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trivigante
2006 |
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Modi di dire
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i modi di dire e i proverbi è uno dei giochi di
parole improvvisati più divertenti. Qualche anno fa
un mio amico coniò il magnifico "tutto
il mondo è palese", superato però in
grandezza da questo: citando il famoso "partire
è morire un poco" (dalla Chanson de l'Adieu
di Edmond Haraucourt), Maurice Chevalier buttò lì la
meravigliosa "morire è partire
un po' troppo". Sciapò. Meno bella ma
piuttosto efficace, poco prima del 1992 e
dell'unificazione europea, gli scettici erano soliti
dire: "il sonno della ragione
genera Maastricht". Non c'entra niente con i
giochi di parole volontari, ma mi raccontano come
vera di un inglese che volendo ordinare due tazze di
cappuccino (capootchino), chiese: "two
cups of chino".
Infine, un palindromo che ho scovato oggi, relativo
alle istruzioni per il lavaggio di una camicetta un
anno dopo l'acquisto: "ad un
anno dalla data va lavata dalla donna nuda".
Vabbuò, ognuno si diverte come può, no? |
La "Taxa camarae" o delle indulgenze.
Giovanni
de' Medici, papa Leone X dal 1513, avrebbe
pubblicato nel 1517, secondo molti storici, un
documento pontificio intitolato
Taxa camarae, più
propriamente un elenco tariffario per la vendita
delle indulgenze: per ogni tipo di delitto, una
somma da versare all'arca papale per ottenere
l'assoluzione.
Va detto, per completezza, che la veridicità del
documento è ancora da dimostrare del tutto (ecco il
perché del condizionale,
qui le valutazioni dello studioso che l'ha
pubblicato); fatto sta che non è in discussione la
verosimiglianza del testo, simile in tutto e
per tutto ad analoghi elenchi del tempo, ragione per
cui è un buon esempio di prezziario delle
indulgenze, molto interessante.
Riporto i trentacinque articoli come editi in
Pepe Rodriguez, Verità e
menzogne della Chiesa cattolica, Editori
Riuniti, 1998, pp. 263-66:
1. Un
ecclesiastico che incorresse in peccato carnale, sia
con suore, sia con cugine, nipoti o figliocce, sia,
infine, con un’altra qualsiasi donna, sarà assolto,
mediante il pagamento di 67 libbre, 12 soldi.
2. Se
l’ecclesiastico, oltre al peccato di fornicazione
chiedesse d’essere assolto dal peccato contro natura
o di bestialità, dovrà pagare 219 libbre, 15 soldi.
Ma se avesse commesso peccato contro natura con
bambini o bestie e non con una donna, pagherà
solamente 131 libbre, 15 soldi.
3. Il sacerdote
che deflorasse una vergine, pagherà 2 libbre, 8
soldi.
4. La religiosa
che ambisse la dignità di abbadessa dopo essersi
data a uno o più uomini simultaneamente o
successivamente, all’interno o fuori del convento,
pagherà 131 libbre, 15 soldi.
5. I sacerdoti
che volessero vivere in concubinato con i loro
parenti, pagheranno 76 libbre, 1 soldo.
6. Per ogni
peccato di lussuria commesso da un laico,
l’assoluzione costerà 27 libbre, 1 soldo; per gli
incesti si aggiungerà a coscienza 4 libbre.
7. La donna
adultera che chieda l’assoluzione per restare libera
da ogni processo e avere ampie dispense per
proseguire i propri i rapporti illeciti, pagherà al
Papa 87 libbre, 3 soldi. In un caso analogo, il
marito pagherà uguale somma; se avessero commesso
incesto con i propri figli aggiungeranno a coscienza
6 libbre.
8. L’assoluzione
e la sicurezza di non essere perseguiti per i
crimini di rapina, furto o incendio, costerà ai
colpevoli 131 libbre, 7 soldi.
9.
Un’assoluzione dell’assassinio semplice commesso
sulla persona di un laico si stabilisce in 15
libbre, 4 soldi, 3 denari.
10. Se
l’assassino avesse dato la morte a due o più uomini
in uno stesso giorno, pagherà come se ne avesse
assassinato uno solo.
11. Il marito
che infliggesse maltrattamenti a sua moglie, pagherà
alle casse della cancelleria 3 libbre, 4 soldi; se
fosse uccisa, pagherà 17 libbre, 15 soldi, e se le
avesse dato morte per sposarsi con un’altra,
pagherà, inoltre, 32 libbre, 9 soldi. Coloro che
avessero aiutato il marito a perpetrare il crimine
saranno assolti rimediante il pagamento di 2 libbre
a testa.
12. Chi
affogasse suo Figlio, pagherà 17 libbre, 15 soldi (o
sia 2 libbre in più che per uccidere uno
sconosciuto), e se a uccidere fossero il padre e la
madre di comune accordo, pagheranno 27 libbre, 1
soldo per l’assoluzione.
13. La donna che
distruggesse il figlio che porta nel suo ventre, e
il padre che avesse contribuito alla realizzazione
dei crimine pagheranno 17 libbre, 15 soldi ognuno.
Colui che facilitasse l’aborto di una creatura che
non fosse suo figlio, pagherà 1 libbra di meno.
14. Per
l’assassinio di un fratello, una sorella, una madre
o un padre, si pagherà 17 libbre, 5 soldi.
15. Colui che
uccidesse un vescovo o un prelato di gerarchia
superiore, pagherà 131 libbre, 14 soldi, 6 denari.
16. Se
l’assassino avesse dato morte a più sacerdoti in
varie occasioni pagherà 137 libbre, 6 soldi, per la
prima uccisione, e la metà per quelle successive.
17. Il vescovo o
abate che commettesse omicidio per imboscata,
incidente o per necessità, pagherà, per raggiungere
l’assoluzione, 179 libbre, 14 soldi.
18. Colui che in
anticipo volesse comperare l’assoluzione di ogni
omicidio incidentale che potesse perpetrare in
futuro, pagherà 168 libbre, 15 soldi.
19. L’eretico
che si convertisse, pagherà per l’assoluzione 269
libbre. Il figlio dell’eretico arso, impiccato o
giustiziato in qualsiasi altra forma potrà essere
riabilitato solo mediante il pagamento di 218
libbre, 16 soldi, 9 denari.
20.
L’ecclesiastico che non potendo pagare i propri
debiti volesse liberarsi dall’essere processato dai
creditori, consegnerà al Pontefice 17 libbre, 8
soldi, 6 denari, e gli sarà perdonato il debito.
21. Sarà
concessa la licenza per installare posti di vendita
di vari generi sotto i portici delle chiese, sarà
concesso mediante il pagamento di 45 libbre, 19
soldi, 3 denari.
22. Il delitto
di contrabbando e frode al diritti del principe
costerà 87 libbre, 3 denari.
23. La città che
ambisse per i suoi abitanti o per i suoi sacerdoti,
frati o monache, la licenza di mangiare carne e
latticini in epoche in cui è proibito, pagherà 781
libbre, 10 soldi.
24. Il monastero
che volesse variare la regola e vivere con minore
astinenza di quella prescritta, pagherà 146 libbre,
5 soldi.
25. Il frate che
per migliore convenienza o gusto volesse passare la
vita in un eremo con una donna, consegnerà al tesoro
pontificio 45 libbre, 19 soldi.
26. L’apostata
vagabondo che volesse vivere senza ostacoli, pagherà
uguale quantità per l’assoluzione.
27. Uguale
quantità pagheranno i religiosi, siano questi
secolari o regolari, che volessero viaggiare in
abiti da laico.
28. Il figlio
bastardo di un sacerdote che volesse essere
preferito per succedere nella cura al padre, pagherà
27 libbre, 1 soldo.
29. Il bastardo
che volesse ricevere ordini sacri e goderne i
benefici, pagherà 15 libbre, 18 soldi, 6 denari.
30. Il figlio di
genitori sconosciuti che voglia entrare negli
ordini, pagherà al tesoro pontificio 27 libbre, 1
soldo.
31. I laici
contraffatti o deformi che vogliano ricevere ordini
sacri e possedere benefici, pagheranno alla
cancelleria apostolica 58 libbre, 2 soldi.
32. Uguale somma
pagherà il guercio dell’occhio destro, mentre il
guercio dell’occhio sinistro pagherà al Papa 10
libbre, 7 soldi. Gli strabici pagheranno 45 libbre,
3 soldi.
33. Gli eunuchi
che volessero entrare negli ordini, pagheranno la
quantità di 310 libbre, 15 soldi.
34. Colui che
per simonia volesse acquistare uno o molti benefici,
s’indirizzerà ai tesorieri del Papa, che gli
venderanno il diritto a un prezzo modico.
35. Colui che
per avere mancato un giuramento volesse evitare ogni
persecuzione e liberarsi di ogni tipo di infamia
pagherà al papa 131 libbre, 15 soldi. Inoltre
consegnerà 3 libbre per ognuno di coloro che erano
stati garantiti. |
Diliberto
e il tritolo.
Un primo indiscutibile fatto: in Italia non c'è
nessuno che fa le domande. O meglio: in Italia non
c'è nessuno che fa le domande che andrebbero fatte.
Un secondo indiscutibile fatto: gli argomenti e i
modi di discussione collettiva, generalmente, sono
di una noia mortale. Come questo che segue.
Daria Bignardi, che
viene comunemente considerata una che le domande le
fa - il che la dice molto lunga su come stiamo messi
bene - l'altra sera chiede a
Diliberto: "Scelga un posto dove
trascorrere una bella serata. Un luogo tra questi
due però: la villa della Certosa del Cavaliere o il
Billionaire di Briatore". La domanda non è né
utile né arguta, uno sensato, dopo averla
cordialmente mandata a sedersi nel campo dietro
casa, avrebbe risposto che non sono coniugabili i
due concetti antitetici della "bella serata"
e "Certosa/Billionaire". Oppure l'avrebbe
guardata come si guarda un paracarro.
Diliberto, invece, sceglie di rispondere e
sentenzia: "Al Billionaire ma imbottito di
tritolo!". Risposta facile, coraggiosa solo
perché viviamo in tempo di codardi e ipocriti.
Infatti, si scatena la reazione dei servi nani
dell'uno o dell'altro invasore del nobile suolo
sardo: "apologia di terrorismo" è la migliore
sentita.
Nel merito: la battuta di Diliberto, ai tempi belli
della satira, non sarebbe passata nemmeno nella
quarta pagina di
Cuore (un paio per chi ricorda e per chi non
c'era: "Scatta l'ora legale:
panico tra i socialisti", "L'Occidente
angosciato, troppe vittime tra gli arabi: chi ci
laverà il parabrezza?", su Craxi, Forlani e
Andreotti: "Dopo un giro di
consultazioni, la nostra serena analisi: hanno la
faccia come il culo", "Il
nostro saluto al congresso DC: buon appetito!")
e, in tempi meno recenti, non avrebbe resistito al
confronto nemmeno con la cattiveria e la crudezza di
una fiaba per bambini.
Sul serio: una fiaba per
bambini! Per provarlo, ne riporto una qui
sotto dei fratelli Grimm,
scelta tra le tante, e poi ditemi se non viviamo,
ora, in tempi orrendi e timorosi, in cui tocca
scandalizzarsi per una battuta di Diliberto. |
La fanciulla senza
mani dei fratelli Grimm.
Un
mugnaio era caduto in miseria e gli erano rimasti
soltanto il suo mulino e, dietro il mulino, un
grande melo. Una volta, che era andato nel bosco a
far legna, gli si avvicinò un vecchio che non aveva
mai visto e gli disse: “Perché ti stanchi a spaccar
legna! Ti farò ricco se mi prometti di darmi quello
che sta dietro il tuo mulino”. “Che cos’altro può
essere se non il mio melo?”, pensò il mugnaio e
disse: “Sì”, e per iscritto s’impegnò con lo
sconosciuto. Quello rise beffardamente e disse: “Fra
tre anni verrò a prendermi quello che è mio” e se ne
andò.
Quando il mugnaio arrivò a casa, sua moglie gli andò
incontro e gli disse: “Dimmi, mugnaio, da dove viene
questa improvvisa ricchezza in casa nostra? In un
attimo tutte le cassapanche e gli armadi si sono
riempiti, eppure non è entrato nessuno; non so da
dove venga”.
Il mugnaio rispose: “Da uno sconosciuto che ho
incontrato nel bosco e che mi ha promesso grandi
tesori, in cambio gli ho dato per iscritto quello
che sta dietro al mulino – il vecchio melo glielo
possiamo ben dare”. “Ah, marito mio! Quello era il
diavolo, non all’albero di mele pensava, ma a nostra
figlia, che spazzava il cortile proprio dietro il
mulino”.
La figlia del mugnaio era una fanciulla bella e pia
che visse quei tre anni nel timor di Dio e senza
peccato. Quando il tempo fu trascorso, il giorno in
cui il diavolo, il maligno, doveva venire a
prenderla, si lavò bene e, col gesso, fece attorno a
sé un cerchio. Il diavolo arrivò di buonora, ma non
poté avvicinarla. Arrabbiato disse al mugnaio:
“Porta via tutta l’acqua in modo che non possa più
lavarsi, se io non ho più potere su di lei”. Il
mugnaio si spaventò e obbedì. Il mattino seguente
tornò il diavolo, ma lei aveva pianto sopra le
proprie mani che erano pulite. Di nuovo non poté
avvicinarsi a lei, e furioso replicò al mugnaio:
“Tagliale le mani, altrimenti non posso averla”. Il
mugnaio si spaventò e disse: “Come potrei mai
tagliare le mani alla mia figliola?”. Allora il
maligno lo minacciò e disse. “Se non lo farai sarai
mio e prenderò te”. Il padre, spaventato, promise di
obbedire. Andò dalla fanciulla e le disse: “Cara
figlia, se non ti taglio tutte e due le mani, il
diavolo mi porterà via e nello spavento gliel’ho
promesso. Salvami da questa angoscia e perdonami il
male che ti faccio”.
Lei rispose: “Caro padre, fate di me quello che
volete, io sono vostra figlia”. Porse le mani e se
le lasciò tagliare. Il diavolo venne per la terza
volta, ma lei intanto aveva pianto sui suoi
moncherini che erano tutti puliti. Allora il diavolo
dovette andarsene: aveva perso ogni diritto su di
lei.
Il
mugnaio disse alla figlia: “Per merito tuo ho
guadagnato tante ricchezze, per tutta la vita ti
tratterò da regina”. Ma lei rispose: “Qui non posso
più restare, me ne andrò. Gente pietosa mi darà
quanto mi sarà necessario”. Si fece legare le
braccia tagliate dietro la schiena, e al levar del
sole si mise in cammino e camminò tutto il giorno
fino a che venne notte. Giunse al giardino di un re,
al chiaro di luna vide alberi carichi di frutta; ma
non poteva entrare perché il giardino era circondato
dall’acqua. E poiché aveva camminato tutto il giorno
senza nemmeno un boccone, e la fame la tormentava,
pensò: “Potessi entrare là dentro e mangiare un po’
di quella frutta, altrimenti morrò di fame”.
Si inginocchiò, invocò il Signore Dio e pregò. Ad un
tratto venne un angelo che costruì una chiusa
nell’acqua, così che il fosso si asciugò e lei poté
attraversarlo. Così entrò nel giardino e l’angelo la
seguì.
Videro un albero pieno di frutta, erano pere belle,
ma tutte contate. Lei si avvicinò e per saziare la
fame ne prese una sola, staccandola con la bocca.
Una e non di più. Il giardiniere la vide, ma siccome
le stava vicino l’angelo, ebbe paura e pensò che la
fanciulla fosse uno spirito. Finita la pera, fu
sazia e si nascose fra i cespugli. Il re, padrone
del giardino, scese il mattino seguente, contò le
pere e vide che ne mancava una e domandò al
giardiniere dove fosse finita. Sotto l’albero non
c’era. Il giardiniere rispose: “La scorsa notte
venne uno spirito, non aveva mani e ne ha mangiata
una staccandola con la bocca”.
Il
re disse: “E come è venuto lo spirito passando sopra
l’acqua? E dov’è andato dopo aver mangiato la pera”.
Il giardiniere rispose: “E’ arrivato uno con un
abito bianco come la neve, ha abbassato la chiusa e
arrestato l’acqua, perché lo spirito potesse entrare
nel giardino. Doveva essere un angelo, così ho avuto
paura, non ho chiesto niente né ho chiamato. Quando
lo spirito ebbe mangiato la pera, se ne è andato di
nuovo”. Il re disse: “Se è andata proprio come dici,
io veglierò con te questa notte”. Quando si fece
notte, il re andò nel giardino e portò con sé un
prete che doveva rivolgere la parola allo spirito.
Tutti e tre se ne stettero sotto l’albero in attesa.
A mezzanotte venne la fanciulla dai cespugli, si
avvicinò all’albero e mangiò un’altra pera
staccandola con la bocca, accanto a lei c’era
l’angelo con il vestito bianco. Allora il prete si
avvicinò e disse: “Sei venuta dal cielo o dalla
terra? Sei uno spirito o una creatura umana?” Lei
rispose: “Non sono uno spirito, ma una povera
creatura, abbandonata da tutti, ma non da Dio”. E il
re disse: “Se tutti ti hanno abbandonata, io non lo
farò”. La prese con sé al castello reale, e perché
era tanto bella e buona, la amò con tutto il cuore,
le fece costruire delle mani d’argento e la prese in
sposa.
Un
anno dopo, il re dovette partire per la guerra,
affidò la giovane sposa a sua madre dicendole:
“Quando sarà l’ora del parto abbiatene cura e
scrivetemi subito una lettera”. La regina diede alla
luce un figlio. La vecchia madre s’affrettò a
scrivere al re la bella notizia. Per la strada il
messo si riposò accanto a un cespuglio e, stanco
della lunga via, s’addormentò. Allora venne il
diavolo, che sempre cercava di fare del male alla
buona regina, e cambiò la lettera con un’altra, in
cui era scritto che la regina aveva partorito un
mostro. Quando il re lesse la lettera, si spaventò e
si rattristò molto, ma rispose che avesse cura della
regina fino al suo ritorno.
Il messo tornò con la lettera, si riposò nello
stesso luogo e s’addormentò di nuovo. Tornò il
diavolo e gli scambiò la lettera in tasca. La
lettera ordinava che venissero uccisi sia la regina
che il bambino. La vecchia madre si spaventò
leggendo questa lettera e, non potendo crederci,
scrisse di nuovo al re. Ma non ricevette altra
risposta, perché ogni volta il diavolo dava al messo
una falsa lettera. Nell’ultima c’era scritto di
conservare la lingua e gli occhi della regina, come
prova. Ma la vecchia madre piangeva all’idea di
dover fare uccidere quelle creature innocenti, e di
notte mandò a prendere una cerva, le strappò la
lingua e gli occhi e li conservò.
Poi
disse alla regina: “Non posso farti uccidere come
vuole il re, ma non puoi più rimanere qui a lungo;
va col tuo bambino nel vasto mondo e non fare più
ritorno!” Le legò il bimbo sulla schiena e la povera
madre se ne andò con gli occhi pieni di lacrime.
Arrivò in un bosco, s’inginocchiò a pregare e le
apparve l’angelo del Signore e la portò in una
piccola casa. Sulla casetta c’era un cartello che
diceva: “Qui ognuno può abitare e non pagare”. Dalla
casa uscì una fanciulla bianca come la neve che
disse: “Benvenuta, regina”, e la condusse dentro. Le
tolse il bimbo dalla schiena e glielo sorresse al
petto, così che potesse succhiare, poi lo mise in un
lettino già bello e pronto. Allora la povera
fanciulla rispose: “Sono un angelo di Dio mandato
qui per avere cura di te e del tuo bambino”.
Sette anni ella visse in quella casa e fu accudita
e, per la sua bontà, il Signore le fece la grazia e
le ricrebbero le mani che le erano state tagliate.
Finalmente il re tornò dalla guerra e chiese subito
di vedere la moglie e il bambino. Allora la vecchia
madre si mise a piangere e disse: “Perché, tu, uomo
malvagio, mi hai scritto di uccidere due
innocenti!”, e gli mostrò le lettere, che il maligno
aveva falsificato e continuò: “Ho fatto come mi hai
ordinato” e gli fece vedere le prove: lingua e
occhi.
Allora il re pianse, e molto più amaramente, sulla
sua povera regina e sul figlio, tanto che la vecchia
madre ne ebbe pietà e gli disse: “Calmati, datti
pace, è ancora viva! Di nascosto ho fatto uccidere
una cerva e da questa ho preso le prove. A tua
moglie ho legato il bimbo sulla schiena e le ho
detto di andare per il mondo e di non tornare più,
perché tu eri così adirato con lei”.
Allora il re disse: “Andrò fino a dove il cielo è
azzurro, non mangerò e non berrò fino a che non avrò
ritrovato la mia cara moglie e il mio bambino, se
nel frattempo non sono morti di fame o di altro”.
Ed
errò in quei sette anni e la cercò per rupi e
caverne, ma non la trovò e pensò che fosse morta di
stenti. In tutto quel tempo non bevve e non mangiò,
ma Dio lo mantenne in vita. Ala fine giunse in un
grande bosco e trovò la casetta e sopra il cartello
con le parole famose. Uscì una fanciulla bianca, lo
prese per mano, lo fece entrare e disse: “Sono quasi
sette anni che vago cercando mia moglie e mio
figlio, ma non sono riuscito a trovarli”. L’angelo
gli offrì da mangiare e da bere, ma egli rifiutò e
volle solo riposare un poco. Si mise a dormire, e si
coprì il viso con un fazzoletto. Allora l’angelo
andò nella stanza dove c’erano la regina e il
bambino, che lei chiamava Doloroso, e le disse: “Va
con tuo figlio, il tuo sposo è arrivato.”
E lei andò dove era sdraiato e il fazzoletto gli
cadde dal viso. Allora lei disse: “Doloroso,
raccogli il fazzoletto a tuo padre e coprigli il
volto”. Il bambino lo raccolse e coprì il volto
dell’uomo. Il re, nel dormiveglia udì e, apposta,
fece di nuovo cadere il fazzoletto. Allora il
bambino si spazientì e disse: ”Cara mamma, come
posso coprire il volto a mio padre! Io non ho padre
sulla terra. Ho imparato la preghiera che dice:
“Padre nostro che sei nei cieli”, e tu mi hai detto
che mio padre era in cielo e che era il buon Dio.
Come potrei riconoscere un uomo così selvaggio? Non
è mio padre!”. Quando il re udì ciò si drizzò a
sedere e chiese alla donna chi fosse. Ella rispose:
“Sono tua moglie e questo è tuo figlio Doloroso”. Ed
egli vide le sue mani vive e vere e disse: “Mia
moglie aveva mani d’argento”. Ella rispose: “Le mie
vere mani me le ha fatte ricrescere Dio
misericordioso”, e l’angelo andò nella stanza, prese
quelle d’argento e gliele mostrò. Allora vide con
certezza che quelli erano proprio la sua cara moglie
e il suo caro bambino, e fu felice e li baciò e
disse: ”Un gran peso mi è caduto dal cuore”.
L’angelo di Dio di nuovo diede loro da mangiare, poi
andarono a casa della vecchia madre.
Dappertutto ci fu gran gioia e il re e la regina
celebrarono un’altra volta le nozze e vissero felici
fino alla loro morte. |
Novità:
il foro di trivigante.it.
Con la titubanza e l'orgoglio dei papà apprensivi,
mi compiaccio oggi della messa in rete del
foro di trivigante.it,
disponibile sulla home page e in tutti i migliori
negozi.
Naturalmente sono un po' in agitazione per la sua
sopravvivenza e per la sua crescita regolare ma
credo che sopravviverà, specie grazie all'aiuto e al
supporto dei solerti zii e delle amorose zie, che
non lo abbandoneranno in un solitario cassonetto,
spero.
Altrimenti, quando sarà grande, tornerà e farà truce
vendetta di chi gli ha voluto male. |
Repubblica
copia: tre.
La cosa comincia a diventare noiosa (grazie mr. L.
per la segnalazione): dopo le
città russe abbandonate (cfr. b.site 15
settembre e 13 ottobre) e dopo il
madonnaro in 3d (cfr. b.site
6 settembre), Repubblica on line copia di nuovo,
facendo un servizio sulle
chiavi usb in versione demente (qui),
già ampiamente presenti nei defunti
maipiùsenza, rubrica di
trivigante.it cassata dopo mesi di onorato servizio.
La cosa non ha di per sé grande importanza, chi se
ne impippa, in fin dei conti i blog e i b.site della
rete si reggono sul copia e incolla o
sull'ispirazione altrui, i veri creativi ispirati
sono pochi e tengono in vita tutta la baracca,
scoprendosi poi ripresi nei siti più impensabili
senza la dignità, nemmeno, di una citazione. Lo
faccio anch'io.
Credo che comincerò a postare scritti sulle
metal-vampire-modelle-nude,
per vedere se su Repubblica, poi, fanno un bel
servizio fotografico con tanto di sapidi commentini.
E la smettono con i calendari. |
La storia
col botto: Luis Carrero Blanco.
Delfino
e consigliere del fascistissimo
Franco, al suo fianco
fin dalla repressione dello
sciopero delle Asturie (1934),
Luis Carrero Blanco fu
nominato Presidente del
Governo spagnolo l'8
giugno 1973, quando il caudillo, vecchio
sempre più bastardo ma non rimbambito, gli cedette
la carica, mantenendo per sé quella di
Capo dello Stato e
Generalissimo degli Eserciti.
Franco, ottantunenne, stava preparando la sua
successione: pur avendo restaurato la monarchia e
designato il Re Juan Carlos I
per l'avvicendamento, Carrero Blanco sembrava essere
in ottima posizione per la prosecuzione del regime
franchista, avendo condiviso e consigliato ogni
azione con il dittatore negli ultimi quarant'anni.
Il 20 dicembre del 1973
saltò in aria nella sua auto, attentato subito
rivendicato da ETA.
Fu l'attentato più spettacolare della storia
spagnola, avvenuto quindici minuti prima dell'inizio
del famoso processo 1001,
contro dieci membri del sindacato clandestino
CC.OO. Un commando di
ETA aveva affittato un appartamento a piano terra al
numero 104 della calle Claudio
Coello a Madrid, aveva scavato un tunnel
sotto
la sede stradale e collocato circa un quintale di
esplosivo sotto terra.
Al
passaggio dell'auto di Carrero Blanco ci fu
un'esplosione colossale che scavò
un gigantesco cratere: l'auto fece un volo - in
alto! - di quaranta metri, finendo prima sul tetto
del palazzo di fronte, per precipitare poi nel
cortile interno dall'altra parte, come da immagini
qui a fianco.
Furono accusati dell'attentato i membri dell'ETA
José Ignacio Abaitua Gomeza "Marquín",
José Miguel Beñarán Ordeñara "Argala", Pedro Ignacio
Pérez Beotegui "Wilson", Javier María Larreategui
Cuadra "Atxulo", José Antonio Urruticoechea
Bengoechea "Josu" e
Juan Bautista Eizaguirre Santiesteban "Zigor",
tutti rifugiati politici in Francia.
Un anno dopo l'attentato cominciò a circolare un
libro intitolato "Operación
Ogro", scritto da Eva Forest, militante
anarchica, che ricostruiva nei dettagli la
preparazione dell'attentato: qualcuno lo considerò
un tentativo di depistaggio delle indagini. Nel 1979
Gillo Pontecorvo (a
proposito, mi mancherà) trasse un film,
Ogro, da questo libro, con il sublime
Gian Maria Volontè nel
ruolo protagonista.
A seguito dell'attentato, uno degli slogan più
utilizzati nelle manifestazioni sindacali in Spagna
degli anni successivi fu: "Luis
Carrera Blanco, volò più in alto di Franco". |
L'ecomostro
della palude.
Il crollo di Punta Perotti, l'insulto di cemento dei
Matarrese a Bari, è rimasto nella memoria,
finalmente un atto di epica rivincita contro l'abuso
e il furbismo diffuso. Ne permangono varie memorie
in rete, per
esempio
puntaperottivagiu.com e il notevole
perottipoint.it, che ha quasi concluso la
vendita degli appartamenti virtuali per la
riqualificazione dell'area.
Per somiglianza, è stato lanciato un
concorso fotografico in Lombardia, "Non
solo Punta Perotti", per soli fotografi in
MMS, per testimoniare la presenza di cosiddetti
ecomostri, sebbene al
nord il prefisso eco-
abbia ormai perso di significato intrinseco. Tra i
vincitori, qualificati tra i mostri edilizi che
mettono ribrezzo, una
mansardona all'Aprica, uno
scatolone in via Forlanini a Milano, un
ex cinema porno a Zingonia, un
parallelepipedo sul lago di Como.
Duro lavoro per la giuria e per i fotografi in
concorso, dovendo stabilire cosa sia mostro e cosa
non lo sia in Lombardia, ove sarebbe di certo più
facile attribuire un premio per la bellezza
edilizia, caso ben più raro della mostruosità.
Giunge una proposta: laddove sia approvato
l'abbattimento di un ecomostro, si preveda che
l'architetto colpevole dello sfacelo sia introdotto
nell'edificio poco prima dell'implosione, così che
non vi sia rischio di una reiterazione del reato
antiestetico. |
Ma ti ghe gà magnà
ea merda al mago?
(parte 2)
Proseguo
la compilazione del piccolo vademecum di insulti ed
epiteti in
veneziano (veneto) pronto uso, che ho raccolto per
categorie opinabili ma comode per l'utilizzo (cfr. 3
ottobre):
- liquidi seminali sparsi qua e là: l'ormai
colloquiale ghe/te sboro,
per avvalorare le proprie tesi, rivolto
all'interlocutore; l'offensivo e potente
magnasborae,
in grado di zittire chiunque; il sofisticato
te vegno premando,
che in gergo dei gondolieri pare significare una
cosa tipo 'sodomizzare proseguendo verso sinistra';
il definitivo goldòn,
estrinsecamente dare del "preservativo" a
qualcuno ma con l'efficacia e la rapidità del
dialetto; l'astruso
a (ara) che te vegno,
spiegazione locale dell'acronimo A.C.T.V., azienda
di trasporto pubblico a Venezia, letteralmente 'guarda
che ti vengo (addosso)', in senso seminale; il
poco poetico
te vegno in torteìn, in cui
torteìn,
'tortellino', indica con evidenza la conformazione
dell'ano;
sboràe sol pèto, figura
retorica recente che consiste nel minimizzare un
contesto da altrui ritenuto importante; il
comprensibile
ti se scapeà?,
'sei fesso?', con allusione evidente di tipo
genitale; te
vegno col saltìn, si noti
l'enfasi del gesto atletico;
- appellativi vari: ecco alcuni epiteti da
rivolgere variamente al vostro interlocutore, tutti
piuttosto efficaci:
tacagà, modo sintetico di
sottolineare la modalità di nascita non ortodossa;
s-ciopà,
'scoppiato';
mòngoeo,
detto però con la leggerezza tipica di paese;
imatonìo, somigliante a un
mattone, per estensione 'duro di comprendonio';
slavo/polacco, persona
non vestita alla moda; muso da
mona, un classico.
Si raccomanda, per maggiore efficacia, l'arrotazione
compulsiva della 'erre' alla veneta. |
L'incontro
dei tre morti e dei tre vivi.
Girolando
per via Veneto a Roma, a meno che non vi distraiate
in compagnia di Ursula Andress, potreste sbattere
contro la scalinata della Chiesa dei Cappuccini,
vale a dire la
Chiesa della S.S. Concezione.
Come uso dei Cappuccini, a Palermo e a Vienna, per
esempio, esiste anche una cripta, ovvio, nella quale
sono sepolti circa seimila frati. Forse, però,
sepolti non è la parola adatta, dato che tutti i
corpi sono stati smembrati e le ossa e i teschi
utilizzati per comporre motivi ornamentali, tipici
per allegria e buon gusto della Controriforma
italiana o spagnola.
Qualche gioioso esempio.
Comunque sia, a metà della cripta, sotto un cumulo
enorme di teschi, c'è una scritta ammonitrice, anche
questa notevole per leggerezza e simpatia: "Noi
eravamo ciò che voi siete, noi siamo ciò che voi
sarete". Mancano gli avvoltoi e le cornacchie
e il quadro è completo. Cappuccini maledetti, non ci
avrete.
La frase, inflazionata nel corso del tempo e
conosciuta in numerose varianti, in realtà pare
avere origine dalla scena cosiddetta dell'incontro
dei tre morti e dei tre vivi, vale a dire un
soggetto iconografico legato al trionfo della morte
in cui tre cavalieri incontrano tre scheletri che li
ammoniscono: "ciò
che noi siamo ora lo diventerete voi domani".
Il tema è di un bel po' antecedente alla danza
macabra o ai trionfi della morte
medievali
e barocchi, tanto che esiste un testo in versi di
Baudouin de Condé del
1275, intitolato appunto "Dict
des trois morts et des trois vifs",
testimone dell'enorme diffusione del motivo
iconografico.
Nel 2001, in Francia sono stati censiti almeno 92
affreschi riferibili al tema (qui)
e in Italia, se qualcuno li censisse, probabilmente
non sono di meno. Un
esempio di affresco in tema è nella chiesa di
Lancôme, in cui tre cavalieri a cavallo
incontrano tre morti con tanto di vanghe e badili,
pronti evidentemente a scavare le fosse per i tre
giovani. Pare che in Italia vi siano le prime
testimonianze pittoriche dell'incontro,
risalenti più o meno al XIII secolo, i cui migliori
esempi si possono vedere nel Duomo di Atri, in
Abruzzo, nell’abbazia di Vezzolano presso Albugnano
d’Asti, nell'abbazia di San Flaviano a Montefiascone,
nel Viterbese, nella chiesa di San Luca a Cremona e
nell'abbazia di San Paolo a Poggio Mirteto nel
Reatino.
Che posso farci? Ho un'insanabile passione per danze
macabre, trionfi della morte e iconografia della
morte tutta, preferibilmente antecedenti la pace di
Westfalia, ecco la spiegazione. Magari proseguo,
prima o poi. |
Repubblica
on line copia di nuovo il b.site.
Il
15 settembre il b.site (qui)
raccontava alcune cose sulle città abbandonate,
postando notizie e informazioni, tra le altre cose,
della città di
Pripyat, città russa rimasta deserta dopo
l'esplosione di un reattore nucleare, Chernobyl.
Oggi Repubblica on line propone un servizio
fotografico sulla città (qui).
Il che non sarebbe di per sé gran cosa, se non fosse
che è già la seconda volta (cfr. b.site 6 settembre) che il b.site scrive
alcune cose e Repubblica, dopo poco, interviene
sullo stesso argomento.
Delle due l'una: o copiano o io penso come i
redattori di Repubblica, il che sarebbe per me un
bel problema. |
Utilità:
i codici di avviamento postale.
Il 20 settembre 2006 le Poste, in accordo con il
Ministero delle Comunicazioni, hanno concluso la
riorganizzazione dei CAP
italiani, eliminando i codici di
avviamento generici e rinumerando i distretti del
paese secondo logiche più sensate, a loro dire.
Hanno poi avvertito in ogni dove che molti codici
sono cambiati, invitando a controllare ogni volta
prima di un invio. Va bene, grazie.
Fatto sta che i vigliacchi, mentecatti e un po'
ladri, dalla stessa data non
rendono più disponibili alla consultazione i codici
di avviamento postale, se non uno alla volta,
collegandosi. Oppure, la completa disponibilità si
ha solo con l'utilizzo di un software proprietario.
Pagando. Come se non
fosse un dato pubblico.
Anche questa volta qualcuno ci si è messo e ha
ovviato alla cosa (qui
l'elenco completo dei CAP e
qui un software gratuito per la consultazione),
grazie!, rimane il fatto che non si può essere così
ottusi come un'Amministrazione Pubblica che lucra
sui diritti dei cittadini. Stronzi siete. |
Io ti sbattezzo
nel nome di Gog e Magog.
Si era parlato un po' di tempo fa, sui giornali, di
un gruppo di cittadini che avevano intrapreso alcune
iniziative per sbattezzarsi,
vale a dire cancellare in qualche modo il sacramento
ricevuto e la conseguente appartenenza alla Chiesa
Cattolica. Ovviamente, come succede spesso, poi non
se ne è saputo più nulla.
Faccio un riepilogo io di cosa è successo poi, per
chi avesse desideri in tal senso.
Negli anni Ottanta nacque l'associazione
per lo sbattezzo (con palese indifferenza per
gli aborti linguistici, dico io a margine), che
cominciò a prodigarsi in favore del diritto alla
cancellazione del battesimo.
Nel
1995 l’Unione
degli Atei e degli Agnostici Razionalisti avviò
una campagna per la "bonifica statistica" dei
battezzati. Dopo aver verificato le risposte fumose
ed evasive alle richieste di cancellazione inviate
ai parroci, intraprese un ricorso al
Garante per la protezione dei dati personali
(allora Stefano Rodotà).
Gran cosa la legge sulla privacy, si insinua
ovunque.
Comunque, nel settembre del 1999 il Garante per la
protezione dei dati personali si è pronunciato sul
ricorso del socio UAAR: secondo il Garante non si
può cancellare il battesimo, in quanto documenta un
episodio effettivamente avvenuto: inoltre, anche in
questo caso, la doppia ragione sociale di Stato
estero e di ente religioso permette alla Chiesa di
usufruire di privilegi che altre confessioni non
hanno.
È però possibile, per chiunque lo desideri,
far annotare la propria
volontà di non appartenere più alla Chiesa cattolica.
Si tratta di un riconoscimento importante, con il
quale per la prima volta la giurisprudenza italiana
stabilisce un metodo per l’ottenimento di un
elementare diritto civile, quello di non essere più
considerati “figli della chiesa”. Nel novembre 2002
la
Conferenza dei vescovi italiani, riunita in
assemblea plenaria, ha dovuto confermare la
legittimità delle richieste formulate dall'UAAR.
Ecco, nello specifico, come
fare: scrivere una lettera (modello)
con raccomandata a/r alla parrocchia in cui si è
stati battezzati, allegando copia della carta di
identità, con la quale si chiede che sia annotata la
propria volontà di non far più parte della Chiesa
cattolica. Non è necessaria alcuna motivazione.
Qualora non si conosca la parrocchia, dopo aver
fatto un giro su
www.parrocchie.it, scrivere a
soslaicita@uaar.it per
valutare l'ipotesi di scrivere direttamente al
vescovo.
Non è necessario inviare ulteriori comunicazioni per
gli altri sacramenti ricevuti (comunione, cresima,
ecc), né l’abbandono della Chiesa cattolica invalida
il matrimonio concordatario eventualmente contratto.
C'è anche chi ci ha scritto una
tesi di laurea.
Fatto tutto questo, si è liberi di affiliarsi a una
qualunque setta demoniaca adoratrice di vasi di
terracotta. |
Cadon le foglie d'autunno
(i sommersi e i salvati).
Dieci
giorni fa trivigante.it
ha compiuto un anno, essendo nato a Roma nell'ultima
settimana di settembre 2005 ed è, quindi, a suo modo
un pischelletto. Nel corso del suo primo anno di
vita ha perso per strada
alcune rubriche, altre si sono esaurite, una o due
hanno preso il predominio negli ultimi mesi, il
tutto sotto l'occhio vigile o casuale di circa
novecento visitatori complessivi, di cui vado
parecchio orgoglioso, dovuti tra l'altro anche
all'indicizzazione sui motori di ricerca.
Inutile dire che non tutto è andato per il verso
giusto: nelle mie intenzioni,
trivigante.it avrebbe dovuto essere una
specie di spazio collettivo, vale a dire un
serbatoio di sollecitazioni e contributi provenienti
dai vari amici e compagni di merende, così che buona
parte di ciò che già circola tra di noi non andasse
disperso, ma reso disponibile ad altri. Questo non è
accaduto, o perlomeno non è accaduto nella misura in
cui io desideravo, probabilmente a causa, anche, di
una rigida impostazione personalistica del sito
intero. Si impone un robusto lavoro di revisione
delle sezioni e dei contenuti.
Nello specifico, in merito alle sezioni che mostrano
una qualche vitalità, ho ricevuto
e
ricevo preziosi contributi per le
botteghe oscure, il maestro Bergomazzi - sebbene
ultimamente sia stato rapito dalle Amazzoni nude del
pianeta Playtex - si gestisce
una rubrica tutta sua, molto apprezzata, io
rimpolpo quasi quotidianamente il
b.site e la
sezione
inendaut, ricevendo spesso materiale per la
seconda e molto raramente per il primo; inoltre, la
rubrica
l'esperto risponde, che dipende in modo vitale
dalla collaborazione altrui, secondo me ha degli
ampi margini di miglioramento, ragion per cui resta
in piedi e prosegue, sperando di ricevere copiosi
contributi in futuro; ho intenzione di sottoporre la
sezione
ecco i miei gioielli ad ampia revisione perché,
secondo me, è un bel ricettacolo di segnalazioni
potenzialmente interessanti e, quindi, anch'essa
resta; la sezione
pleiliste è ferma da un po' di tempo ma
non
morta e, facendo parte del primo nucleo del sito ed
essendo una delle ragioni fondanti per cui ho
cominciato, intendo mantenerla, anche se viene
visitata poco ed è vitale quanto un paracarro; la
letteratura resta, perché ho un bel po' di testi
inediti da inserivi, per la gioia della critica
letteraria mondiale; i
sostenitori, com'è ovvio, restano al loro posto,
sia per la bellezza intrinseca delle loro creazioni,
sia perché altrimenti non avrei di che vivere, senza
la loro prodigalità.
E ora la lista dei caduti
sul campo, morti in servizio e, quindi,
degni di ogni onore: scompare definitivamente la
sezione mai più senza
(senza link, ovvio), per due motivi, essenzialmente:
il primo, di ordine pratico, è la mancanza di tempo
per potermici dedicare appieno, dato che richiede
aggiornamenti e ricerche continue; il secondo,
perché è una sezione dalle possibilità di
ragionamento e sviluppo piuttosto limitate, magari
divertente, ma nulla più. E, francamente, mi stimola
poco. Oltretutto, raccolte di questo genere sono
piuttosto inflazionate in rete, se ne possono
trovare di molto migliori della mia.
Cinematografia xxx,
essendo una pagina sostanzialmente conclusa, viene
spostata dalla homepage a un link qui accanto, per
chi avesse desiderio di rivedersi qualche titolo
prima di andare in videoteca. La
musica
di trivigante.it per ora viene sospesa
(spostata?), in attesa di collocazione consona,
perché pochissimo incline, per argomento e
complessità, ad aggiornamenti continui, come si
richiede a una sezione sulla homepage. Anzi, metterò
i link in un riquadrino qui a sinistra. Scompare,
ahimé, anche la mia storia di
Roma, per lo stesso motivo della
musica di trivigante.it,
vale a dire la difficoltà di un aggiornamento
continuo; posso dire con certezza, però, che tornerà
sotto altra forma quanto prima. Ultima nota dolente,
la
scomparsa definitiva del posto
delle frattaglie: la cosa mi dispiace molto,
dato che, prima con il nome de
Il Barbiere, e poi con le
frattaglie, appunto, è
stata la prima rubrica in assoluto di cui io mi sia
mai occupato, molto prima che mi balenasse l'idea
balzana di mettere in piedi un sito intero. Scompare
per il semplice fatto che, a fronte di un lavoro
bestiale di raccolta, di confronto, di sintesi delle
notizie magari sfuggite, i riscontri sono sempre
stati del tutto assenti. Come i contributi, del
resto. Anzi, qualcuno - sebbene non avesse mai
sentito la minima esigenza di manifestare in qualche
modo il proprio apprezzamento o il proprio dissenso
- si è sentito in dovere di farmi rilevare come la
sezione non fosse aggiornata di recente. Quando è
troppo è troppo. Tanto lavoro con poco risultato,
meglio lasciare.
Probabilmente,
d'ora in poi alcune notizie politiche finiranno qui,
nel b.site, voragine in
grado di accogliere qualunque cosa.
Ecco, dunque, chi vince e chi perde, chi si salva e
chi no. D'altronde, bisogna essere realisti, da un
lato, e farsi venire nuove idee dall'altro. A me
riesce meglio la seconda che ho detto, ma mi applico
anche per la prima.
Mi metto al lavoro di modifica, resta inteso che
ogni commento o contributo è gradito. |
Le
iniziative nate già morte.
Come mi capita spesso, quando ho finito di lavorare
duramente, poso la paletta e mi reco al
dopolavoro ferroviario, più o meno come facciamo
tutti. Giochiamo ai trenini sul plastico grande, ci
raccontiamo le mirabolanti avventure accadute tra
Piadena e Vigarolo superiore, facciamo "ciuf ciuf"
con la bocca e così via.
Come tutti, dicevo.
Quando siamo lì, restiamo sempre abbacinati e rapiti
dalle vulcaniche idee partorite dalle teste pensanti
delle Ferrovie italiane, cioè i trenitalioti, e
aderiamo entusiasti senza frappor indugio. In questo
caso, l'idea che mi ha lasciato estasiato è di tre
anni fa: il
PassalibroinTreno, o Railbookcrossing che dir si
voglia.
Il marchio e l'idea sono stati registrati, e questo
è già un pessimo (ottimo?) segno, e il concetto
fondante è quello dello scambio casuale di libri
lasciati, anziché su una panchina di un parco, sul
sedilino pieghevole del direttissimo
Cervignano-Grado (20 km, otto fermate), a
disposizione di eventuali viaggiatori sprovvisti di
libercolo: in sintesi, si riassume con la poco
pregevole attitudine di concepire le idee copiandole
male e, infine, partorendo il mostro già defunto. Un
po' come rilanciare sul mercato i
Rockets, se calza il paragone.
Breve resoconto delle pubblicazioni che ho
intercettato negli ultimi tre anni in treno (indice
del successo dell'iniziativa): una pagina di "Grand
Hotel" sporca di lasagne, una copia del
volantino promozionale della
Lidl tutto stropicciato, un cartoncino delle
Ferrovie dello Stato che mi invita a svernare nelle
Marche, due pagine della Gazzetta utilizzate nella
ritirata del treno come carta igienica (che non
ho letto).
Aspetto fiducioso di trovare l'Enciclopedia
Britannica, prima o poi. |
Molta gioia
dell'urna.
Capita che, pur non avendo lasciato eredità
d'affetti, si possa avere molta gioia dell'urna.
Infatti,
avendo scelto la sepoltura
come opzione post mortem, inumazione o
tumulazione è uguale (possibilità alternative che
qui non considero: abbandono, immersione,
sopraelevazione, ignizione, mummificazione,
scarnificazione, cannibalismo), consiglio caldamente
di prendere in considerazione una sepoltura in una
cassa da morto adeguata
a ciò che avete combinato in vita e adatta a ciò che
volete combinare da morti. Un esempio notevole che
mi viene in mente è la tomba del sarto nel chiostro
di Santo Stefano a Bologna, anonima con un paio di
forbici incise nella pietra.
Un esempio eclatante di quanto vado dicendo sono gli
african coffins,
giocose bare costruite appositamente a seconda delle
esigenze dell'acquirente: se è un
appassionato di automobili, piuttosto che un
telefonista incallito, un
amante del peperoncino, un
affezionato bevitore, un vegetariano o
un contadino,
un falegname o un
elegantone. E così via.
Se volete consultare il catalogo prima di decidere,
farvi fare un preventivo o volete acquistare
direttamente a prezzi piuttosto modici, uno dei
posti papabili è
questo. Io, per ora, vorrei un modello
personalizzato con la base in polistirolo bianco e
il cellophan attorno. Sì, esatto, tipo confezione di
banane al supermercato. Con me dentro, che vado a
male. |
Gioco che mi passa.
Sono stato un po' assente e questo non mi ha dato
soddisfazione, ergo cerco di ovviare fin da ora,
rimpolpando il b.site come facevo e farò nei giorni
belli.
Vado a cominciare con un'infornata di giochi
freeware per palati fini e meno fini:
uno sparatutto di gran fattura con ottima
grafica,
un camion da far smaltare contro un muro facendo
più danni possibile e con sadica soddisfazion,
uno sparatutto in stile macchinetta da bar anni
Ottanta e
suo cugino con l'invasione dei critters
spaziali, la
versione 3d dell'epico Asteroids, la
rivisitazione attuale di Centipede in cui dar
fondo all'arsenale, un classicissimo
battimuro, una bella sbrodolata di
alieni da disintegrare, un interessante esempio
di grafica vettoriale anni Ottanta
rivisto al
giorno d'oggi.
Infine, ecco il dolce:
un omino da far cadere dalle scale con tutte le
possibili variazioni del caso, cercando il maggior
trauma possibile, con analisi in tempo reale delle
fratture e degli ematomi. |
Ma ti ghe gà magnà
ea merda al mago?
(parte 1)
Ah,
la potenza incommensurabile degli insulti in
dialetto, non posso resistere e torno
sull'argomento.
Cerco sempre di tenere a memoria almeno una dozzina
di insulti dialettali,
ognuno di essi buono per un'occasione particolare,
per esempio quando litigo con un ultras nei paraggi
della stazione, oppure quando mi capita di essere
scippato da una gang di giovani commercialisti
rampanti, o quando voglio avere ragione anche se non
ce l'ho e chiudere il dibattito con un bang.
Ecco, dunque, un piccolo vademecum di insulti in
veneziano (veneto) pronto uso, che ho raccolto per
categorie opinabili ma comode per l'utilizzo:
- insulti all'altrui virtù materna:
va in cùeo da to mare
(in cui, con evidenza, cùeo
sta per 'culo' e mare
sta per 'madre', con la variante
va in buèo... che
indica chiaramente un rapporto più profondo), il
quasi soave ea mama canarina,
il molto chiaro quea sfondrada
de to mare e il similare
quea rotinboca de to mare,
entrambi che preludono senza dubbio alla
ineluttabile rissa;
- apostrofi ai parenti defunti:
chei cani dei to morti,
chei becanassi de tuti i to morti (e qui si
allude pesantemente anche a tradimenti e corna
terrene), il terrificante va
in boca de tuti i to morti, il cui
significato sessuale mi pare palese e il cordiale
va remengo ti e tò sènare
(invitare qualcuno ad errare assieme alla cenere dei
suoi parenti defunti);
- apostrofi personali:
ma ti ghe gà magnà ea merda al mago?,
vale a dire atto di derisione del nemico a fronte di
una frase scontata, secondo il principio - verissimo
- che la merda del mago sarà pur magica ma sempre
merda è. |
Il
valtellinese buono.
Un omino, con tanto di sciarpa, presumibilmente
montagnino valtellinese di animo puro, si lancia
impavido per i pendii che decidete di affibbiargli,
a seconda che la vostra matitina - sempre da
sinistra verso destra - gli imponga discese o ardite
risalite. O salti mortali.
Qui a fianco la mia personale proposta di
salto-smalto, una tra
le tante varianti mortali del gioco, che si trova
qui. Molto bello, secondo me, raro caso di
applicazione decente di Flash. |
Le
amiche nuvole.
Fluffy friends le chiamano i soci della
Cloud Appreciation Society che sono,
evidentemente, degli appassionati di nuvole. Il
fatto è che, come spesso accade, rapiti dalla
passione travolgente, hanno un tantinello perso il
senso del limite e della decenza, giungendo a
eleggere
la nuvola del mese, con tanto di nome proprio, a
fare del
merciandaising a dir poco sbalestrato, a
pubblicare una
guida per cloudspotters con diagrammi e belinate
varie, a fare
una chat per discorrere quotidianamente delle
numerose argomentazioni che le nuvole suscitano.
Il fatto che alla chat siano registrati in due e che
si parlino tra di loro va catalogato alla voce:
dettaglio. |
Puro genio.
Vestirsi come un soldato cinese di terracotta del II
secolo avanti cristo e nascondersi in mezzo a
tremila statue simili, aspettando solamente di
essere scoperto per semplice spirito beffardo, ecco,
io questo lo chiamo genio. Poniamo sia per desiderio
di notorietà, ansia da prestazione eclatante,
scommessa tra avvinazzati, penitenza tra spiritosi,
qualunque cosa, il pensiero di uno che sta ore
immobile come statua ridendosela tra sé e sé
pensando solo al momento in cui sarà scoperto,
questo mi fa ridere parecchio e illumina l'impresa
di genio. Magari poco compreso, ma genio puro. |
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