Evidentemente, in questi periodi di magra e di pensiero non solo debole ma leghista la brevità è un valore assoluto nel campo dei libri, come testimonia il titolo della mia ultima lettura.
Ancor più stringato in inglese, in cui il superlativo è più assoluto.
Sono centonovanta pagine nel formato elettronico e 249 in quello cartaceo, effettivamente non si può dire che, visto l’ampio argomento, non sia breve. Quella di Comi, del 2017 pubblicata con Il Saggiatore, è di 430 pagine e va solo da Bismarck a oggi. Quella ‘grande’ di Winkler, ripubblicata da Donzelli, che va dall’impero romano alla caduta del muro di Berlino supera le millecinquecento, più di cinque volte.
Tornando a Hawes, la storia è abbastanza ben scritta, documentata, anche appassionante a tratti nonostante l’asciuttezza (ricordo che inizia ben prima di Teutoburgo e finisce con la Merkel), bisogna essere molto bravi a far sintesi, molto più che a sbrodolare.
Prevedo una certa fortuna della formula, perciò attendo storie di altri paesi e, magari, di altri argomenti: la più breve storia dell’Italia, la più breve storia della lettura, la più breve storia della pizza. In tutti i supermercati.
Questa storia mi è piaciuta, dicevo, e mi è servita, perché avevo bisogno di introdurre concetti basilari in un settore in cui non sono (ero?) molto ferrato. E – ora sto banalizzando per cui prestate un orecchio e mezzo, sto bellamente saltando la complessa questione prussiana – ho trovato curioso un concetto che Hawes espone con una certa decisione: confrontando il confine romano, ovvero il Reno e l’Elba a fare da discrimine tra la civiltà e la barbarie, con le zone in cui ha proliferato con decisione la riforma protestante e, più tardi, le zone in cui la popolazione ha votato e sostenuto compatta il nazismo (vedi anche il voto all’AfD di qualche giorno fa, cioè Sassonia e Brandeburgo), Hawes ha constatato che sostanzialmente coincidono. Vualà, serviti. State a ovest del Reno.