The
B. Site of the
Moon
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trivigante
2006 |
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Amenità di
fine anno.
Finisce
l'anno ma, trattandosi di convenzione temporale,
come qualcuno forse sa, non finiscono le
meravigliose amenità che popolano i boschetti della
vita in comune con altri miliardi di persone. Questa
cosa della convivenza coatta su di un solo pianeta
ha, infatti, qualche aspetto non proprio piacevole,
vale a dire, per dirne una, ritrovarsi nel proprio
giardinetto metaforico la spazzatura
ultra-radioattiva del vicino supercafone. In
particolare, a fronte di qualche miliardo di vicini
assolutamente civili e cortesi, fanno spesso visita
diversi miliardi di vicini particolarmente molesti,
senza alcun pudore o remora per l'erba altrui (la
mia).
Uno di questi ha appena sfornato un album,
intitolato "Il
cd divino - Potenza sessuale 3000" e solo per il
titolo andrebbe squartato in mezzo a un quadrivio da
un tiro di quattro cavalli schiumanti.
Il decerebrato in questione è il
Mago Otelma e la playlist si compone di
imperdibili pezzi: l'ammiccante
"Prendi
La Fortuna” Original Mix, il demente
“Potenza Sessuale 3000” Live
Mix, che uno si chiede il significato della
dicitura "Live", il divertente da sparargli
“L’inferno Siamo Noi”,
l'inquietante “Ti Infilo Una
Candela Rossa” e così via in un crescendo di
simpatia diarroica. Cancellare con l'anno nuovo.
Un caso diverso, dovuto alla scellerata opera dei
traduttori italiani, è quello di uno dei personaggi
Marvel creati da Stan Lee
nel 1965:
Absorbing Man. Deve il suo nome al superpotere
di tramutarsi in qualunque materia egli tocchi,
assorbendone le proprietà fisiche. Il suo nemico
giurato è
Thor con il suo cavolo di martello. Ora: come lo
hanno chiamato quei genii sopraffini dei traduttori
della Marvel Italia?
L'Uomo
Assorbente. Complimenti, complimenti vivissimi,
molto molto adatto a un supereroe, davvero.
Mi verrebbe voglia, a questo punto, di parlare di
Scaramella con gli annessi e i connessi,
ottimo simbolo di quest'anno italiota pieno di
amenità da far accapponare la pelle di chi vive con
civiltà, ma - ora che ci penso bene - non ne ho più
voglia, lascio ad altrui. Preferisco ricordare che
oggi sono ventotto anni che la
Spagna è una democrazia, con alti e bassi,
che oggi ma nel 1901 nasceva
Marlene Dietrich, e che nel 1947, oggi,
veniva promulgata la
Costituzione Italiana.
Ecco, meglio che io pensi a questo. Molto meglio. |
Il
neo-paganesimo polacco.
Scopro oggi, non senza stupore, che in Polacchia fin
dal XIX secolo sono nati moltissimi
movimenti neo-pagani
che si ispiravano e si ispirano tuttora a
immaginarie religioni e culture paleoslave, in
contrapposizione alla pesantissima cultura cattolica
di stampo conservatore. Spesso si tratta di orrendi
figuri nazionalsocialisti o di tendenze
ultra-destroidi, chiaro, ma non mancano le
stravaganze.
La domanda sorge spontanea: quale sarebbe, dunque,
l'interesse in cotesta informazione? Domanda
legittima. ma a trivigante piacciono le amenità e,
quindi, non si discute. La libertà di smettere di
leggere è, però, garantita.
Alcuni esempi eclatanti: per fare un nome, la
Tribù dal Cuore Cornuto
(Szczep Rogate Serce, sigla SRS)
organizzazione neopagana polacca fondata dallo
scultore Stanislaw Szukalski che nel 1929 riunì
attorno a sé un gruppo di artisti, con l'intento di
sviluppare una corrente artistica che prendesse
ispirazione dall'antica cultura slava, essendo
giudicato il cristianesimo un fattore di corruzione
della cultura nazionale.
Oppure il Circolo degli
Adoratori di Swiatowid (Kolo Czcicieli
Swiatowida), a metà tra occultismo e
parapsicologia da minimarket. Come non citare la
Chiesa Nativa Polacca (Rodzimy
Kosciół Polski, sigla RKP) o il
Gruppo Nazionale per gli Studi
Concettuali (Narodowy Zespól
Koncepcyjno-Studyjny, sigla NZKS)?
L'Unione per la religione
nativa (Zrzeszenie Wiary Rodzimej,
sigla ZRW) che si richiama alla tradizione della
prebellica Zadruga, per
continuare, o l'Associazione
per la Tradizione e la Cultura Niklot (Stowarzyszenie
na rzecz Tradycji i Kultury Niklot, spesso
chiamata semplicemente "Niklot"), attiva anche
politicamente.
Che dire poi della Chiesa
Slava Polacca (Polski Kosciól Slowianski)?
Il gruppo nacque nel 1981 nell'ambiente degli
archeologi (?) di Torun e le sue attività iniziali
furono la raccolta di informazioni e materiali
riguardanti la mitologia e la cultura slava, la
visita agli antichi luoghi di culto slavi e
stabilire mutui contatti tra le persone interessate
a questi argomenti.
Non ho idea se per aderire si debba fare una tessera
o se si debba mettere sulla testa il sacro copricapo
di radice di patata polacca, magari dopo un bel
pieno di vodka verace, fatto sta che, come sempre,
le reazioni nascono dove c'è un movimento dilagante,
in questo caso il cattolicesimo di matrice
woytilesca che un po' tutto pervade. La cosa
spassosa, per me, è che non riesco a trattenermi dal
pensare alla Loggia del Leopardo e alle riunioni del
mercoledì, naturalmente partecipate con animo
settaristico e convinto.
I paesi del Nord, già lo sapevo, riservano sempre
sorprese interessanti. Anche perché, in Polonia, per
ogni prete ci sono due movimenti neo-pagani, e -
almeno - tre gruppi black metal incazzosi.
Una bella mistura esplosiva, alla mercè dei gemelli
governanti.
Per chiudere, un bel
link facente capo alla seguente persona (cito):
"Primo Teurgo della Chiesa dei Viventi, Gran Maestro
dell’Ordine Teurgico di Elios, Presidente Europeo
dell’Ordre des Occultistes d’Europe (O.D.O.D.E.) e
Nazionale dell’Ordine degli Occultisti d’Italia (O.D.O.D.I.),
del Centro Italiano di Studi Astrologici (C.I.S.A.)
e dell’Unione Astrologico-Occultista d’Italia (U.A.O.D.I.),
Fonte di Vita e di Salvezza, Dispensatore di Verità
Archetipa, Luce dei Viventi - dopo millenni di
paziente elaborazione - e mettendo a frutto
l’Esperienza degli Antichi Saggi Atlantidei - ha
suggellato il CORREDO DELLA FELICITA’ affinché
TUTTI, non soltanto i fortunati possessori di
Talismani Personali et Similia, possano gioire della
Vita e delle Sue Bellezze infinite!". Archetipa... |
Marcello Marchesi.
Marcello
Marchesi ha scritto e inventato tante cose
(famosi carosello, "Sono pazzi questi romani"
di Asterix, il Bertoldo, l'aforisma "Anche le
formiche, nel loro piccolo, si incazzano" e così
via), tra le quali alcune
frasi celebri riviste:
- Burocrazia: bolli, sempre bolli, fortissimamente
bolli.
- Che Dio ci perdoni. E ci perdonerà. È il suo
mestiere.
- Chi mi ama mi preceda.
- Chi si inferma è perduto.
- Chi va piano va sano e... viene tamponato poco
lontano.
- Dimmi con chi vai e ti dirò se vengo anch'io.
- Dio, dammi un assegno della tua presenza.
- Due parallele si incontrano all'infinito, quando
ormai non gliene frega più niente.
- La rivoluzione si fa a sinistra, i soldi si fanno
a destra.
- Mangiare è un diritto, digerire è un dovere.
- Mi sento sotto la cresta dell'onda.
- Nessuna nuora, buona nuora.
- Nessuno si è mai ammazzato perché non riusciva ad
amare il prossimo suo come se stesso.
- Non ho niente da dire, ma lo devo dire.
- Non si vive di Ricordi. Solo Verdi, Giuseppe, ci è
riuscito
- Ogni rovescio ha la sua medaglia.
- Essere o benessere? |
Le paure che
preferisco.
Tra le tante fobie classificate dal mondo
scientifico (e pseudo-tale), ce ne sono alcune che
prediligo. Per esempio, la mia preferita in assoluto
è la arachibutyrofobia,
vale a dire la paura del burro di arachidi
attaccato
al palato. Eccone alcune tra le migliori:
ablutofobia: paura di
lavarsi o fare il bagno (questa ce l'ho).
agiofobia: paura dei
santi, delle cose sacre (questa la capisco).
amycofobia: paura dei
graffi o di essere graffiato (da femmine
arrabbiatissime? Allora ce l'ho).
anglofobia: paura
dell'Inghilterra, degli inglesi (molto diffusa nel
ventennio).
anuptafobia: paura di
non sposarsi (ma per favore!).
apotemnofobia: paura
delle persone con amputazioni (in effetti...).
arithmofobia: paura dei
numeri (mooolto diffusa).
asimmetrofobia: paura
delle cose non simmetriche (ce l'ho).
atefobia: paura delle
rovine (e uno di Roma che fa?).
atomosofobia: paura
delle esplosioni atomiche (evabbè, grazie...).
aurorafobia: paura
dell'aurora (a vederne una, magari...).
automatonofobia: paura
di tutto ciò che è fatto come un essere umano
(burattini, bambole, spaventapasseri, c'è una
cinematografia intera al
riguardo...)
automisofobia: paura di
essere sporchi (questa proprio non ce l'ho).
ballistofobia: paura dei proiettili (evabbè
anche questa).
bufonofobia: paura dei
rospi (io li lecco, di solito).
cacofobia: paura della
bruttezza (vero!).
calliginefobia: paura
delle donne belle (questa no! Tutto ma questa no!).
chaetofobia: paura dei
capelli (quand'ero giovane non l'avevo, ora sì).
coprofobia: paura delle
feci (mie o degli altri?).
defecaloesiofobia:
paura di una defecazione dolorosa (dopo che ho
mangiato il panettone sì).
dentofobia: paura dei
dentisti (sempre).
dextrofobia: paura
degli oggetti alla destra del corpo (ho sempre paura
della destra!).
efebofobia: paura dei
giovani imberbi (vedi bambini, clown e
spaventapasseri).
ergasiofobia: paura di
lavorare (eccome se ce l'ho, questa!).
falacrofobia: paura
delle calvizie (vedi
chaetofobia).
fobofobia: paura di
aver paura (questa è fantastica, meravigliosa).
limnofobia: paura dei
laghi (i laghi?).
menofobia: paura delle
mestruazioni (tutti gli uomini ce l'hanno, le donne
non so).
papirofobia: paura
della carta (aaaah, l'A4 Fabriano assassino
demonio!).
pedofobia: paura dei
bambini (vedi sopra).
pogonofobia: paura
delle barbe (mmmh, questa direi di no).
sesquipedalofobia:
paura delle parole lunghe (esattmn... esattamtnm...
ehm... esatmtm... occhei, ce l'ho). |
Giorni di
brutti ricordi.
El
puerco maial Pinochet è
morto domenica, dopo sempre troppo breve agonia,
lasciando pure eredità d'affetti, fatto
incomprensibile, al punto che hanno dovuto tenere la
camera ardente aperta per nove ore oltre il tempo di
chiusura, per permettere a sessantamila persone di
rendere omaggio al cadavere già putrescente in vita.
Niente funerali di Stato, hanno detto, ma tutti gli
onori militari.
Infatti, era presente, ieri, il ministro della
Difesa cileno,
Vivianne Blanlot e il comandante dell'esercito,
Izurieta, ha consegnato alla
vedova maiala del puerco la bandiera cilena che
aveva avvolto il feretro. Ma non è un funerale di
Stato, si dice. Infatti, pare che monsignor
Juan Barros Madrid, arcivescovo
militare del Cile (basito
sono!), passasse di lì per caso e abbia
celebrato il fiuneral show per umana e cristiana
carità, più che per passione. Maiale anche lui.
Molta gente, per fortuna, ha fatto festa e molti
hanno brindato agli amici scomparsi. Brutta roba,
però, esser felici perché un dittatore assassino si
toglie di torno, troppo dolore prima. Secondo
Radio Cooperativa, radio democratica cilena
(tutte le radiocronache del funerale sono on line),
due uomini e una donna si sono fatti largo tra la
folla e sono riusciti a sputare sul feretro: uno
sarebbe stato catturato dalla polizia, per ora non
si sa nulla di lui. Finora 99 arresti. Pinochet è
morto, il pinochettismo no.
Qui da noi, che non siamo certamente meglio, ieri
erano trentasette anni dallo scoppio della bomba in
Piazza Fontana a
Milano, anno millenovecentosessantanove, diciassette
morti e ottantaquattro feriti.
Sempre ieri, quale coincidenza, finiva l'offerta
sconti nei negozi Oxus
(in piazza Fiume a Roma e in via Bergamo a Milano)
marca che produce borse, pelletterie e quant'altro,
oltre a essere fornitrice di tutti (tutti!) i
maggiori stilisti italiani di grido. 'Azzo c'entra?
C'entra: la ditta è di proprietà di
Roi Hagen, cittadino
giapponese ben noto in Italia, alias Gm (General
Manager) come si fa chiamare dai suoi
dipendenti, alias
Delfo Zorzi. La storia è nota: ex
militante di Ordine Nuovo, principale imputato per
la strage della Banca dell'Agricoltura per cui (dopo
l'ergastolo in primo grado) è stato assolto l'anno
scorso in Cassazione, ancora indagato per la strage
di piazza della Loggia a Brescia, del 1974. Fra i
suoi partner in affari poi risulta anche
Paolo Giachini, noto
per aver offerto la sua casa a
Erich Priebke per gli arresti domiciliari.
La cosa interessante, tra le tante, è che
il negozio Oxus di Milano
è ospitato in locali di proprietà del
Comune di Milano,
quello stesso Comune costituitosi parte civile nel
processo per la strage del 1969. Ovviamente, i
locali sono affittati ad un canone ridicolo per la
zona, tremilacinquecento euro/mese, equo?
Una borsa piena di esplosivo in una banca nel 1969,
borse scontate del cinquanta per cento fino a ieri.
Macabro ma vero. |
Canzone da suonare
e cantare per l'occasione.
Da "La
famiglia Rossi - Discorsi da Bar" (2003), "E'
morto Pinochet":
Personalmente sono contrario al vento,
…ma questa sera mi viene un sentimento;
lo so che non si dice, non sta bene, non si fa,
ma
questa sera lasciami cantar…
E’ morto Pinochet,
è morto Pinochet
è morto Pinocheee eee eee eeet!
Stolto è goder della disgrazia altrui,
ma, in questo caso, la disgrazia è lui.
La Storia questa sera ci dà soddisfazione
ed ha tirato forte lo sciacquone…
E’ morto Pinochet, etc.
Pi – no – c’è – più , Pi – no – c’è – più,
fuori uno – fuori uno!
Pi – no – c’è – più , Pi – no – c’è – più,
uno in meno – uno in meno!
Personalmente sto con le balle al vento,
e non mi pento se sento un sentimento,
e so che il sentimento che sentivo contro il vento
è solo il sentimento di un momento…
Ma è morto Pinochet, etc. |
Saper far di
kendo.
In
agosto, mentre facevamo la fila alla festa
dell'Unità per avere un saccoccetto di olive
ascolane fritte nella sugna,
il mio amico G. mi disse di botto: "Andiamo
a fare un corso di kendo?".
Io, che non volevo sembrare ignorante e mi ricordavo
un vago detto di mia madre, tipo: "E' sempre
importante saper far di kendo, nella vita",
risposi di sì convinto e sudato, sperando nell'oblio
autunnale.
Poi
passarono i mesi e le stagioni, il chiurlo fece
ritorno nel nido per tre volte, il fiore dell'albero
di pesco sfiorì e le maree arrivarono a Kyoto nella
notte in cui la tagliente spada del
Maestro She-zam fu
conficcata nella roccia sorgiva del fiume
Beije per non
combattere mai più. Dicembre. E io non sospettavo
che il destino si stesse organizzando.
Cadeva la nebbia nel giardino nascosto del fiore di
loto, una sera, quando il mio amico G., che si era
mosso segretamente nel frattempo senza nulla dirmi,
mi comunicò che di lì a tre giorni ci sarebbe stata
la nostra prima lezione di
kendo. Kendo? Occazzo, maledizione a me e
alle risposte avventate.
Calma.
Calma e ordine. Prima reazione da parte mia (negazionista):
"Guarda che non ero mica io, non ne abbiamo mai
parlato". Seconda reazione (attendista): "Maaaaah,
non soooo, forse non faccio in tempo ad avere il
certificato di sana e democratica costituzione".
Terza reazione (piagnisteo): "No, amico, dai, non
puoi farmi questo, amico, poi ci facciamo male, dai,
ho i muratori ladri a casa e la nonna malata il
lunedì sera, guarda, proprio mi sa che non posso".
Il mio amico G.,
che è diabolico e mi conosce, mi lascia fare la mia
sceneggiata casereccia, tanto lo sa che poi
partecipo. E poi, lui mica mi costringe, anzi. Posso
farlo andare da solo?
Siccome sa che a me serve la teoria e l'analisi
preventiva, mi manda un documento riassuntivo sul
kendo, di cui riporto
qualche passaggio: "Attraverso un'evoluzione
morale e filosofica, questa disciplina, da
cruda e
spietata tecnica per uccidere, è diventata il
Kendo, una Via per la ricerca di se stessi oltre
che un'ottima attività fisica per lo sviluppo
dell'energia (KI) dell'individuo" bla bla bla; "le
tecniche del KEN-JUTSU comportavano diversi
fendenti e stoccate miranti ad
abbattere l'avversario il più rapidamente
possibile". E altra roba che non ho letto bene.
Spietato, uccidere, abbattere, mortale...
interessante, molto interessante. Qui a destra
l'idea che mi sono fatto del
kendo.
Appuntamento lunedì scorso alle sette di sera per
andare al sacro tempio dell'arte marziale. Ci
andiamo a
piedi
nella nebbia, un po' perché il vero discepolo si
tempra lo spirito affrontando le avversità e un po'
perché nessuno dei due ha la macchina.
Una volta arrivati, ci cambiamo e scopriamo di avere
due approcci sostanzialmente diversi.
Abbigliamento: senza
saperlo prima, entrambi abbiamo pantaloni della tuta
blu con le righe gialle lungo la gamba che,
evidentemente, nelle nostre intenzioni fanno tanto
killbill e danno l'idea del guerriero giapponese
cattivo in allenamento. Il mio
amico G. indossa una maglietta blu (tonsurton,
raffinatissimo) con due grandi fiori bianchi. Pare
evidente che voglia cominciare la nuova attività
trasmettendo un messaggio di amicizia e concordia.
Io, invece, che ho interpretato il tutto in modo
bellicoso, ho una maglietta rossa a maniche lunghe
con su tutte le date del tour 2005 degli
Iron Maiden, con una
bella scrittona in gotico sul davanti.
Naturalmente, tutti gli altri hanno l'armatura
ganza o l'accappatoio
gigante blu, tipico del kendo.
Dopo un non breve saluto iniziale (saluto alla
palestra, saluto alla spada, saluto al Maestro,
saluto al muro, saluto al cugino del Maestro, saluto
alle spalliere, saluto al monte Fuji, saluto in
risposta al saluto del monte Fuji), tutto molto
molto giapponese, e dopo un breve riscaldamento, ci
dotano finalmente della spada.
Aspettavo questo momento. Solo che non è una spada:
è un bastone. Un
bastone tipo le torce da giardino in bamboo che si
trovano al Brico center,
senza l'olio in cima, ma sempre bastone è.
Con scarso effetto mortale, secondo me, e a basso
impatto pauroso. Un po' come cercare di uccidere
qualcuno con un nanetto da giardino o con un
irrigatore irriguo: chiaro che può far male se ben
tirato, non discuto, ma non mi dà certo l'aria di
uno spietato samurai. Di un premuroso giardiniere,
più che altro.
Tutto quanto descritto finora, e son passati quasi
quarantacinque minuti di lezione, è avvenuto senza
che nessuno procedesse a una benché minima
presentazione: esiste il
Maestro e poi ci siamo
noi, misere caccole secche nel naso gigante
dell'universo shintoista. Neanche un nome, perdio.
Mia mamma non sarebbe contenta di me, lei che ci
tiene alla cortesia con gli sconosciuti.
Precisazione che serve per dopo.
A
quel punto, passiamo all'esercizio
principale: un tizio
del kendo, con l'armatura, si mette in mezzo alla
gioiosa palestra del celeste impero e noi dobbiamo
correrci incontro, gridare "MEN"
e dargli una gran bastonata in testa, e poi correre
via. Trecento volte. Per la cronaca,
MEN è giapponese e
significa: "defloro il tuo
orifizio con il mio bastonissimo di ciliegio fiorito".
Importante notare che noi il tizio
nemmeno lo conoscevamo
né lui conosceva noi. E non ci aveva nemmeno
insultato o offeso la mamma, né rigato la macchina.
Ci sembrava, quindi, molto
scortese dare delle bastonate in testa a un
signore sconosciuto che, magari, è pure un tizio
gentile. All'inizio, quindi, era difficile dargli
una scassabastonata sulla crapa, cercavamo di essere
gentili, un po' ci spiaceva, ma poi - dopo due
minuti - giù mazzéte. Potenza della persuasione
marziale nipponica. Gli avremmo anche fritto la
nonna, potendo.
Ed è qui che avviene l'increscioso
fatto e questa storia diventa una
storia del orore giaponese di B.R. Bergomazzi:
nel bel mezzo del combattimento mortale, con mossa
subdola e rapidissima, il tizio nemico mi ha
infilato una scheggia di
parché nel piede e io non me ne sono accorto
subito, perché la concentrazione
della mente aveva il predominio sui miseri affari
corporali, e ho continuato a colpirlo come diceva il
Maestro: non sento niente no, adesso niente no,
nessun dolore, non c'è tensione non c'è emozione,
nessun dolore. Oh! Oh! E ho fatto la
striscia di sangue appiccicosa,
che i compagni di corso vampiri si sono tutti
eccitati e le donzelle schifiltose mi hanno preso a
bastonate. Il Maestro,
allora, mi ha guardato come si guarda un
debole, un
vile, e mi ha mandato
nello spogliatoio della punizione morale,
probabilmente pensando che avrei fatto
hara-kiri per l'onta.
Io l'avrei anche fatto, ma come faccio a fare
hara-kiri con una torcia da giardino?
Il
mio amico G., che è l'unica persona buona del
mondo, ha lasciato il bastone ed è venuto a vedere
come stavo nello spogliatoio del disonore e della
vergogna, offrendomi un
fazzolettino umidificato utile anche in caso
di mestruazioni (come da etichetta). Siccome la
cortesia giapponese prevede che non si facciano
domande indiscrete, ho preso volentieri il
fazzolettino e l'ho usato non correttamente, con
animo grato. Ed egli ha pagato a caro prezzo la sua
generosità: infatti, il
Maestro l'ha umiliato e
torturato davanti a tutti perché ha
abbandonato la spada (sempre torcia è) e lasciato la
palestra senza chiedere il permesso.
In Giappone non si può aiutare
un amico che muore.
Poi sono tornato e noi due, come samurai fatti di
pietra e acciaio che non temono il piccante, abbiamo
proseguito a prendere a bastonate in testa il tizio
sconosciuto, fino alla fine della lezione, anche se
agli altri ci faceva schifo camminare sul tappetino
rosso di sangue che avevo steso sul pavimento.
Ora io cammino come una bagascia sfondata ma so di
avere un vero amico,
anche se sono in Giappone.
Dice Bergomazzi, esperto di Giappone: "la
disciplina è la tomba dell'amore". E io sono
d'accordo. |
Cinque dita
di violenza.
Racconto ora un breve e sapido aneddoto per
introdurre, poi, la narrazione della mia ascesa tra
le schiere dei temibili guerrieri del
Kendo, di cui ho avuto
esperienza due sere fa.
Il
sapido aneddoto riguarda la tecnica
dell'esplosione del cuore con cinque colpi delle
dita: "la mossa più letale di tutte le arti
marziali. Lui ti colpisce con la punta delle dita e
comprime cinque punti diversi del tuo corpo. E poi
ti lascia andar via. Ma appena hai fatto cinque
passi, il tuo cuore esplode all'interno del corpo: e
tu cadi a terra, morto". Sì, questo è Kill Bill
ma, come al solito, nulla di nuovo sul fronte
orientale.
Infatti, la mossa prende spunto da un film del 1972,
Cinque dita di violenza
(Tian
xia di yi quan), diretto da Chang-hwa
Jeong. E' la storia di un ragazzo e del suo maestro
che cercano di iscriversi ad un torneo di arti
marziali, osteggiati da tutti i partecipanti che non
li vedono di buon occhio. Deja vu?
Più interessante, il film lanciò in Italia il filone
dei film di kung-fu, il cui unico esempio appena al
di sopra della linea di galleggiamento della dignità
è un imperdibile film di Mario Caiano,
Il mio nome è Shangai Joe.
Narra la leggenda, invero, che la prima volta che
compare realmente la mossa dei cinque colpi sia in
un cartone animato di Ken il
guerriero, ma nessuno è certo di questo.
Pare.
Io la mossa non l'ho ancora imparata, mi sto
impratichendo con la "mossa
velocissima delle cinquecento bastonate letali",
ma quando sarò pronto il maestro me la insegnerà.
«Tanto tempo fa, in Cina - si trattava
all'incirca dell'anno 1003 - il sommo sacerdote del
Clan del Loto Bianco Pai-mei stava camminando per
strada, contemplando qualsiasi cosa un uomo dal
potere infinito come Pai-mei potesse contemplare -
quando un monaco Shaolin apparve nella strada,
diretto dalla parte opposta. Quando il monaco e il
prete si incrociarono, Pai-mei, in una pressoché
inspiegabile dimostrazione di generosità, rivolse al
monaco un impercettibile cenno di saluto: il cenno
non fu ricambiato.
Intenzione del monaco era forse quella di insultare
Pai-mei?
O forse non era egli riuscito a vedere il generoso
gesto sociale?
Le ragioni del monaco restano ignote. Ma sono note
le conseguenze.
Il mattino seguente, Pai-mei si presentò al tempio
Shaolin e pretese che il sommo abate del tempio gli
offrisse il suo collo da tagliare, per rimediare
all'insulto. L'abate all'inizio cercò di consolare
Pai-mei, ma ben presto si accorse che Pai-mei era
inconsolabile. Così cominciò il massacro del tempio
Shaolin e di tutti i sessanta monaci che ospitava,
per mano del Loto Bianco.
E così cominciò la leggenda della Tecnica
dell'esplosione del cuore con cinque colpi delle
dita».
Io la mistica giapponese continuo a non capirla. |
Aerogami.
O, più comunemente, aeroplanini di carta. Prima di
cominciare, le istruzioni per costruire il modello
base che, nonostante la semplicità, è in grado di
dare le sue belle soddisfazioni, specie se scagliato
dal centoduesimo piano di un grattacielo non troppo
ventoso.
Qui.
Le teorie sul miglior modo di costruire un aereo di
carta sono molteplici e quasi nessuna concorde, vale
a dire la stessa cosa che succede per gli aerei
normali. Qualcuno sostiene che ci voglia
assolutamente la coda, per stabilizzare il volo,
qualcun altro dissente. Come
Edmond Hui che nel 1977 costruì il
Paperang, sul modello del
B2 Spirit da guerra, definendolo il miglior
aereo di carta del mondo.
In effetti, pare che faccia delle planate
incredibili anche se, a causa di una graffetta
necessaria alla costruzione, è un po' pesante.
Qui le istruzioni.
Di diverso parere è, invece,
Ken Blackburn che, con il suo aeroplanino
a coda, ha stabilito il
record mondiale di permanenza in aria:
27,6 secondi al chiuso.
Anche Michael O'Really
concorda con questa scuola di pensiero e posta
qui le istruzioni per costruire "il miglior
aereo di carta del mondo". Con coda.
E sono due, per ora, i migliori aerei di carta del
mondo. Punti di vista.
Naturalmente, come per ogni cosa, è stata fondata
un'associazione
di appassionati al volo cartaceo con tutto lo
scibile al riguardo riassunto in un sito. Esistono,
com'è chiaro, molti modelli di aerei di carta ed
alcuni, poco pratici per volare, sono
incredibilmente belli ed eleganti, mentre altri
garantiscono prestazioni notevoli tralasciando
l'estetica. Un po' di collegamenti a istruzioni per
costruire i modelli più disparati:
Fast Flying Paper Airplanes,
The best paper gliders,
Unusual Paper Aircraft,
My Favourite Paper Airplanes,
McShane's
planes,
Joseph Palmer's Paper Airplanes.
Se poi uno volesse, ma la vergogna ricada su di lui,
ci sono anche i modelli già pronti da stampare e da
piegare,
qui. Mi pare, però, che si annacqui banalmente
il significato dell'operazione.
Il fatto che costruire un aeroplanino di carta sia
sostanzialmente un'attività a perdere, mettendoci
molto di più a costruirlo che a farlo volare ed
essendo, più o meno, un'operazione che consente un
uso una tantum, rende il tutto, a mio parere,
molto affascinante.
Sto sperimentando in questi giorni, peraltro, il
valore terapeutico degli aeroplanini di carta, come
da vecchie immagini della Settimana Enigmistica o di
commedie americane anni Cinquanta: prendere un
foglio dal tavolo dell'ufficio, preferibilmente
importante e in scadenza, e farne tranquillamente un
aeroplanino. Guardarsi attorno in modo da essere
sicuri di essere visti e tirarlo fuori dalla
finestra con soddisfazione.
Un po' oleografico, forse, ma funziona, funziona
eccome. Fa passare le gastriti, il torcicollo,
l'ansia, fa bere meno caffè e riporta la serenità
interiore.
E ricicla utilmente la carta, fatto da non
trascurare. |
Amici per sempre.
Pinochet
ha avuto un infarto, di quelli robusti. Niente di
strano, avendo novantun anni, peccato solo non
l'abbia avuto trentatre anni fa, se non - meglio -
nella culla o all'oratorio mentre faceva la santa
comunione e veniva benedetto la prima volta.
Il commento del figlio Marco Antonio, brutto pure
lui: "Il suo destino è nelle mani di Dio". Il bello
è che è vero o, quantomeno, diciamo che la Chiesa
assiste pietosa alla fine del generale, esattamente
come ha assistito lieta all'ascesa e alla dittatura.
Ecco, infatti, il lesto
vescovo che si precipita al capezzale a
somministrare l'estrema
unzione (ora si dice "sacra unzione", pure
peggio): la sacra unzione
agli infermi è un sacramento e, come previsto dalla
Costituzione apostolica Sacram Unctionem
infirmorum (30 novembre 1972), ha la seguente
formula rituale: "Per questa santa Unzione e per
la sua piissima misericordia ti aiuti il Signore con
la grazia dello Spirito Santo e, liberandoti dai
peccati, ti salvi e nella sua bontà ti sollevi".
Ora, non voglio riscoprire per l'ennesima volta
l'acqua (santa) calda versata in favore di
personaggi quantomeno opinabili, la lista è risaputa
e lunga e potrei cominciare - per dirne una - dai
membri dell'Opus Dei presenti nei governi di Franco,
vorrei semplicemente utilizzare questo spazietto per
due scopi, principalmente: il primo, augurare la
morte a Pinochet il prima possibile, che ha già
abusato abbastanza di questo mondo e della vita in
generale, si tolga dai marroni che i danni sono già
molto ingenti; il secondo, offrire una piccola
galleria fotografica di dubbissimo gusto, tanto per
aggiornare la lista nera:
Qualche didascalia: il santo
padre ricambia la visita e va in Cile; suorine
devote che omaggiano lo statista; una bella
parata militare a Santiago per il capo dei
cattolici nonché rappresentante di dio in terra;
il presidente cileno in visita festosa a Roma
dal balcone di san pietro; il primo ministro
inglese riceve lieta un capo di governo
straniero; il segretario di stato americano
nonché Nobel per la pace omaggia l'amico
presidente cileno; il futuro presidente cileno
con il presidente cileno fino all'11 settembre
1973; la junta di governo cilena fa bella
mostra di sé nel settembre 1973.
Il capitolo non è ancora chiuso e non si
chiuderà di certo quando Pinochet leverà,
finalmente, le tende.
Tra le altre cose, resteranno a sua memoria la
Fondazione Pinochet e i
suoi sostenitori.
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Troppe
complicità per chi ha tradito un paese (di Luis
Sepulveda).
Sono
chiuso in casa da tre settimane per terminare un
romanzo, senz'altra compagnia se non quella del mio
cane Zarko e del mare, felice tra i miei personaggi,
ma dalle prime ore di domenica, ho cominciato a
ricevere delle telefonate dei miei amici e amiche
del Cile.
"Prepara i calici", mi dicono dal mio lontano paese.
Ho pronta una bottiglia di Dom Perignon in
frigorifero. È un riserva speciale e me la regalò a
questo fine il mio caro amico Vittorio Gassman una
sera a Trieste. "Spero che la berremo insieme", mi
disse in quell'occasione e sarà così, perché a casa
mia c'è un calice che porta inciso il suo nome.
Alla radio, una voce dice che il tiranno sta davvero
male e che, a quanto pare, stavolta la Parca se lo
porterà all'inferno degli indegni, anche se noi
cileni non ci fidiamo mai delle repentine malattie
che lo colpiscono ogni volta che deve affrontare la
giustizia.
Vorrei essere in Cile tra i miei cari e condividere
con loro la spumeggiante allegria di sapere che
finalmente finisce l'odiosa presenza del vile che ha
mutilato le nostre vite, che ci ha riempito di
assenze e di cicatrici. Pinochet non solo ha tradito
il legittimo governo guidato da Salvador Allende, ha
tradito un modello di paese e una tradizione
democratica che era il nostro orgoglio, ma in più ha
tradito anche i suoi stessi compagni d'armi negando
che gli ordini di assassinare, torturare e far
scomparire migliaia di cileni li dava lui
personalmente, giorno dopo giorno. E come se non
bastasse, ha tradito i suoi seguaci della destra
cilena rubando a dismisura e arricchendosi insieme
al suo mafioso clan familiare.
L'ex dittatore paraguayano, Alfredo Stroessner, è
morto poco tempo fa nel suo esilio brasiliano, pazzo
come un cavallo, dichiarando persone non gradite in
Paraguay cento persone al giorno i cui nomi estraeva
dall'elenco del telefono di Sau Paulo. Pinochet,
invece, muore simulando una follia che gli permette
fino all'ultimo minuto di fare assegni e transazioni
internazionali per nascondere la fortuna che ha
rubato ai cileni. Muore amministrando il suo bottino
di guerra con la complicità di una giustizia cilena
sospettosamente lenta.
Smette di respirare un'aria che non gli appartiene,
di abitare in un paese che non merita, tra cittadini
che per lui non provano altro che schifo e
disprezzo. Ma muore, e questo è quello che importa.
La sua immagine prepotente di "Capitán General
Benemérito", titolo di ridicola magniloquenza che si
autoconcesse, svanisce nella figura dell'anziano
ladro che nasconde il suo ultimo furto tra i cuscini
della sedia a rotelle.
Ma muore, e questo è quello che importa.
Prima di tornare al mio romanzo, apro il frigorifero
e palpo il freddo della bottiglia. Poi dispongo i
calici con i nomi dei miei amici che non ci sono,
dei miei fratelli che difesero La Moneda, di quelli
che passarono nei labirinti dell'orrore e non
parlarono, di quelli che crebbero nell'esilio, di
quelli che fecero tutte le battaglie fino a
sconfiggere il miserabile che ha gettato un'ombra
sulla nostra vita per sedici anni ma non ci ha tolto
la luce dei nostri diritti. Con tutti loro brinderò
con gioia alla morte del tiranno.
(traduzione di Luis E. Moriones) |
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