letturine del mese:
Gianni Rodari
Turista in Cina
Bohumil
Hrabal
Ho servito il re d'Inghilterra
Kurt
Vonnegut
Un uomo senza patria
Nick
Hornby
Non buttiamoci giù |
trivigante in 27
luoghi:
uno,
due,
tre,
quattro,
cinque,
sei,
sette,
otto,
nove,
dieci,
undici,
dodici,
tredici,
quattordici,
quindici,
sedici,
diciassette,
diciotto,
diciannove,
venti,
ventuno,
ventidue,
ventitre,
ventiquattro,
venticinque,
ventisei,
ventisette |

trivigante
2006 |
|
Aggiornamento
Biggest Contest Ever (cfr. b.site 24/07/07).
Prosegue senza sosta lo scontro tra
trivigante e
trofimov, il
cui scopo è iscrivere l'amico demone
pazoozo a tutte
le newsletters
più interessanti e gioconde della rete.
I colpi bassi non si contano, ne trovate un
resoconto qui nella colonna di sinistra e nel
foro. In totale, le iscrizioni hanno raggiunto
quota 98 e proseguono
senza posa. Naturalmente, si accettano laidi
suggerimenti e diaboliche dritte, si dirà il peccato
ma non l'ascoso suggeritore.
A titolo di aggiornamento, qui sotto il risultato di
una delle ultime iscrizioni ma, posso assicurare, ne
sono state fatte di molto molto migliori:
|
Onore al
comandante.
Il comandante
Giovanni Pesce è morto venerdì, dopo una vita
in cui non ha conosciuto e non ha concesso tregua,
la lotta non ha mai conosciuto pause, il valore del
suo pensiero e dei suoi racconti, che continuava ad
andare a fare di persona nelle scuole e nelle
assemblee, non è mai venuto meno.
Il comandante era un vero capo, uno di quelli che i
propri dubbi se li tiene per sé, uno di quelli che
sarebbe bello avere a fianco, uno di quelli che
quando c'era da sparare a una spia non si tirava
certo indietro: faceva quello che un capo dovrebbe
fare. Sempre.
Avevo già parlato altre volte di Pesce, per
consigliare la lettura di "Senza
tregua. La guerra dei GAP", libro
bellissimo che mi ha insegnato il significato della
lotta nella sua accezione più saggia e più dura.
Qualcuno, tempo fa, aveva spinto per la sua elezione
a senatore a vita, aveva promosso
un sito per la raccolta di firme, non se ne è
fatto niente. Questo sito esiste ancora e oggi
raccoglie
i messaggi di chi gli ha voluto bene che,
fortunatamente, sono tanti. E si può lasciare un
ricordo.
Io,
come ho già fatto un'altra volta, voglio riportare
la prefazione, sua, a "Senza
tregua", perché contiene tutto quello che
c'è da dire e tutto quello che, in futuro, c'è da
fare. Nessuna tregua, nessun riposo.
"Il titolo di questo libro — modesta opera che
dedico a mia figlia Tiziana e ai giovani che, oggi
impegnati nello studio e nel lavoro, si preparano ad
essere gli uomini e le donne di domani — consacra
l'impegno di chi vuole andare avanti.
I gappisti, gli uomini dei quali si racconta in
questo volume, non si fermarono mai davanti a nessun
ostacolo, a nessun pericolo. Le loro gesta occupano
un posto di rilievo nella storia della Resistenza
popolare contro nazisti e fascisti.
Chi furono i gappisti?
Potremmo dire che furono "commandos." Ma questo
termine non è esatto. Essi furono qualcosa di più e
di diverso di semplici "commandos." Furono gruppi di
patrioti che non diedero mai "tregua" al nemico: lo
colpirono sempre, in ogni circostanza, di giorno e
di notte, nelle strade delle città e nel cuore dei
suoi fortilizi.
Con la loro azione i gappisti sconvolsero più e più
volte l'organizzazione nemica, giustiziando gli
ufficiali nazisti e repubblichini e le spie,
attaccando convogli stradali, distruggendo interi
parchi di locomotori, incendiando gli aerei sui
campi di aviazione. Ancora non sappiamo chi erano i
gappisti.
Sono coloro che dopo l'8 settembre ruppero con
l'attendismo e scesero nelle strade a dare
battaglia, iniziarono una lotta dura, spietata,
senza tregua contro i nazisti che ci avevano portato
la guerra in casa e contro i fascisti che avevano
ceduto la patria all'invasore, per conservare
qualche briciola di potere.
Gli episodi più straordinari e meno conosciuti di
questa lotta si svolsero nelle grandi città, dove il
gappista lottava solo e braccato contro forze
schiaccianti e implacabili; sono coloro che
colpirono subito i nazisti sfatando il mito della
loro supremazia e ricreando fiducia negli incerti e
nei titubanti i quali ripresero le armi in pugno.
I gappisti non furono mai molti: alcuni erano
giovanissimi, altri avevano dietro di sé
l'esperienza della guerra di Spagna e la severa
disciplina della cospirazione, del carcere fascista
e del confino. Tutti, nel difficile momento
dell'azione, nelle giornate drammatiche della
reazione più violenta, quando la vita era sospesa a
un filo, a una delazione, a una retata occasionale,
tutti, giovani e anziani, seppero trovare la forza e
la coscienza di non fermarsi. Soprattutto, i
gappisti furono uomini che amavano la vita, la
giustizia; credevano profondamente nella libertà,
aspiravano a un avvenire di pace, non erano spronati
da ambizione personale, da arrivismo, da calcoli
meschini.
Erano dei "superuomini"? No di certo. Erano soltanto
degli uomini, ma degli uomini dominati dalla volontà
di non dare mai tregua al nemico. Il loro orgoglio
aveva radici profonde: coscienti del sacrificio di
tutti coloro che avevano sofferto impavidi carcere,
persecuzioni, sevizie ne rivendicavano la grandezza
e l'insegnamento. Senza l'autorità dei vecchi
militanti che avevano sofferto galera, confino, ed
esilio, durante il ventennio fascista, ai dirigenti
non sarebbe stato possibile esigere dai gappisti,
dai partigiani la disciplina più severa che
conduceva spesso alla morte più straziante, né ai
combattenti avere il cuore saldo per affrontarla.
Era soltanto orgoglio ed entusiasmo lo spirito che
animò i gappisti? Era un legame di reciproca fiducia
tra i vecchi militanti e i giovani, tra coloro che
avevano dimostrato di saper resistere sulla via
giusta prendo nuove prospettive e coloro che si
inserivano in una lotta che era la lotta eterna
contro la sopraffazione, il privilegio, la
schiavitù. Senza gli antichi legami del presente
oscuro col passato glorioso, davvero non vi sarebbe
stata la guerra di liberazione, non avremmo
riscattato l'onta del fascismo, "non avremmo
conquistato il diritto di essere un popolo libero e
indipendente."
Nel libro sono dedicate alcune pagine alla guerra di
Spagna. Se è vero che in terra spagnola il fascismo
fece la prova generale della successiva aggressione
all'Europa è altrettanto vero che in Spagna si
formarono, si temprarono i valorosi combattenti
della Resistenza italiana ed europea. Combatterono
il fascismo in Spagna gli organizzatori e i
comandanti gappisti come Barontini, Garemo, Rubini,
Bonciani, Leone, Bardini, Roda, Spada ed altri. Ed è
proprio in virtù degli antifascisti italiani delle
Brigate Internazionali che la Resistenza italiana
poté contare, fin dall'inizio, su molti uomini
politicamente e militarmente preparati, pronti cioè
ad affrontare con mezzi di fortuna un nemico bene
organizzato.
Via via questi stessi uomini seppero raccogliere
attorno a sé altri combattenti che si buttarono con
decisione nella mischia e lottarono con intelligenza
e coraggio fino alla Liberazione.
Il racconto delle loro gesta non vuole essere
soltanto un'ampia elencazione o illustrazione di
episodi di guerra. "Senza tregua" ha una morale
profondissima, valida oggi come ieri. È un
insegnamento che gli uomini, i giovani che furono
impegnati in drammatiche battaglie, hanno consegnato
ad altri uomini, ad altri giovani, oggi impegnati
nel lavoro o nello studio, perché sappiano lottare
per le libere istituzioni, la giustizia, la libertà,
la democrazia. Anche ora si devono infrangere le
resistenze al progresso, si deve conquistare
maggiore democrazia nelle fabbriche e nelle scuole;
anche ora si deve lottare per la pace nel mondo;
anche ora è dunque necessario lottare senza tregua.
I morti e i vivi si affollano nelle pagine del
libro. Sono volti sempre nuovi, pochi diventano
familiari perché pochi scampano. Sembra di averli
lasciati all'angolo di una strada e di ritrovarli
dopo. Li ritroviamo oggi. Riemergono nell'abisso
della memoria i molti che la morte ha ingoiato. Gli
altri sono diventati diversi: la vita "normale" ha
disperso quelli che un periodo di vita eccezionale
aveva riunito una volta.
Il tempo di "Senza tregua" è diventato leggenda.
Alcuni dei suoi eroi militano in differenti uniformi
o addirittura non militano affatto. Che è rimasto
dell'eroismo degli uomini? Soltanto la cara memoria
dei martiri e il ricordo dei migliori? Gli uomini
creano e scompaiono. E le loro opere?
E l'opera più solida è l'Italia antifascista, la
pace, la fratellanza dei popoli. E l'opera dei
protagonisti di Senza tregua. Tocca ai giovani
continuare sulla strada maestra, ai giovani
continuare la Resistenza". |
Il MIT? Poca roba.
Il GIT è la vera scuola.
A metà tra Harvard e il MIT c'è un
supermercato. Come in tutti i supermercati, c'è la
cassa rapida per chi acquista fino a dieci pezzi. E'
piuttosto frequente che a questa cassa si presentino
studenti con litri e litri di birra, patatine,
vaccate e tutto quanto serve per una serata di
studio profondo, cioè più di dieci pezzi.
La cassiera, che ci è abituata, pone sempre la
stessa domanda: "Ragazzuoli,
forse che siete del MIT e non sapete leggere cosa
c'è scritto sul cartello, dieci pezzi, oppure siete
di Harvard e non sapete contare?".
Una gag consumata. Però io, che fino a pochi anni fa
ero Rettore supremo del MIT e Magnifico Fondatore di
Harvard, cioè non sapevo nemmeno leggere i numeri,
soffrivo tanto per questa battuta, che metteva in
luce le mie lagune educationali. Così ho mollato
tutto e mi sono iscritto a una scuola vera, di
quelle che offrono una professionalità reale: il
GIT, il Guitar Institute
of Technology. Non il
KIT, il Keyboard Institute
of Technology, o il
VIT, il Vocal Institute of
Technology, ma il
GIT. Mi piace la chitarrabestia.
Fondato nel 1977, anni bellissimi quelli, ora sono
seduto a fianco di John
Frusciante, che continua a ripetere il giro
di do che non riesce a memorizzare, e il maestro,
Paul Gilbert, ex-Racer X,
è noto per essere il più veloce chitarrista hard
rock vivente. Noi tutti lo veneriamo.
Oggi pomeriggio, per darvi un'idea della scuola che
faccio, ho una lezione di un corso da due crediti, "Start
& run your own record label", alle 16.30 ho
due ore di "Introduction to
Salsa" e questa sera un seminario per
imparare a portare in scioltezza i sombreros
giganti. Come fa
Vicente Fernandez.
Alla luce della mia esperienza, dunque, vi dò un
consiglio: se desiderate andare a dormire in qualche
scuola, fatelo in una scuola davvero ganza, non
andate dalle suore. E non credete alla favola del
pezzo di carta.
 |
Mastella Bella (chedduepalle).
Il ministro
Mastella, titolare della stella della
Giustizia, ha secreto un
blog da qualche giorno nel quale cadauna al
popolo le proprie opinioni in libertà. In sostanza,
fa lo sceriffo doroteo, blogga come un adolescente
rincretinito e vive in un fantastico mondo popolato
di fatine che assiedono pimpanti sul trono fatato
della presidenza del consiglio regionale della
Campania. Campaniellino. Comunque, secerne
post nelle ore più adatte, prima delle otto e dopo
le otto, così che si capisca che è oberato dal
trabacco fastidioso. Per esempio: "Ora
basta, è necessario scrivere poche parole subito,
sia pur tra cento cose da fare". Oppure:
"Per essere stanco sono
stanco. Stasera sono veramente stanco".
E' stanco.
O,
almeno, così faceva all'inizio, ora commenta e posta
alle ore più disparate. Soprattutto se gli urge il
nervoso pensando a Di Pietro.
Che, secondo Mastella,
è più o meno un minchione con 'a capa colma di
pastiera: "E' possibile che
Di Pietro abbia passato più tempo di me sui libri
giuridici e sui testi di diritto. Il punto è che pur
studiando più di me non li ha capiti. Io invece
credo di aver afferrato il senso di quello che ho
letto". Ma non è questo che mi interessa.
Non sto accozzando questo post(ino) per belinare
sulle isolette di Di Pietro e amenità affini, mi
interessa di più bighellonare. Pare ormai assodato,
visto l'andamento degli spazi in rete, che la
maggior parte di coloro che hanno un blog per uso
personale e la maggior parte di coloro che hanno un
blog per uso commerciale (aziende) non sia in grado
di gestirlo. Tanto meno un uomo politico non
riuscirà mai a far fronte alla mole di commenti (o
insulti) che pervengono al suo diarietto di bordo.
Non ce l'ha fatta Flavia Vento,
che in quanto a tempo libero e conoscenze
informatiche è di certo superiore a
Mastella, figuriamoci
uno che dovrebbe - apparentemente - fare un lavoro
piuttosto complicato. E allora? Durerà poco, questo
è certo.
Immagino che qualcuno gliel'abbia detto, prima, che
avrebbe avuto qualche difficoltà, magari Pecoraro
Scanio, già travolto tempo fa. Eppure no, l'ha fatto
lo stesso, il blog. Ecco perché: "Nè
so se ho capito bene il significato di un blog.
(...) Come ho spiegato in un post precedente mi sono
solo interessato a questa nuova forma di
comunicazione, che mi consente di essere diretto e
spiegare in maniera semplice come vedo le cose.
(...) Più che per pubblicizzare le mie ragioni
insomma ho aperto il blog per avere un contributo
ulteriore dall'esterno e, di conseguenza, per
pubblicizzare le vostre ragioni. La politica non è
questo?". No, non è questo, la politica
non è questo. Scherziamo? Tanto desideroso di
avvicinarsi ai cittadini e di "pubblicizzare"
le loro ragioni, Mastella
si smarca addirittura da sé stesso: "Non
sono un politico di professione, ma soltanto un
cittadino che fa politica da anni perchè viene
eletto da altri cittadini. Se loro mi
"licenzieranno", come è un loro diritto, non sarò
più un parlamentare". Ridicolo. Ridicolo,
un po', anch'io, che non riesco a trovare il punto
di questo post. Mastella
mi manda in confusione.
Quindi, in conclusione: dò un mese di vita al blog
di Mastella e riverso
un po' di disapprovazione su di me, che parlo di
cose senza esserne capace. Ma durerò più di lui. |
Biggest contest
ever!
 |
|
Il nostro amico
pazoozo, demone
sopraffino, parte e se ne va in vacanza.
Buon per lui, si dovrebbe dire, ma
altrettanto si dovrebbe dire che andare via
e lasciare incustodite le proprie cose, alla
mercé di amici-iene come
trivigante e
trofimov, forse
non è la migliore delle idee.
Lui parte e noi ci dedichiamo beati al
Newsletter contest.
Come funziona? Funziona così. Da qui all'11
agosto, data di scadenza del
Big contest,
trivigante e
trofimov si
dedicheranno a iscrivere
pazoozo a tutte
le newsletters
più interessanti e gioconde della rete,
scegliendo accuratamente argomento e
trattazione.
Naturalmente verrà dato conto di ogni
singola registrazione in un apposito post
sul
foro di
trivigante.it.
Al suo ritorno,
pazoozo darà il suo insindacabile
giudizio su quale
newsletter si sia rivelata più utile,
quale più interessante, quale più
sofisticata e così via.
Ovviamente, trattasi di giuoco bellissimo
per chi resta e giuoca, non certo per chi
parte e subisce. Ma cosa vogliamo farci?
Siamo imbestemmiati, non riusciamo a fare
giochi semplici e delicati come raccogliere
fiorellini di campo... eh già, siam fatti
male, che dire?
Come opportuna informazione, a parte
l'indirizzo di posta elettronica reale, che
non divulgo, i dati di registrazione alle
newsletters
saranno: |
Nome e cognome:
Altero Pazoozo; Città di
residenza: Frosinone;
Età: 76; Titolo di
studio: master (preso di recente);
Professione:
pensionato. Questo dovrebbe essere sufficiente, il
resto a improvvisazione.
Direi che si può partire, dunque. Al
foro! Oppure, riassuntone nella colonna di
sinistra, senza commenti. |
Il mistero dei
libri più venduti.
Vagolo in qualche
classifica dei libri più
venduti della settimana dal
9 al 15 luglio, un po'
per vedere l'effetto che fa e un po' per vedere se
ne esce qualcosa di interessante. Via con il
confronto.
 |
Feltrinelli, per esempio, propone:
1.
Khaled Hosseini, Mille splendidi soli
2. Andrea
Camilleri, La pista di sabbia
3. Jonathan Coe,
La pioggia prima che cada
4. Gian Antonio Stella,
Sergio Rizzo, La casta
5. Khaled Hosseini,
Il cacciatore di aquiloni.
IBS, tanto per sceglierne una online:
1. Andrea Camilleri, La
pista di sabbia
2. Gian Antonio
Stella, Sergio Rizzo, La casta
3.
Khaled Hosseini, Mille splendidi soli
4.
Andrea Camilleri, La pista di sabbia
5. Carr
Allen, È facile smettere di fumare se sai come
farlo.
Arianna, stessa settimana, invece:
1. Khaled
Hosseini, Mille splendidi soli
2.
Gian Antonio Stella, Sergio Rizzo, La casta
3. Andrea Camilleri,
La pista di sabbia
4. Khaled Hosseini,
Il cacciatore di aquiloni
5. Jonathan Coe,
La pioggia prima che cada. |
Invertendo i fattori il risultato non
cambia, in sostanza la cinquina è quella, con
differenze rilevanti soltanto nella posizione in
classifica. Ora, c'è una differenza sostanziale tra
Feltrinelli,
IBS e
Arianna, poiché i primi due rilevano
semplicemente quanti libri hanno venduto nelle
proprie librerie o sul sito internet, il terzo,
Arianna, cerca invece di stilare una
classifica nazionale dei libri più venduti di
settimana in settimana. Il che significa, grossomodo
e con l'accetta, che ha circa 230 librerie campione
cui, ogni settimana, rivolge la fatidica domanda: "quali
sono i dieci libri più venduti?".
E ora la tesi, esposta con l'elegante prosa di
trivigante: le
classifiche dei libri più venduti su base
settimanale sono una gran
cagata. Essenzialmente per due motivi.
Il primo: suppongo che
la settimana di Natale sia la settimana in cui si
vendono più libri nel corso dell'anno e, di
conseguenza, il libro più venduto di quella
settimana avrà venduto almeno, che so?, centomila
copie, tanto per dire un numero a caso. Viceversa,
probabilmente il libro più venduto nella settimana
di ferragosto venderà, immagino, ottomila copie su
base nazionale o, magari, pure meno. Sempre numeri a
caso, ovvio.
Questo significa che, comunque, risulteranno
entrambi in classifica in periodi diversi dell'anno,
sfruttando in ogni caso l'effetto-traino della
classifica. Cacchio, se è al primo posto in
classifica dev'essere buono!
Il secondo: un libro a
caso, tipo - per esempio -
Il piccolo principe di
Saint-Exupéry, vale a
dire uno di quei libri che da quando è uscito non ha
mai smesso di vendere. Presumibilmente, essendosi
ormai assestato, potrebbe vendere
una copia ogni due settimane
in ogni punto vendita italiano, che son
ventunomilacinquecento, suppergiù. Il che, su base
annua, significa più o meno
cinquecentomila copie.
Non male. Soprattutto perché
non finirà mai in nessuna classifica dei
libri più venduti dove, invece, saranno citati libri
che hanno venduto molto meno ma in modo più
concentrato in qualche settimana. Qualche minchiata
di Vespa, per esempio. Nessun libraio citerà mai tra
i libri più venduti un libro che vende poco ma in
modo costante. Peraltro, non rientra nemmeno tra gli
interessi di una casa editrice promuovere via
classifica un libro non nuovo che si mantiene
costante nelle vendite.
Ne consegue, in sostanza, che le classifiche
registrano bruschi successi e movimenti improvvisi,
entusiasmi passeggeri e mode momentanee, spesso
dovute al Maurizio Costanzo Sciò, mona pure lui. Non
offrono, invece, dati importanti come
le tirature, le vendite
complessive, il numero di edizioni e così
via.
Le classifiche, quindi, sembrano registrazioni
neutrali, in realtà - di fatto - servono ad altro.
Amen. |
Un racconto breve.
Davanti alla
legge
di Franz Kafka (1914)
Davanti
alla legge c'è un guardiano. Davanti a lui viene un
uomo di campagna e chiede di entrare nella legge. Ma
il guardiano gli dice che ora non gli può concedere
di entrare. L'uomo riflette e chiede se almeno potrà
entrare più tardi. Può darsi" risponde il guardiano,
"ma per ora no".
Siccome la porta che conduce alla legge è aperta
come sempre e il custode si fa da parte, l'uomo si
china per dare un'occhiata, dalla porta,
nell'interno. Quando se ne accorge, il guardiano si
mette a ridere: "Se ne hai tanta voglia prova pure a
entrare nonostante la mia proibizione. Bada, però:
io sono potente, e sono soltanto l'infimo dei
guardiani. Davanti ad ogni sala sta un guardiano,
uno più potente dell’altro. Già la vista del terzo
non riesco a sopportarla nemmeno io".
L'uomo di campagna non si aspettava tali difficoltà;
la legge, pensa, dovrebbe pur essere accessibile a
tutti e sempre, ma a guardar bene il guardiano
avvolto nel cappotto di pelliccia, il suo lungo naso
a punta, la lunga barba tartara, nera e rada, decide
di attendere piuttosto finché non abbia ottenuto il
permesso di entrare. Il guardiano gli dà uno
sgabello e lo fa sedere di fianco alla porta. Là
rimane seduto per giorni e anni. Fa numerosi
tentativi per passare e stanca il guardiano con le
sue richieste. Il guardiano istituisce più volte
brevi interrogatori, gli chiede notizie della sua
patria e di molte altre cose, ma sono domande prive
di interesse come le fanno i gran signori, e alla
fine gli ripete sempre che ancora non lo può far
entrare. L'uomo che per il viaggio si è provveduto
di molte cose dà fondo a tutto per quanto prezioso
sia, tentando di corrompere il guardiano. Questi
accetta ogni cosa, ma osserva: "Lo accetto soltanto
perché tu non creda dì aver trascurato qualcosa".
Durante tutti quegli anni l'uomo osserva il
guardiano quasi senza interruzione. Dimentica gli
altri guardiani e solo il primo gli sembra l'unico
ostacolo all'ingresso della legge. Egli maledice il
caso disgraziato, nei primi anni ad alta voce, poi
quando invecchia si limita a brontolare tra sé.
Rimbambisce e siccome studiando per anni il
guardiano conosce ormai anche le pulci del suo
bavero di pelliccia, implora anche queste di
aiutarlo e di far cambiare opinione al guardiano.
Infine il lume degli occhi gli si indebolisce ed
egli non sa se veramente fa più buio intorno a lui o
se soltanto gli occhi lo ingannano. Ma ancora
distingue nell'oscurità uno splendore che erompe
inestinguibile dalla porta della legge.
Ormai non vive più a lungo. Prima di morire tutte le
esperienze di quel tempo si condensano nella sua
testa in una domanda che finora non ha rivolto al
guardiano. Gli fa un cenno poiché non può ergere il
corpo che si sta irrigidendo. E il guardiano è
costretto a piegarsi profondamente verso di lui,
poiché la differenza di statura è mutata molto a
sfavore dell'uomo di campagna.
"Che cosa vuoi sapere ancora?" chiede il guardiano,
"sei insaziabile". L'uomo risponde: "Tutti tendono
verso la legge, come mai in tutti questi anni nessun
altro ha chiesto di entrare?".
Il guardiano si rende conto che l'uomo è giunto alla
fine e per farsi intendere ancora da quelle orecchie
che stanno per diventare insensibili, grida: "Nessun
altro poteva entrare qui perché questo ingresso era
destinato soltanto a te. Ora vado a chiuderlo". |
Accanimento contra
personam. Colpirne uno per sfancularne uno.
Oggi, in modo del tutto consapevole,
mi accanisco contro un tizio,
uno solo.
Non so chi sia, non so che faccia abbia, mai visto.
Il mio è accanimento disinteressato.
Per
quale motivo? Per allenamento sportivo mio
personale, per il gusto di farlo, perché - pur non
commettendo nulla di illegale, fino a prova
contraria - il tizio
occupa un po' troppe poltrone, secondo
italico costume. E questa cosa a me riesce
fastidiosa oltre ogni limite, infatti l'ubiquità del
culo flaccidamente appoggiato su diverse poltrone
riflette in modo direttamente proporzionale la
moltiplicazione invereconda delle società statali,
degli Enti pubblici, delle società create ad hoc
proprio per dare una congrua pagnotta e una sedia
comoda a questa categoria di stronzi:
gli occupa-poltrone
professionisti.
In questo, sono stato stimolato all'indagine dall'articolo
di oggi di Antonello Caporale su Repubblica.
Ed ecco il tizio: Massimo
Monzani, nato il 21/06/1954 a Osio di
Sotto (Bg), diploma in ragioneria come vetta più
alta del curriculum studiorum. Cominciamo
bene, complimenti.
Ora, vado a elencare le
poltrone su cui appoggia le sue poco auguste
chiappe o, almeno, quelle che io ho rintracciato
smanettando banalmente in rete muovendomi di azienda
in azienda. Parto soft e calo i carichi pesanti in
fondo, se ne vedono di interessanti. Di sicuro, deve
avere giornate da ottantadue ore, lui.
Uno:
ha un suo studio di
commercialista, lo studio
Monzani Commercialisti Associati, appunto, via
Pignolo, 27, Bergamo – Tel. 035.240402, Codice
Fiscale e Partita IVA 03253240166, dati pubblici.
Per professione, è revisore contabile di una miriade
di organizzazioni come, per esempio,
Bergamo Mercati, ma queste non sono
conteggiabili come poltrone, fa parte della voce
uno.
Due:
dal 13 giugno 2004 è assessore
al Bilancio, senza essere consigliere, del
comune di Osio di Sopra
(Bg), giunta di centrodestra, il cui sindaco
Cologni è, sul sito
della Lega, un "fiero e impavido guerriero padano".
Di bene in meglio.
Tre:
esercita la professione di docente per l'ANREV,
Associazione Nazionale Revisori Contabili, a Como,
sul tema "Controllo societario e revisione dei
conti", come da
locandina di esempio.
Niente di eclatante, almeno per questa voce.
Quattro:
dal 2000 è presidente e legale rappresentante dell'Associazione
Casa Amica di Bergamo, organizzazione che si
occupa di housing sociale, dopo esserne stato
vicepresidente e tesoriere. La base sociale
dell'Associazione è molto interessante, una specie
di grosse koalition locale: tra gli altri,
Provincia di Bergamo, Comune di Bergamo, i Comuni di
Albino, Albano Sant’Alessandro, Costa Volpino,
Dalmine, Lovere e Osio Sotto, associazione
Costruttori edili Bergamo, associazione Diakonia
onlus della Caritas diocesana, associazione NordSud
di Cgil, Cisl e Uil Bergamo, Opera Pia Misericordia
Maggiore, associazione Burkinabè lombarda,
associazione Ivoriani a Bergamo, associazione
Senegalesi bergamaschi, Società Mutuo Soccorso tra
Senegalesi a Bergamo. Insomma, Cgil, Caritas, Acli,
Enti pubblici, edili, opere pie e - pure! - i
misteriosi senegalesi bergamaschi. Una discreta
potenza che riceve finanziamenti anche dal
Ministero della Solidarietà
sociale.
Cinque:
collegato alla carica di presidente di
Casa Amica, Monzani ricopre il ruolo di
presidente della Commissione
Alloggi del
Consiglio Territoriale per l'Immigrazione
della Prefettura di Bergamo, ente previsto dal
decreto 394 del 31 agosto 1999. Non si trascuri
questa informazione, visto che da un lato
Monzani decide per la
Prefettura la ripartizione degli alloggi sul
territorio, dall'altra, con l'associazione, li
costruisce e li assegna. Sempre cosa legale, per
carità.
Sei:
è
consigliere di amministrazione di
Infracom Italia SpA, azienda di Verona che si
occupa di servizi di TLC, IT, di outsourcing alle
imprese, di infrastrutture tecnologiche e dei
servizi di telecomunicazioni per gli
operatori autostradali.
A livello aggregato, il Gruppo Infracom ha 863
dipendenti e oltre 5.000 aziende clienti. Attenzione
alla questione "autostrade",
tra poco avrà significato.
Sette:
ora vengo ai carichi pesanti; è
consigliere di amministrazione e membro del Comitato
direttivo della società
Autostrada Brescia - Verona - Vicenza - Padova
"Serenissima" S.p.A., il cui scopo è la "costruzione
ed esercizio dell'omonima Autostrada e di quelle o
tratti di esse contigue, complementari o comunque
tra loro connesse" in concessione dallo
Stato. Le cariche sono attualmente in rinnovo,
quanto detto, però, vale almeno fino a ieri.
Comunque, la società gestisce l'autostrada
Brescia-Padova e Monzani,
con Infracom (poltrona
6), le vende le infrastrutture tecnologiche e i
servizi di telecomunicazioni. Bravo, davvero.
Ora, tra le
società partecipate e controllate da
"Serenissima" S.p.A. ve
ne sono tre interessanti: la prima è
Infragruppo S.p.A. che
controlla a sua volta totalmente la società
Infracom Italia SpA, di cui
Monzani è consigliere
di amministrazione (poltrona 6), guarda caso (qui
la dichiarazione di acquisizione); la seconda e la
terza sono
Serenissima Investimenti e
Serenissima Trading S.p.A.. Tutte e tre ci
rimandano direttamente ai punti seguenti,
incasinando le cose con il giochetto delle scatole
cinesi.
Otto:
tra le società direttamente controllate da
"Serenissima" S.p.A.,
vi è la
Serenissima Investimenti S.r.l., di cui
Monzani è
amministratore unico, nominato con atto del 13
febbraio 2006 a tempo
indeterminato. La società si occupa di
coordinamento e gestione di alcune partecipazioni
del Gruppo. Quali partecipazioni?
Nove:
la prima è Serenissima Trading
S.p.A., che si occupa di valorizzazione delle
aree di servizio e di sosta, nonché dei servizi resi
all'utenza; manco a dirlo,
Monzani è nominato presidente e consigliere
con atto del 10 maggio 2005.
Dieci:
la seconda è Res Bergamo srl,
società costituita con la finalità di acquisto,
vendita, permuta, costruzione, ristrutturazione,
gestione e amministrazione di beni immobili. E, ma
che sorpresa!, l'amministratore unico è
Monzani, nominato con
atto del 21 dicembre 2004 finché la nomina non è
stata revocata di recente.
Undici:
la già citata Infragruppo
S.p.A., che controlla totalmente la società
Infracom Italia SpA (poltrone 6 e 7), fino alla
revoca del 19 dicembre 2005 vedeva come
amministratore unico Monzani,
anche qui. Quando Infragruppo
S.p.A. ha comprato
Infracom Italia SpA, Monzani è andato a fare il
consigliere nella seconda.
Dodici:
una controllata indiretta di
Serenissima Investimenti è la società
Res Abano Terme srl,
società costituita per sviluppare un'iniziativa
immobiliare in Abano Terme (PD); amministratore
unico? Monzani, fino al
31/12/2005.
Tredici:
un'altra controllata indiretta di
Serenissima Investimenti è la società
La Giada Spa, di cui
Monzani è nominato
consigliere con atto del 20 aprile 2006. La società
si occupa della manutenzione del verde, tra cui
anche lo scarso verde ai margini dell'autostrada
Brescia-Padova.
Quattordici:
e ancora: un'altra controllata indiretta di
Serenissima Investimenti è
Ristop srl, che si occupa di grande
distribuzione, cioè - in soldoni - porta la merce
agli autogrill, tra le altre cose. Fino
all'approvazione del bilancio 31 dicembre 2007,
Monzani è consigliere
di amministrazione.
Quindici:
ma se gli abitanti del Veneto si lamentano perché
l'autostrada produce un rumore infernale, a chi si
rivolge
Serenissima Investimenti? Ovviamente a una sua
partecipata, alla Acufon Spa.
Il 20 aprile 2006, giornata memorabile per
Monzani, sempre lui
viene eletto consigliere di amministrazione.
Per fortuna di Monzani, buona parte di queste
società controllanti e controllate stanno
fisicamente nello stesso posto, come è possibile
vedere in questa
mappetta. Gli basta attraversare un paio di
vialetti e cambiare poltrona, per fortuna sua la
cosa non dev'essere particolarmente complessa.
Ma non è del tutto finita, anche se ormai qui si
sfocia nel folklore:
Sedici:
fino a poco tempo fa, Monzani
era presidente di
Blu Basket, società di pallacanestro di
Treviglio (Bg), unitasi alla squadra di Osio Sotto,
paese natale del Monzani,
appunto. Furono gli anni duri, quelli della serie B,
ma anche qui una poltrona c'era sempre.
Brevi conclusioni: sono abbastanza certo di
non essere riuscito a esaurire tutte le cariche che
Monzani riveste, poiché
la galassia societaria di
"Serenissima" S.p.A. è davvero intricata, fatto
dimostrato anche dalle due interrogazioni
parlamentari,
una al Senato del 2004 e
una alla Camera del 2007, che chiedono proprio
di chiarire le partecipazioni e i ruoli societari di
parecchi personaggi, tra cui - appunto -
Monzani.
Perché sui giornali non si parla di questo tipo di
persone? Perché non scandalizza nessuno che uno
possa - come minimo - stare in
dodici consigli di amministrazione e in
un consiglio comunale?
Non ho parole, Monzani
fanculo, una tra le cose che mi spiace di più è non
essere riuscito a trovare una sua fotografia, anche
sfuggente; se qualcuno la trovasse, vi prego,
inviatemela. Devo capire. Non posso continuare a
immaginarmelo, dovrà pure avere una faccia, no? Non
inviatemi foto di culi e chiappone in bella mostra,
grazie, quello già lo so. |
L'ora
dell'aneddoto (politico): Fantozzi, è lei?
Aldo
Moro aveva un segretario particolare,
Sereno Freato (qui
la sua ultima intervista, buffo quando racconta la
prima volta che sentì il nome di
Berlusconi, tra
l'altro), che a sua volta aveva un portaborse che,
anche lui, aveva un segretario. Quest'ultimo
segretario, un devoto giornalista di cui è ormai
difficile rintracciare il nome, era uso chinarsi di
45 gradi quando Moro arrivava in macchina a
Palazzo Chigi, per
rendergli gli onori. Raccontano le cronache di
palazzo che una mattina ci fu un minuscolo scarto di
tempi tra l’inchino del giornalista e l’apertura
della portiera dell'auto di Moro. E la porta finì
col colpire violentemente la fronte del tizio in
questione. Un attimo di mancamento, mentre sulla
fronte si gonfiava un bozzo, poi il giornalista,
ansiosissimo, si rivolse a Moro così: "Fatto danno
alla carrozzeria, Eccellenza?". |
L'ora
dell'aneddoto (politico): Radiorepubblica.
Il
27 ottobre del 1946 un decreto del presidente del
Consiglio, Alcide De Gasperi, promuove un
concorso per ideare l’emblema
della Repubblica nata dal referendum del 2
giugno. Si costituisce una commissione di
costituenti, si lanciano annunci sui giornali e per
radio, arrivano 197 disegni di 96 artisti,
disegnatori, persone qualsiasi.
Uno tra i loghi proposti per il concorso era sì
fatto: "un microfono
radiofonico che manda raggi di luce porporina tutt’intorno
e che contiene l’emblema dell’antica Roma, cioè la
lupa che allatta i due bambini". Magari, che
meraviglia sarebbe stata! Oggi andrei davvero fiero
del mio passaporto e continuerei a comprare marche
da bollo per capacitarmi del microfono.
Peccato, vinse il pittore
Paolo Paschetto, abitante in Roma, via
Eleonora Pimentel, 2, e così ci becchiamo la stella
con l'ingranaggio turrito e tutto il resto che si
sa. Pizzoso. |
L'ora
dell'aneddoto (politico): Renato, Gianni, Johnny,
Kiki, Gaia e sailcazzoancora in Senato.
Il
Senato della Repubblica
spiegato ai bambini, sul
sito
del Senato. Ora, visto che non potrebbe
importare di meno agli adulti, mi interrogo
sull'utilità di una spiegazione ai bambini che, mi
auguro, dovrebbero essere altrove. Ovunque ma
altrove. Comunque, il metodo didattico (anno 2005)
propone nell'ordine: un
fumetto così concepito: "Johnny
torna nel 21° secolo per cominciare la sua ricerca
scolastica sul Senato italiano: l’insegnante-droide
di educazione civica è molto esigente, così il
nostro cronauta si fa guidare da Gianni all’interno
di Palazzo Madama, dove grazie al suo computer da
polso può elaborare le schede riassuntive sul
Senato. Grazie alla macchina per l’invisibilità i
ragazzi entrano nel Senato: tutto dovrebbe andare
liscio, ma non si sa mai quando c’è Kiki di mezzo!".
Ma che spasso, ma che divertisment, ora prendete il
vostro Fruttolo, cacatevi in braghe e guardate
qui. O porcozzio, c'è anche una seconda
puntatona,
qui. Divertimento senza fine. Fiiico, c'è anche
il
video con l'animazione bulgara!
Vabbuò,
non sono mica soddisfatto, voglio capire meglio come
funziona 'sto Senato. Ecco
Renato, l'assistente al Senato,
qui. Maddai, che rincojoniti!, non può essere
vero... Renato? Sì, Renato: "Ehilà!
Mi chiamo Renato e sono assistente parlamentare in
Senato. Il mio lavoro consiste nel dare una mano ai
senatori, agli altri dipendenti del Senato e a tutte
le persone che vengono in visita come te".
Questo filmato in flash, almeno, esteticamente è più
interessante e rivelatorio; infatti, spiega
come fanno i senatori a
ricordarsi come utilizzare i pulsanti per il
voto: "Gaia: Guarda Renato,
c’è un asino che vola! Renato: Ma no… E’ solo un
modo per insegnare ai senatori il significato dei
pulsanti del sistema di votazione elettronica. La
scritta si ferma al centro dello schermo, si
scompone e diventa A-SI-NO. A per astenuto, SI per
votare a favore, NO per votare a sfavore".
Complimenti ai senatori, ecco perché volevano il
gelato alla buvette.
Alla fine, sempre per educare i nostri giovanetti al
funzionamento istituzionale, c'è pure una roba
pallosissima che al confronto l'intervallo RAI era
un rave party da sturbo:
qui.
Tutta questa bella paccottiglia, la potete trovare
qui. Occhio che serve un adsl da
cronauti (sic!) del
futuro. Naturalmente, io preferisco non conoscere
l'entità dell'investimento. Poi va a finire che
scopro che li ha disegnati Lunardi e mi va di
traverso il fruttolo. |
Il paradosso della
sentinella.
Un
forestiero incontra Sancho
Panza e gli pone quella che è conosciuta come
la prima versione del
paradosso della sentinella:
forestiero: "Signore,
un largo fiume divideva due province d'un medesimo
stato. Stia bene attenta la Signoria Vostra, perché
il caso è di grande importanza e un po' difficile.
Dico dunque che sopra questo fiume c'era un ponte, e
in cima a questo ponte una forca e un tribunale,
dove di solito stavano quattro giudici, che
giudicavano secondo la legge fatta dal padrone del
fiume, del ponte e dello stato; la qual legge era
cosi formulata: "Se uno passa su questo ponte da
una riva all'altra, deve prima dichiarare con
giuramento dove va e quel che va a fare. Se giura il
vero, sia lasciato passare, ma se mente, sia
impiccato sulla forca qui inalzata senza alcuna
remissione". Conosciuta questa legge e la
rigorosa condizione, molti passavano lo stesso,
perché dopo che s'era riscontrato che quanto
dichiaravano sotto giuramento era perfettamente
vero, i giudici li lasciavano passare liberamente.
Ora accadde una volta che un tale, invitato a
giurare, giurò e disse: "Giuro che passo di qui
per andare a morire su quella forca laggiù, e non
per altra ragione".
I giudici rifletterono a questo giuramento e
dissero: "Se quest'uomo lo lasciamo passare
liberamente, ha giurato il falso e secondo la legge
deve morire; ma se noi l'appicchiamo, siccome egli
ha giurato che passava per andare a morire su quella
forca, allora ha detto verità, e secondo la stessa
legge, avendo giurato la verità, deve esser lasciato
libero".
Ora, si domanda alla Signoria Vostra, signor
governatore, che cosa faranno i giudici di quest'uomo?
Poiché essi sono ancora lì, incerti e dubitosi.
Siccome son venuti a conoscere l'acuta ed elevata
intelligenza della Signoria Vostra, mi hanno inviato
a supplicarla da parte loro a voler dare il suo
parere in un caso cosi intricato e dubbio".
Sancho
Panza: "Quei signori giudici avrebbero potuto
risparmiarsi l'incomodo perché io son uomo più rozzo
che fino. Tuttavia, ripetetemi il caso in maniera
che lo intenda bene, e chissà che non possa dar nel
segno".
L'uomo è ancora lì che attende di conoscere la
propria sorte, con evidenza, se sarà appiccato
o se sarà lasciato libero, così come il
Don Chisciotte resta un
eccezionale serbatoio di incongruenze, di riflessi,
di realtà dinamica che sposta il punto di vista del
lettore. Questo post è per ricordarmi che esistono
libri meravigliosi che non vanno dimenticati.
Leggere o rileggere. |
Grande notizia.
E' tornata, è tornata, ora so cosa devo fare e cosa
devo dire (sempre testuale, amo questa donna, ehm,
naif): "ciao ragazzi,sono tornata!!!so che vi
sono mancata
tanto..e
quindi eccomi qui di nuovo!! vi scrivo questo post,perche'
la mia guerra contro chi fa del male verso gli
animali,e' appena cominciata. ho scoperto che ai
poveri cavalli che corrono nelle gare gli
viene somministrato qualsiasi tipo di droga e
tranquillanti. un orrore i cavalli impazziscono e
sono costretti a vivere con questo tipo di
trattamento finche'non vanno al macello. vi prego di
aiutarmi a raccogliere delle firme per poi fare una
grande denuncia".
http://flaviavento.leonardo.it/blog
Naturalmente, hanno ripreso anche a prenderla
per il culo. Non si fa, cacchio, non si fa. |
La bicamerale che
funziona.
Esordio
populista: quale è stata nel 2004 l'istituzione
pubblica con il più alto tasso di assenze per
malattia? Secondo la Corte dei Conti, la
Presidenza del Consiglio dei
Ministri, con più di un mese di assenza pro
capite per ogni dipendente della Presidenza. Forse
non hanno cambiato i filtri dei condizionatori,
oppure c'è stata una mousse avariata alla mensa, che
dire? Inutile pretendere un paese diverso, se dalla
cima scendono rivoli che invitano, come minimo, alla
timida emulazione.
Venendo ad altro, interessante è il caso di una
cooperativa milanese,
Movicoop.
Fondata nei primi anni Ottanta dal cossuttiano
Ruggero Parisio,
Movicoop assume via via la gestione dei magazzini
Fininvest, ora
Mediaset, e fornisce
alla società televisiva manodopera nel settore della
produzione televisiva, diventando, di fatto, una
cooperativa in regime di monofornitura.
In un'interessante
interrogazione parlamentare dell'11 dicembre
1996 (!), alcuni deputati spiegano che
Movicoop "dal 1984
ha ampliato il proprio oggetto sociale, come si
desume dallo statuto sociale, dal facchinaggio ad
«attività di movimentazione scenografica, attività
di allestimento delle scenografie, attività che
comportino l'uso di elettricisti, aiuto-macchinisti,
servizi cameramen e riprese audio, telefoniste,
hostess, telemarketing, servizi di receptionist,
segretariato per produzioni e redazioni televisive»,
soprattutto a favore del gruppo Mediaset".
In
pratica, fin da allora,
Mediaset ha esternalizzato dipendenti,
attrezzature, magazzini e servizi a una cooperativa
ultra-rossa, di area cossuttiana, come viene
rilevato sempre nell'interrogazione: "del
collegio dei sindaci di questa cooperativa hanno
fino a pochi mesi fa fatto parte membri dirigenti
della Camera del lavoro metropolitana di Milano (Cgil),
mentre nel consiglio di amministrazione
sono presenti aderenti al
partito di rifondazione comunista".
L'integrazione tra la cooperativa e la società
televisiva è pressoché totale: "Movicoop
partecipa in modo integrato al ciclo produttivo di
Fininvest/Mediaset attraverso la prestazione
professionale dei propri soci (che sono circa
duecento), che di fatto vanno
ad intermodularsi e/o a sostituirsi ai dipendenti di
quel gruppo televisivo, di cui utilizzano i
mezzi tecnici (dollies, elettrogruppi, eccetera) e
dai cui dirigenti sono
gerarchicamente comandati, e rispettano gli
orari di lavoro e delle produzioni del gruppo in
modo continuativo da oltre dieci anni circa". E
sono bei soldi, una crescita
continua: il fatturato, infatti, è di "6.200
milioni nel 1990, lire 8.000 milioni nel 1991, lire
10.700 milioni nel 1992, lire 12.100 nel 1993, lire
10.905 nel 1994, lire 12.935 nel 1995".
Non c'è che dire, una bella
bicamerale che resiste solida da oltre vent'anni.
Intendiamoci, mica nulla di illegale, ci
mancherebbe, sempre solo una questione di
opportunità. Non credo, infatti, a chi sostiene che
"il lavoro è lavoro",
tantomeno a chi pensa che l'importante sia lavorare,
non importa per chi.
Importa eccome, invece.
Perché questa storiella su
Movicoop? Al di là del fatto curioso in sé, i
nemici che lavorano a braccetto senza mai uno
screzio, sapere che una cooperativa rossa,
rossissima, di fatto lavora e viene comandata da
Mediaset, aiuta a chiarire alcune dichiarazioni
sibilline altrimenti non così lampanti, come per
esempio quella di Marco Rizzo
(comunisti italiani, cossuttiano) sull'eventuale
riduzione di una rete dell'impero Mediaset: "Sul
resto Bertinotti sbaglia. E' assurdo, infatti,
pensare o desiderare un qualunque dimagrimento
dell'azienda Mediaset che correrebbe soltanto
il rischio di essere pagato
prima di tutto dai lavoratori". Vero,
almeno adesso so esattamente di chi sta parlando.
Bertinotti
(Rifondazione) attacca Mediaset,
Rizzo (Comunisti
italiani) la difende. Tutto chiaro, no? In fin dei
conti, se Retequattro da dodici anni è illegale e
nessuno fa nulla, qualche motivo c'è, nulla accade
mai per caso. Oliviero
Diliberto sul Corriere,
28 marzo 2006: "Ringrazio pubblicamente Mentana
per la centesima volta. Dopo il duello a Matrix ho
ricevuto una quantità di segnali che non avevo mai
avuto nella vita. Nei tre giorni successivi il sito
online del Pdci ha registrato 1500 richieste di
iscrizione, una cosa pazzesca. È il potere della tv".
Ed è il paradosso: Berlusconi attacca le coop rosse,
con cui lavora con profitto, a sinistra difendono Mediaset,
la fabbrichetta del nemico giurato. Interessante,
davvero. |
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