1974, alle ore 1.30 del 4 agosto, una bomba esplose nel secondo
scompartimento della quinta carrozza del treno Italicus, Roma-Monaco di
Baviera, mentre transitava all’interno della galleria della Direttissima
a San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna.
Morirono dodici persone: Nunzio Russo di Merano, tornitore delle
ferrovie, la moglie Maria Santina Carraro e Marco, il figlio
quattordicenne. Nicola Buffi, 51 anni, segretario della Dc di San
Gervaso (Fi) ed Elena Donatini rappresentante Cisl dell’Istituto
Biochimico di Firenze. E poi Herbert Kontriner, 35 anni, Fukada
Tsugufumi 31 anni, e Jacobus Wilhelmus Haneman, 19 anni. La bomba uccise
anche Elena Celli, 67 anni e Raffaella Garosi, di Grosseto, 22 anni.
Silver Sirotti, invece, non era stato coinvolto nell’esplosione. Aveva
24 anni ed era stato assunto dalle Ferrovie da dieci mesi, stava
svolgendo servizio sul treno quella notte e, quando vide le fiamme in
galleria, impugnò un estintore e incominciò a estrarre i feriti. Rimase
anche lui bloccato tra le fiamme. Fu decorato con la medaglia d’oro al
valor civile. L’incendio rese irriconoscibili molti corpi, tra cui
quello di Antidio Medaglia, 70 anni, che venne riconosciuto dalla fede
al dito.
L’attentato fu subito rivendicato. Fu fatto ritrovare un volantino di Ordine nero che proclamava: “Giancarlo
Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che
siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in
qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Vi diamo appuntamento per
l’autunno; seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti“.
Poi qualcuno fece il nome di Tuti, qualche pista portò poi a Gelli
(Arezzo è vicina), al SISMI e così via. Facile indovinarne la
conclusione: nessun colpevole individuato.
Questo è un post di otto nove dieci undici dodici anni fa. E la cosa tragica è che non fa nessuna differenza.