letturine del mese:
Giuseppe
De Lutiis
Il golpe di via Fani
Alberto
Franceschini
Mara,
Renato e io
Anna Laura
Braghetti, Paola Tavella
Il
prigioniero
Aldo Giannuli
Bombe a
inchiostro
Charles
Dickens
David
Copperfield |
commenti:
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trivigante
2006 |
|
L'Internazionale
comunista.
Via Tarascon
(Tartarino di), arrivo ad
Arles.
Oggi diluvia a secchiate, maledetto
Mistral,
non riesco a capire come funzioni: ieri sera il
cielo era una mappa astronomica e io avrei giurato
di bearmi al sole; oggi, invece scorrono nuvole nere
che mi fanno mal presagire per la giornata.
Certe sere, invece, giurerei che stia per venire giù
il cielo e, invece, segue sole.
Avevo
programmato di andare a piedi al
Pont du Gard,
piano saltato, treno per
Arles.
Comunque, causa pioggia appunto e coincidenza, dopo
alcuni giri canonici, arena (come attestato da
chiara testimonianza a sinistra), anfiteatro, terme
di Costantino, chiostro e chiesa di
Sant Trophime,
gli strepitosi
Alyscamps e un numero generico di caffè olé,
mi imbatto in una sede del
PCF.
Questa a destra.
Magari malandato ma loro ce l'hanno ancora.
Non so bene per fare cosa ma entro. Buongiorno
compagni, lavoratori, amici. Loro sono in sei, mi
salutano calorosamente, vogliono sapere da dove
vengo, perché e percome. Dico Italia, un po'
timoroso, e spiego che sto seguendo, per ora, il
Rodano. Loro non fanno una piega, mi offrono un
caffé e parlano un po' del tempo. Forse l'ho
scampata, non mi hanno chiesto nulla, meno male,
altrimenti come glielo spiego?
Cosi'
mi offro di aiutarli e passo due ore, belle, a
formare dei piccoli mazzi di rose rosse e gialle per
domani. Eh si', domani è un'altra bella festa. A un
certo punto, il più anziano, il quale sta solo
fingendo di lavorare ai mazzetti lasciando alle
donne e allo straniero il compito nemmeno troppo di
nascosto, vede che ho con me una copia di "Repubblica"
di un paio di giorni fa e me la chiede.
Legge interessato, non capisco se capisce. Poi, dopo
un po', alza la testa e mi fa: "Chi
é Schifani?". Ommerda... e adesso? Io
non lo so mica bene
cos'è uno
schifani... Sto schiscio: è un
fedelissimo di Berlusconi, non so esattamente
da dove venga, credo sia avvocato, azzardo,
non mi viene in mente nulla di ascrivibile a
Schifani.
E, nel frattempo, penso: a me Schifani piace.
Fisicamente, intendo. Avete presente quando si
arriva su Marte e subito una creatura deforme e
mutante, con la testa piena di bozzi e occhi enormi,
si avvicina strisciando e chiede qualche pasticca di
droga potentissima che lo sta, evidentemente,
devastando fino alla morte? Ecco, io penso a
Schifani, quando penso a Marte.
Il signore rista e continua a leggere, tace, finché
mi guarda per un po' e si vede che ha dentro la
pressione che deve uscire. Io faccio finta di nulla
e assolutamente non lo devo guardare. Ma è quello a
fianco a me che, a tradimento, sbotta: "Ma com'
e' possibile? Eravate anche al governo e poi, dopo
quindici anni, ancora Berlusconi... e poi con i
cattolici". Sono fottuto.
Eeehm, lo so, ma sapete... le tasse...
l'evasione fiscale... l'alternanza... siamo sempre
stati democristiani... eh, lo so, i fascisti, è
vero, pero' c'è il partito democratico, è nuovo, è
un progetto a lungo termine... cazzo. Non
convincerei un sordo.
Compagni: non lo so. Non ne ho idea, nemmeno la
più pallida. Poi ho un vago recupero: eh,
come voi con Sarkozy, solo che noi lo sapevamo,
prima. Capiscono e non insistono. Anzi, sono
pure più affettuosi di prima. Grazie, ne avevo
bisogno.
Finisco i miei mazzetti, sono quasi riconoscente, mi
alzo, saluto e ringrazio, sto per prendere la porta
quando sento dietro di me: "Pero' un fascista a
Roma...". Faccio il signore, dico "touché'"
invece che "E Le Pen?", sorrido
indietreggio ed esco, comunque molto contento.
Buon primo maggio a voi, amici.
|
Una comparazione
ingenerosa.
Ad
Arles
trascorse molto tempo, e con gran diletto,
Van Gogh.
Dipinse parecchio, qui, compresa la famosa stanzetta
con letto e seggiolina, peraltro ancora visitabile.
A prescindere da cio' che penso io al riguardo (sopravvalutato),
dipinse moltissimo qui, angoli, piazzette, ponti e
viali.
Allora, non posso non proporre una comparazione: il
ponte di
Trinquetaille dipinto da Van Gogh
e lo
stesso ponte fotografato da
trivigante,
oggi:
Beh,
che dire?, almeno il platano è cresciuto.
|
Vous êtes
papistes?
Courthezon,
Bedarrides,
Sorgues-Chateauneuf du Pape e poi
Avignone,
come appare evidente dal solito autoscatto qui sotto
al ponte rotto di
Saint Bézenet,
il ponte della canzone "Sur
le pont d'Avignon / On y danse, on y danse / Sur le
pont d'Avignon / on y danse, tout en rond".
Il Santo in questione fece costruire il ponte, poi
danneggiato nella crociata contro gli Albigesi e
definitivamente rotto da una piena del Rodano due
secoli fa, perché glielo ordino' la voce di dio,
tuonando dal cielo.
Se
dovessi contare i ponti, le chiese, gli ospedali e i
monasteri, i santuari costruiti per ordine divino,
converrei che il signore ha una predilezione per
l'urbanistica.
Comunque, penso che l'istituto dell'apparizione
divina sia decisamente da ripristinare, con
vantaggio per tutti: "Ascoltate tutti, mi è
apparso il signore e mi ha detto che Alemanno non
puo' governare, innalziamo templi e lodi al signore"
e cosi' via. Non male. "Iddio lo vuole!".
Ecco, mi ero ripromesso di non parlare di Rutelli,
accidenti, perché sono seduto sotto i platani,
enormi, di rue
des Ténturieres, vicino a un piccolo canale,
e non ho la minima intenzione di rovinarmi la
giornata, peraltro di sole meraviglioso, e ci sono
cascato.
D'accordo, qualche riga. Primo: per fortuna
Rutelli
non era a
Waterloo e a
Stalingrado,
staremmo tutti molto peggio. Secondo: non bisogna
mica prendersela con Rutelli, povero caro, lui dove
lo metti sta; prendersela con lui è come prendersela
con un sasso di una diga che è crollata
rovinosamente. Il sasso, ancorché marcio, è un
sasso. Bisogna prendersela con l'architetto della
diga, con chi l'ha progettata e con chi ha deciso di
utilizzare quel sasso. Infatti, il commento più
gentile - di sinistra - che ho sentito a Roma, alla
notizia che avremmo dovuto votare per Rutelli, è
stato: "corcazzo!".
Detto questo, sarebbe ora di buttare via il sasso
definitivamente. E, già che ci siamo, anche la
moglie del sasso. Grazie.
Tornando ad argomenti più interessanti, a un certo
punto, venendo ad
Avignone,
mi sono trovato a
un trivio,
che mi ha riportato al mio passato di studente di
belle lettere: prima opzione,
Mont Ventoux,
ed ecco torna
Petrarca e la sua ascensione ("Altissimum
regionis hujus montem, quem non immerito Ventosum
vocant, hodierno die, sola videndi insignem loci
altitudinem cupiditate ductus, ascendi"),
son duemila metri, altro che monte, ed è
ventoso qui sotto, figuriamoci lassù; seconda
opzione, il paese di
Vacqueyras,
poco distante, ed ecco che torna
Rimbaut de
Vacqueyras, trovatore del secolo XI, di cui
nulla ricordo se non che ci facemmo beffe del nome,
bestie!, immaginandolo errante con la sua
mandria di vacche; terza opzione,
Chateauneuf du
Pape, luogo in cui producono il vino più
incredibile (e costoso) che io abbia mai avuto modo
di assaggiare. Ho scelto la terza, perché avevo un
amico, anni fa, che consumo' con me tutte le sue
preziose bottiglie di
Chateauneuf du
Pape, rosso, senza mai risparmiarsi e senza
mai riservarle a migliore occasione che non fossi
io.
Viva, dunque, le persone cosi', generose e rare.
Ad
Avignone punto diretto al
Palazzo dei Papi,
schivando le torme di italiani mostri, con pantalone
al ginocchio e infradito, bleah, perché non son
papista ma da romano d'adozione uno sguardo lo devo
pur dare. Un bel palazzone, non c'è che dire, anche
bello grande. Pero', diciamocelo, un qualunque re
serio, d'Aragona
per esempio, possiedeva regge più grandi, signorili
e maestose, per non parlare dei Papi romani, a
San Giovanni in
Laterano, abituati a ben altra qualità di
vita, se cosi' si puo' dire. Non mi si fraintenda, a
me Simone Martini piace e anche questo palazzone,
solo che non è da Papi o, almeno, non da Papi cui
siamo abituati noi. Questi,
Giovanni XXII,
Clemente V, Urbano V e cosi' via, erano Papi
guerrieri, abituati a una vita frugale con
moderazione di mollezze, incapaci di apprezzare un
affresco e di distinguere un buon pittore da un
frescone. O quasi.
Col cavolo che
Alessandro VI sarebbe venuto qui, nemmeno a
pensarci, le stanze non hanno finestre grandi, le
piastrelle hanno su i pesci e sembrano disegnate da
un bambino, non c'è nemmeno una cappella sistina o
il soglio di Pietro; e come si chiama la grande sala
da pranzo del palazzo papale?
Le grand tinel...
Per non parlare del fatto che il Papa, quando
usciva, lo faceva a dorso di un mulo bianco. Nono,
proprio non va. E, infatti, tornarono.
E se il papato non fosse tornato a Roma? Domanda
interessante (è il mio gioco di oggi) che vi giro:
come saremmo noi
e l'Italia se il papato se ne fosse andato
definitivamente nel secolo XIV?
Comincio io: in aula, probabilmente, invece del
crocifisso avrei avuto il leone di San Marco;
presumibilmente, nella gastronomia sotto casa il
venerdi' potrebbero smettere di fare solo pesce;
invece che a catechismo, forse sarei andato a
equitazione e ora sarei uno stronzissimo giocatore
nano di polo; dubito infine che Michelangelo avrebbe
dipinto lo stesso il Giudizio Universale, qui,
magari avrebbe dipinto Forum. Altro?
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Il caffè olè.
Questa mattina presto ho preso un
camino di ferro
per andare verso sud, dal
Rodano
alla Provenza.
Lungo la ferrovia, vigneti e ancora vigneti, tutti
belli ordinati con squadra e righello, come un
quaderno delle elementari. Le viti sono tagliate in
modo da restare basse, suppongo sia per agevolare i
nani specializzati che si occupano della vendemmia.
Talvolta alcuni vigneti sono verticali a tal punto
che, immagino, per la raccolta dell'uva sia
necessario chiamare delle legioni di nani
rocciatori. Li vedo arrivare con un microscopico
pullmino e lavorare alacremente come dei piccoli
aiutanti satanici di Babbo Natale, con le loro
manine voraci e le voci come dopo insufflazione di
elio.
Per
inciso, tra vigneto e vigneto, perché mica vivo
nell'arcadia permanente, sono appena passato a
fianco di una gigantesca centrale nucleare della
EDF,
Cruas-Meysse, a monte di
Montelimar,
sulla riva del Rodano, con
quattro enormi torri di raffreddamento a
cilindrone fumanti. La visione mi inquieta, penso a
messié Lefèvre
che, magari, sta facendo cadere del caffè sul
pulsante dell'autodistruzione (ho
torto?).
Comunque, sono venuto a
Orange
per rivedere il teatro romano. Sono molto
affezionato a questo teatro, non per le dimensioni o
la struttura (è il dramma di chi vive a Roma: fuori
non c'è rovina che non sembri in scala ridotta,
anche se questo non lo è) quanto perché è uno dei
pochi teatri che possiede ancora la parete
retrostante il palcoscenico, il proscenio, di solito
la prima a
crollare.
Ne ho visto solo un altro, cosi', in
Turchia,
non ricordo se a Pergamo o Efeso o dove, e credo ne
esista un terzo in Siria, ma non ho ancora avuto il
piacere. Mi piace immaginare che il teatro sia
assolutamente intatto e mi piace far finta di
assistere a una commedia di Plauto in una serata
estiva di duemila anni fa. Il muro esterno del
teatro, momento guida turistica-aneddoto, è lungo
103 metri,
che era la misura aurea degli isolati delle città
romane. Cosi', se vi capita di contare i passi in
città, magari scoprite una cosa interessante.
Invece sono seduto a un caffè e ho ordinato un
caffè olé, perché mi diverte fare il
macaroni' e
storpiare le parole franzose. Per esempio, tra un
po' andro' a comprarmi una mezza baguette imbottita
per pranzo: la
demuasell la chiamerà
panini', perche' la chiamano cosi', io
rispondero'
ui', un panino' e lei mi guarderà come si
guarda un paracarro.
Quel divert'ment
béstial.
Sono sempre seduto al caffè, che mi do' un tono
leggendo
Libération o
Le monde diplomatique, quando - per mancanza
di sedie - un signore divide con me il tavolo. Non
essendo lui francese, attacca bottone volentieri e,
soprattutto, parla inglese.
Chisei,
dadovevieni,
le solite cose: lui è
paraguagio,
si gode una vacanza e
aaaah, l'Italia.
Vacci, gli dico, parlano inglese ancora meno che
qui. Il discorso, è inevitabile, cade su
Fernando Lugo
e lui mi racconta una storia che raccontero' qui non
appena l'avrà finita. |
Amenità franzose/3.
Mi
spiace non essere stato a
Orange il
25 aprile
scorso quando, in occasione non casuale della nostra
italica liberazione,
alla civica sala
Daudet, ore 20, qualcuno ha dato spettacolo
di cabaret
italien con "Bella
ciao".
Cabaret? Oh, franzosi, scherziamo? O c'è
qualcuno di noi che se ne va in giro a fare il
cretinetti? |
La testa del capo.
Ancora
del teatro di
Orange.
Al centro del proscenio, un'enorme statua di
Augusto,
paludata con le vesti riservate
all'Imperatore, ricordava ai gallici che l'autorità
stava a Roma, che si godessero lo spettacolo offerto
dall'Impero in luogo consono senza dimenticare chi
comandasse.
La statua, oltre alla funzione, non ha nulla di
particolare, ne venivano prodotte a centinaia a
Roma, tutte uguali, e poi inviate in tutte le
province per questo scopo.
La cosa interessante è, pero', che essendo i romani
avveduti delle cose della politica e della vita, le
facevano con la
testa smontabile ed, eventualmente,
sostituibile.
Perché le cose cambiano ed è meglio essere
previdenti.
|
Me ne vado in cerca
di un grande forse.
Oggi sono
qui.
Tempo
fa qualcuno mi racconto' di un viaggiatore che aveva
come missione visitare tutti i luoghi dichiarati
patrimonio mondiale dall'Unesco.
Io non so quanti siano ma l'impresa mi pare davvero
improba. Di sicuro, quel viaggiatore conosce
Lione
che, cinquecento ettari di città protetti
à la carte,
è di sicuro il sito più grande di tutti. In pratica,
tutto il centro città che sta tra i due fiumoni, il
Rodano e
la Saona,
che pare un'isola ma isola non è, e la collina di
Fourvière,
che domina la città.
Qui stavano i Galli, quelli di Cesare
debellogallico
fedeli a Roma, che avevano il monopolio del vino e
producevano tessuti che nessuno nell'Impero sapeva
fare: sete dipinte che viaggiavano per ogni dove. Va
da sé che la città, da sempre, brilla per ricchezza.
Soldi veri, soldi dei mercanti, non a caso il
Credit Lyonnais
qui è una potenza. E i soldi, quando ci sono, fanno
il resto.
Infatti, non un teatro romano ma due, di cui un
Odéon
solo per la musica da tremila posti, che usano
ancora oggi: "ci
vediamo stasera al tremila?", sentito poco
fa, stasera suona
Katie Melua.
E i despoti
Caracalla e
Claudio
venivano da qui, quando Roma brucio' sotto Nerone,
fu
Lugdunum, cioè
Lione, a
sostenere economicamente la capitale, mentre
Parigi
era ancora alle prese con la paglia sui tetti. E le
cose non cambiarono, poi. Fu sempre a Lione che un
Montgolfier
si lancio' sull'aerostato, che
Ampère
gioco' con la corrente, che furono inventati i telai
automatici, che pubblicavano libri a stampa secondi
solo a Venezia, che i
Lumière
girarono la
Sortie des usines Lumière, il primo film, che
Saint-Exupery
scrisse
il Piccolo Principe.
E fu città libera fino al 1943, caso raro.
Ma non è, solo, per questo che sono qui. Sono qui
perché "nulla
è sì confacente quanto il falciar l'estate in
cantina ben guarnita di carta e inchiostro di penne
e temperino di Lione sul Rodano",
come scrisse
l'anagramma
Alcofribas Nasier, il mio amato
Rabelais
che, mentre faceva il medico serio all'Hotel
Dieu, qui scrisse e pubblico'
Gargantua e Pantagruel, senza mica troppi
problemi di rispettabilità.
E poi sono sulle tracce di
Laurent Morguet,
ex operaio della seta, cavadenti a tempo perso, che
si invento'
Guignol, marionetta satirica che si faceva
beffe della politica e sputava pasquinate. E le
marionette e gli automi sono la storia di questa
città, esiste ancora un quartiere di marionettisti,
le botteghe sono meravigliose, animano feste e feste
di compleanno ma - si badi bene - la cosa è
serissima, mica un gioco da bambini come si pensa.
Non tutta Lione è bella, anzi. Esco dall'Unesco e
trovo la città mercantile, magazzini, porti, chiatte
gigantesche, ferrovie e depositi, casermoni anni
Cinquanta. Gli algerini, i marocchini, i tunisini, i
senegalesi stanno appena fuori, i francesi in
centro, anche se la regola non è ferrea.
Per arrivare alla
confluenza tra
Rodano e Saona, posto speciale che non mi
voglio perdere, attraverso infinite zone industriali
dismesse e in rovina, alcune enormi tangenziali e
almeno
quatrevent
signorine
mi propongono di fare "amole
lungo lungo". Pero' oggi alla confluenza c'è
il circo, è pieno di famiglie e le signorine sono un
po' in difficoltà negli affari; inoltre arriva l'inspecteur
e loro fanno finta di spostarsi, chiamandolo "cherie".
Pero' la città è in fermento, i cantieri sono
dappertutto, i progetti di recupero delle aree
dismesse fioriscono come i tigli sulla Saona, gli
investimenti ci sono: il
Museo della
Confluenza è in cantiere, credo affidato a
Libeskind o qualcuno del genere, sono in progetto un
idroscalo, impianti sportivi, abitazioni, una nuova
area portuale per le escursioni in battello, un
pattinodromo e un numero imbarazzante di parchi. La
ristrutturazione dell'Opera
di Nouvel
è cosa fatta, il
Museo d'Arte moderna macina mostre che è un
piacere, le linee del metro sono quattro e
raddoppieranno a breve, i parcheggi sono quasi tutti
interrati, le stazioni ferroviarie, grazie allo
snodo del TGV, sono tutte nuove ed efficienti, il
traffico viene spostato fuori città, le
vélo' sono disponibili ovunque e ci sono un
sacco di tualétt
pubbliche gratis.
Di' niente. Reinventarsi una città, tocco con mano
il bengodi degli urbanisti intelligenti.
Il sistema pare funzionare, i soldi ci sono come
credo ci siano da noi, al centro-nord almeno, e il
Lyon vince cinque campionati di fila.
L'amministrazione comunale ha imposto una
tassa di
soggiorno di 44 centesimi al giorno per i
turisti, nessuno ha fatto una piega, nessuno si è
dichiarato leghista o secessionista, nessuno ha
bandito Lione dalle guide turistiche, per la
semplice ragione che il ritorno in servizi è
immediato e visibile. Il signor
Jambon,
che divide una birretta con me a
Place Bellecour,
mi spiega pacifico che se c'è un motivo valido per
pagare, a lui sta benissimo.
E anche a me.
|
|
Liberazioni.
Dopo la Liberazione di Milano, è
venuta l'ora di liberare me stesso, almeno per un
po' e vagolare allo sbando per la strada. Ogni tanto
mi è necessario, da parecchio mi mancava il perverso
godimento delle notti passate nelle stazioni e
l'imprevisto creativo. Forse. E così da oggi sono in
giro.
Prima
tappa: Lione. So perché vedo lì, il resto verrà. Per
arrivarci, sono zompato su un TGV versione scrausa,
cioè coeva dei nostri Eurostar penultima versione,
trooooppo
anni Ottanta: il TGV cafone. Manco a dirlo, non c'è
pero' un cellulare che è uno che suona, maledette
persone civili, e se capita l'accidente telefonico
esiste una specie di box-doccia in ogni vagone in
cui ci si chiude a telefonare, cosi' non si scassa.
Ma non è questo che mi sorprende, nemmeno il fatto
che noleggiano le
playstation o i lettori dvd portatili per il
viaggio, quanto - piuttosto - mi lascia a bocca
aperta il fatto che al baretto del treno i tavolini
hanno, oddio svengo dall'emozione, delle cose per
sedersi. Ancora una volta, viva Trenitaglia.
Per inciso, facciamo tutta la val di Susa a due
all'ora, vien voglia di scendere e fare due passi
accanto al treno. Potenza dei comitati NO TAV o qui
è uso?
Per esplorare l'etere, che son
ragasso tennologico
e interagisco con il contesto, ho con me una radiola
portatilina davvero piccola: tra gli 88 e i 108FM ci
sono meno di tre centimetri e cosi', per selezionare
una stazione specifica, devo chiamare un chirurgo
dalla mano ferma. La prima canzone che sento dopo la
frontiera è "L'estate
sta finendo". Ma vaffanculo, i Righeira.
Se si trattasse di una specie di auspicio sul
viaggio e la canzone fosse la frattaglia da
interpretare, farei meglio a tornare indietro di
corsa senza parlare con nessuno. Se, invece, è il
caldo benvenuto francese al mio arrivo, leggo
astutamente tra le righe che non sono il
benvenuto... Comunque diciamolo, i franciosi, dopo
Brel, Montand e Piaf, si son proprio musicalmente
rincoglioniti, nell'abbraccio mortale di Johnny
Halliday. A parte, solo, un po' di elettronica. Che
a me, pero', non piace. Auguri, buongustai, e avanti
a tutta forza con l'autodeterminazione musicale.
E ora, il momento dell'emigrante: siccome Paolini
non me l'ha detto, qualcuno mi puo' spiegare a che
accidenti servono le righe bianche a zig-zag nelle
gallerie ferroviarie?
Un ricco cotiglione franzoso, prometto, a chi mi
evita la fusione del cervello per troppo cosare.
Grazie.
|
|
Amenità franzose.
Varco
la frontiera e vualà, amenità numero uno, il
pisciatoio con la mosca disegnata dentro. Al mio
sguardo perplesso, un signore d'oltralpe mi spiega
paziente che disegnando una moschina vicino al buco,
il maschio è portato naturalmente a puntare, ehm, il
potente getto sulla mosca, ottenendo in maniera
inconsapevole un ottimo e pregevole risultato in
pulizia.
Naturalmente resto di stucco perché anch'io l'ho
fatto e la mia autostima di maschio, è chiaro, ha
ricevuto una bella botta e si nasconde sotto i
piedi.
D'accordo, la dico tutta: beccare la mosca è
spassoso. Lo ammetto. Eh... |
Amenità franzose/2.
Turista
italiano all'estero: questa è dedicata a tutti i
pendolari e viaggiatori di treno in generale in
Italia.
Nell'immagine è possibile ammirare senza finzione né
dubbio una normalissima carrozza di treno franscioso
e - attenzione attenzione - trattasi di normalissimo
locale, regionale, insomma che fa tutte tutte le
fermate, LOCALE!
Beh, a volerla dire tutta, non ci sono né le prese
della corrente né le hostess ignude che portano il
campari né la sauna per lo stanco pendolare... Per
la serie: c'è vita civile qua fuori, italiani. Beh,
niente di nuovo sotto il sole altrui.
|
Liberazione.
Alla
faccia degli assessori missini, dei sindaci pistola
alla ricerca di una carezza dal padrone, alla faccia
di questo governo e di tutti coloro che l'hanno
votato, alla faccia dei servi, alla faccia di chi
smania per diventare ministro o segretario comunale,
alla faccia di chi non sa cosa sia la lotta, alla
faccia di chi evade le tasse e poi usa le strade e
gli ospedali, alla faccia dei fascisti, alla faccia
dei (scusate la parola) forzitalioti, alla faccia
degli idioti, alla faccia di chi non andrebbe mai in
montagna per un'idea, alla faccia di chi non ha la
fantasia di immaginare il meglio, alla faccia degli
sfruttatori, alla faccia di chi ha la faccia come il
culo, alla faccia dei reazionari amanti dell'uomo
forte, alla faccia di chi in piazza non ci va, alla
faccia di chi ha paura dei comunisti, alla faccia
dei dirigenti, alla faccia dei padroni, alla faccia
della presidente di confindustria, alla faccia delle
cordate italiane, alla faccia di chi non conosce la
propria storia, alla faccia di tutti questi,
noi domani
festeggiamo.
Festeggiamo, ricordiamo e rendiamo onore, tra gli
altri, alle 35
mila donne partigiane combattenti, alle
4.653 di loro
che furono arrestate e torturate, alle
2.750 che furono
deportate in Germania, alle
2.812 fucilate o
impiccate, alle
1.070 cadute in
combattimento.
Io sarò a Milano e non permetterò a nessun idiota di
rovinarmi la festa: loro si godano la giornata
dell'orgoglio SUV, a noi
il 25 aprile.
Ognuno abbia ciò che si merita.
Trivigante aderisce a
radici
resistenti, come da immagine
sopra, buona liberazione a tutti noi.
|
|
Gran giorno il
venticinque aprile.
Diciannove secondi dopo la
mezzanotte e venti, mancava poco e quasi passava il
momento, Radio
Renascença trasmise
Grândola vila morena di José Afonso. Era
il segnale, l'MFA
era già
pronto.
Grândola, vila
morena / Em cada rosto igualdade / O povo é quem
mais ordena. Si diceva di stare in casa, ché
fuori succedevan cose, era pericoloso, magari si
sparava. Ma chi se ne importa, c'è la rivoluzione,
la rivoluzione contro il fascista Caetano,
quarantotto anni sono troppi, per una dittatura
anche un giorno è troppo. Tutti in strada, dunque, e
garofani nei fucili dell'MFA.
Portogallo, 1974.
"È stato un brutto
sogno che è passato, un boccone amaro che è finito".
Sono le parole di
Eu vim de longe di José Mario Branco, cantata
per le strade durante i giorni e i mesi seguenti.
Gran giorno, il 25 aprile. |
In avvicinamento.
Si avvicina il
25 aprile,
la più bella festa che ci sia.
Quest'anno, causa elezioni, il centro sarà Roma, nel
senso che si proverà a sostenere un candidato poco
proponibile per provare a mettere un freno al
dissanguamento di voti e consenso. Peraltro, i
coltelli sono già pronti nel PD, in caso di
sconfitta romana: sarà guerra aperta.
In ogni caso, la
sede naturale del 25 aprile resta Milano, per
ragioni storiche e per ragioni ovvie, tra cui - di
questi tempi - andare a fare una bella festa in casa
del nemico. Anche se, a differenza del memorabile
1994, immagino che quest'anno il tono sarà minore,
siamo ancora tutti basiti e ammutoliti, orecchie
basse e sguardo perso alla ricerca di un appiglio.
Sparito l'Albertini che omaggiava i caduti della RSI
con spirito pareggiatore, adesso c'è
la Moratti.
E io osservo:
due anni fa fece la piazzata con il padre
carriolato e si beccò fischi e monetine perché non
avrebbe dovuto essere lì a far campagna elettorale;
l'anno scorso
fu
fischiata sul palco perché vedere Letizia Brichetto
Moratti Viendalmare gridare "Viva
la Resistenza" fu un filino comico;
quest'anno
annuncia che non sarà presente per altri impegni e
l'ANPI fa
sapere che è un'"assenza
che ci rammarica".
Compagni,
diamoci una linea, eccazzo: la Moratti ci
deve essere o no? Siamo contenti se non c'è e l'ANPI
è ironica? O ci deve essere perché così poi possiamo
insultarla? Oppure, decidiamoci, qualunque cosa
faccia la Moratti, noi siamo contro?
Decidiamoci,
compagni, una qualunque.
Non si può mica andare avanti così, sempre allo
sbando e sempre senza una linea cui essere fedeli,
porco cane. Io sono contento se la Moratti non
partecipa, mica per motivi politici o di
opportunità: sono contento perché con la Moratti non
prenderei nemmeno un regionale per Brambate. Ma un
minimo, dico un minimo, di unitarietà nelle
posizioni ci vuole, cazzuola.
Quindi, qualcuno mi faccia sapere se devo essere
contento o meno che quest'anno non c'è. Grazie.
|
|
Luoghi pericolosi.
Da
Repubblica di oggi: un bimbino viene smarrito
dai genitori in Vaticano.
Ma
benedetti genitori, dico io, con tutti i posti
pericolosi per un bambino (cantine, pozzi, il tg4,
cisterne, mc donalds etc.) proprio nella tana del
lupo dovete portarlo? Avete idea del rischio che
avete corso, nel luogo più pericoloso al mondo per
l'infanzia? Sarebbe stato più sicuro mollarlo alla
stazione termini con duecento euro appesi al collo.
Fortuna che l'hanno ritrovato sano e salvo. |
Bye bye Berlusconi.
Eh, magari. Invece si tratta di
un film, "Bye
bye Berlusconi" o "Buonanotte
topolino", una coproduzione italo tedesca di
due anni fa. Che in Italia nessuno ha visto,
nonostante sia passato alla Berlinale e poi sia
uscito in diverse sale in Germania, con un
ragionevole successo.
Perché nessuno l'ha visto? Perché la censura, che in
Italia fino al luglio scorso viveva e lottava
insieme a
noi, rifiutò il visto per motivi ridicoli, a dir
poco.
Ora si può:
qui il sito e
qui si può scaricare a 4.99 euro, formato .avi.
Grazie.
Da luglio 2007 (governo Prodi, questa la aggiungo
per i detrattori a oltranza) la censura preventiva
sui film non esiste più, esiste una
Commissione di
classificazione dei film per la tutela dei minori
del Ministero
per i Beni e le Attività Culturali. Il che,
tutto sommato, non è fatto trascurabile, basti
pensare a, esempi, Pasolini o Bertolucci (quest'ultimo
privato, oltre a tutto, dei diritti civili per
cinque anni per aver girato
Ultimo tango a Parigi... che vergogna!).
Detto questo, comunque nelle sale non esce e tocca
scaricarlo. |
Oscenità.
La
débâcle è
stata colossale, sono crollate una dopo l'altra le
prime, le seconde e le quinte linee.
Le interiora sono annodate più che mai, i capelli
ancora ritti in testa, la tolleranza democratica
l'ho sudata fuori per lo spavento. Da mesi, il
cagone brianzolo avanti a tutti, mi veniva detto che
avremmo perso e io, stolto, a credere che no, maddai,
non è mica possibile, ancora?, saremmo la parodia di
noi stessi quindici anni dopo, saranno pur cambiate
alcune cose...
Invece sì.
Condannati
alla ripetizione, come fosse il giorno della
marmotta in chiave incubo-politico. Uniche varianti
nella trama, rispetto all'incubo della notte
precedente, Cuffaro che entra con i cannoli in
parlamento e - sono davvero sconcertato - il
candidato della sinistra alternativa che aspetta i
risultati elettorali nell'Hard
Rock Cafè di via Veneto.
Un incubo riuscito.
Da un anno a questa parte, la maggior parte dei
mezzi di informazione internazionali ha cominciato a
ritirare i propri corrispondenti dall'Italia,
destinandoli a sedi di maggior respiro o attualmente
più rilevanti. La cosa ha assunto proporzioni
consistenti, al punto che è stata notata da alcuni
giornalisti italiani: uno di questi, il direttore di
Internazionale,
ha intervistato uno di questi corrispondenti in
fuga, diretto alla sede di Parigi per l'Europa
orientale, chiedendo le ragioni di questo
fuggi-fuggi.
Il corrispondente, candido, ha risposto: "Non vorrei
essere offensivo per nessuno, ma l'Italia è il paese
più sviluppato del terzo mondo". Giudizio un filino
tranchant,
concordo, ma sottintende una sostanza non troppo
lontana dal vero. E significa che se esiste
un'orbita nella quale adesso succedono delle cose,
ecco, noi al momento non la intravediamo.
Condannati alla ripetizione, in un paese che non ci
appartiene e che, palesemente, non comprendiamo.
Twentieth century
go and sleep/you're Pleistocene/that is obscene/that
is obscene. Ora è primavera e tra poco è di
nuovo il 25 aprile, contiamo i nostri amici, quelli
veri, stringiamoci e raccontiamoci cose nuove,
inventiamoci da soli ciò che il paese non ci dà.
Hollywood is under
me/I'm Martin Sheen/I'm Steve McQueen/I'm Jimmy Dean...
E poi, ancora e di nuovo, resistenza.
|
|
In attesa di sorprese.
A Roma oggi c'è il sole, si sta
in maglietta e verrebbe voglia di andare a dormire
in un prato, guardando le nuvole che corrono per il
ponentino. Ma no, non si può mica, ci sono le
elezioni (cinque schede, a Roma, manca solo la
schedina) ed è il caso di scoprire, ancora una
volta, se devo (dobbiamo) mettere i dìdimi in una
pressa o, magari, stavolta si riesce a mettere in
piedi qualcosina di vagamente costruttivo. Senza
esagerare, eh, sia mai che ci vien un raffreddore a
cambiare qualche cosa in 'sto cavolo di paese.
Difficile
fare previsioni, anche se - problema mio - non
capisco come sia possibile che oggi si presenti una
situazione perfettamente speculare a due anni fa:
grande differenza tra i poli, riduzione e rimonta
nei mesi, previsto pareggio. Pare cosa costruita a
tavolino, mi lascia perplesso. Se così dev'essere,
comunque, mi accontenterei se toccasse a loro
(pdl e schifezze varie), stavolta, vivere la notte
d'inferno che abbiamo vissuto noi due anni fa: un
incubo, con alla fine un governo che più balengo non
si poteva. Non era il voto ideale, figuriamoci, ma
almeno non era scandalosamente cretino.
Boh, difficile. Meglio appoggiarsi su qualche dato
certo, per ingannare l'attesa:
- il più stronzo
di tutti:
Formigoni,
che (ancora!) si candida alle politiche senza il
buongusto di dimettersi dalla presidenza della
Regione, giusto per vedere l'effetto che fa e
decidere poi a culo parato;
- la seconda
repubblica: da che fingiamo di vivere nella
seconda repubblica, abbiamo votato alle politiche
quattro volte, oggi cinque, con alternanza quasi
idiota: stando al rigoroso principio politico del "non
c'è due...", oggi toccherebbe al nano
maledetto;
- il nano
maledetto: sfrontato assoluto, quinta volta
che si presenta candidato alla presidenza del
Consiglio, bella faccia da culo: ovunque, quando uno
perde una volta (una, non due come lui) va
a casa, anche senza essere impresentabile da sempre;
- mistero:
come al solito, stile italiano nel mondo, non
perderà nessuno: soltanto, qualcuno vincerà e
qualcuno non perderà, una certezza;
- trentadue anni:
dopo 32 anni, manca Mastella tra i candidati: io mi
sento bene;
- ipotesi
assurde: cosa penserei di un paese che
votasse con una legge elettorale scritta da un
rincoglionito leghista? Che son dei mentecatti, come
minimo;
- certezza
finale: dovendo, come ormai d'abitudine,
votare contro, stasera o domani sarò molto
incazzato, in ogni caso. Il fatto di non essere il
solo non mi rassicura nemmeno un po'.
|
|
Viva Meucci.
Come
scrivevo il
4 marzo, oggi è il
Meucci blog day.
Il 13 aprile è l'anniversario della nascita dello
sfortunato inventore del telefono e, come proponeva
Gimmi, oggi lo si celebra con un post, alla
faccia del perfido e troppo fortunato
Bell.
Io, come mi va, lo celebro elencando una serie di
espressioni che sarebbero state diverse se la
storia, metti il caso, fosse stata diversa:
please ring the meucci; Packard Meucci; Mike
Olfield, Tubular Meuccis e Mike Olfield,
Tubular Meuccis II; The Liberty Meucci;
Taco Meucci.
E, soprattutto: and therefore never send to know
for whom the meuccis tolls, it tolls for thee.
Viva l'eroico Meucci, abbasso quel culone di Bell. |
Saggezza egiziana.
Poggio Bracciolini, fine e spiritoso raccoglitore di
facezie e sapiente studioso, già all'inizio del XV
secolo affrontava argomenti tutt'altro che nuovi.
Riporto una facezia.
Un Egiziano
esortato alla conversione (De
Aegyptio hortato ad fidem)
Un Cristiano esortava un infedele, un
Egiziano cui era legato da lunghi rapporti di
amicizia, perché nel corso di un suo viaggio in
Italia entrasse almeno una volta in una chiesa per
assistere alla celebrazione di una messa solenne.
L'Egiziano accettò e assistette a una messa insieme
con i cristiani. Più tardi, a un ricevimento gli
domandarono che cosa ne pensasse del cerimoniale e
della solennità del sacro rito; e quello rispose che
aveva apprezzato tutto dall'inizio alla fine, salvo
una cosa: che in quella messa non era stata
osservata la carità, dal momento che, mentre tutti
avevano fame, soltanto uno aveva mangiato e bevuto,
senza preoccuparsi di offrire anche agli altri la
loro parte di cibo e bevande.
(Poggio Bracciolini,
Facezie,
Milano, Garzanti, 1995, trad. di S. Pittaluga) |
Spirito olimpico.
Dopo le contestazioni olimpiche a
Londra e Parigi, spero che a San Francisco - per non
essere da meno - infilino la torcia nel sedere del
tedoforo e gli diano fuoco ai capelli. Buenos Aires,
dovendo accentuare ancora la protesta, sta meditando
spettacolari lanci di razzi sui portatori di
fiaccola.
Ora: protestare
in favore della causa tibetana sabotando il percorso
della fiaccola olimpica è un po' come picchettare la
piramide egizia di Gardaland per esprimere dissenso
nei confronti di Mubarak e della politica egiziana.
Oppure fare un
sit in
al Casinò di
Venice per
protestare contro il
MO.S.E. Non
c'entra molto, protestare senza centrare
l'obbiettivo è come non protestare.
Peccato,
infatti, che tutta la faccenda ipocrita della
fiaccola e del tedoforo sia un affare del
C.I.O. e
non cinese; peccato che minacciare (ah!
ah!) di
non presenziare alla cerimonia di apertura abbia
effetti pari a zero, se tre quarti delle cose che
importi sono prodotte in Cina (e se colui che
minacci se ne impippa allegramente); peccato che
Londra già si preoccupi perché le prossime olimpiadi
saranno loro e che fare se poi i cinesi non vengono
o rompono le palle?
Dagli atleti
sono pervenute solo preoccupazioni allarmate sulle
dimensioni degli armadietti.
Altri
tempi, altri atleti: Messico 1968, oltre a Tommy
Smith e John Carlos, pugni chiusi in guanto nero,
Ralph Boston, saltatore, andò sul podio scalzo, così
come Bob Beamon, medaglia d'oro leggendaria, andò in
calzini neri e Ron Freeman, Larry James e Lee Evans
coprirono l'intero podio con i loro baschi e guanti
neri. E non ce l'avevano con il paese
organizzatore...
Altri tempi e altri atleti, bisogna farsi carico in
prima persona, altrimenti non vale. Per esempio,
avrebbe dovuto avere ben altra risonanza l'annuncio
del grandissimo Gebrselassie di non correre la
maratona causa inquinamento, altra questione non da
poco, ma la cosa è scivolata via come sua fisima
personale. Sei asmatico? Fatti tuoi.
Quantomeno,
Spielberg ha rinunciato all'incarico di sommo
stilista della cerimonia di apertura protestando
contro la situazione in Darfur, causata anche dalle
amicizie pericolose tra i governi cinese e sudanese:
ci ha messo la sua faccia e questo è bene, ha dato
un poco di visibilità alla causa dei diritti umani.
No, dico:
Spielberg!
Quello di E.T., quello superbuono che produce
Ritorno al Futuro,
se c'è arrivato lui, ce la possiamo fare anche noi,
secondo me. |
C'è vita qua fuori.
Ho passato gli ultimi cinque anni
rinchiuso in un ufficio. Ora che, alla ricerca di
qualche nuovo ingrediente, non sono più una
risorsa umana, mi sono dato alla macchia e vivo
nella clandestinità lavorativa, comincio a scoprire
alcune cose stupefacenti. Banalità, me ne rendo
conto, sono nuovo del mestiere e non sono ancora
tanto pratico nella gestione del tempo; ma diventerò
a breve un eccellente contemplatore tramontista e
riuscirò di certo a coglierne il godimento, che mi
assicurano esista (ho molto da imparare dal mio
amico
lasino).
La prima domanda è: perché nessuno mi aveva detto
che c'è vita sulla terra nelle ore canoniche
d'ufficio? Vale a dire: com'è possibile che a
qualunque ora ci sia in giro un sacco di gente che
corre, mangia, si guarda attorno, dorme nel parco,
fa la spesa con calma, si gratta? Chi sono costoro?
Come fanno? Chi li manda? Perché io non lo sapevo?
Ho provato a fermarne qualcuno, "scusi, lei non
ha un lavoro? come mai è in giro? qual è il suo
segreto?" e ho raccolto le seguenti
indicazioni: tre fanculi, un "lavoro?
aaah, no, io non pratico" e sei sguardi
interrogativi. Il mistero è ben lungi dall'essere
risolto, sono neofita. In generale, mi han proprio
guardato come si guarda una pianta crescere. Devo
essere cretino, evidentemente, perché mi sfugge il
punto. Meglio che io parta il prima possibile,
probabilmente.
Cosa che farò, subito dopo le elezioni, in ogni
caso.
Ecco perché, causa la mia dipartita dal mondo del
lavoro, il
b.site si è trasferito (temporaneamente) in
questo spazio: cercherò di andarmene in giro
finché bastano i soldi e posterò da remoti internet
point non appena possibile. E, visto che la cosa
sarà temporanea, tanto vale utilizzare qualche
strumento offerto dal web 2.0 semplificato.
Poi, ritrovata la stabilità, tornerò al mio html
0.8, giuro.
|
|
L'ora del piano B:
il b-bsite.
Il bsite,
per qualche tempo, cambia aspetto e forma.
Le ragioni:
essendomi lavorativamente immolato in nome della mia
libertà personale ed essendo, dunque, a spasso per
un po' (non so bene dove né per quanto) si è reso
necessario qualche mini-adeguamento tecnologico che
mi permettesse di riempire come mio solito il
b.site di amenità,
ovunque io mi trovi.
L'espediente:
trattandosi di situazione - immagino - temporanea,
ho optato per lo spostamento del
b.site su una
piattaforma un po' più semplificata e per me meno
elastica ma più versatile nella fruizione e nella
compilazione. Ecco perché il
b.site per un po' diventerà un
blog a (quasi) tutti
gli effetti. Poi, se le cose torneranno al loro
posto, tutto tornerà come è stato finora. Credo.
La prova:
diventando un blog, ho deciso di provare, nonostante
la cosa non mi abbia mai molto convinto, e di
lasciare attivata la funzione "commenti".
Non so come andrà, è appunto una prova.
En passant:
qualcuno ha mica un lavoro da offrirmi? Consumo poco
e sono devoto, sul serio.
L'unica
informazione utile di tutta 'sta cosa: il
nuovo indirizzo,
b-bsite.blogspot.com
La chiusa:
se, dunque, qualcuno avesse voglia di continuare a
leggere le mie amenità e, magari, di partecipare, mi
trova di là, per un po'. L'indirizzo di posta resta
lo stesso (posta[at]trivigante.it). |
Servi e venduti.
Il bsite
è anche, essenzialmente, memoria, ragione per cui
non posso dimenticare una notizia così squallida. I
loro nomi sono Marinella
Brambilla e Niccolò
Querci, e nel 1994 svolgean professione di,
rispettivamente, segretaria
personale del Presidente del Consiglio e
segretario
particolare
di Palazzo Chigi.
Sì, infatti, dire "1994" e dire "Palazzo
Chigi" indica una cosa sola:
Berlusconi.
I due segretarii sono stati condannati in
secondo grado per falsa
testimonianza nel processo per le
tangenti alla Guardia di
Finanza. Infatti, entrambi hanno negato che
Berlusconi avesse
incontrato Massimo Berruti
(personaggio parecchio losco e venduto) l'8 giugno
del '94, spiegando che il capo aveva fatto altre
mirabolanti cose. Poi, però, è saltato fuori un
pass e l'agenda di Berruti.
Ahi, ahi.
E come la storia insegna, i servi ci lasciano
qualche penna (un anno e
quattro mesi a testa) e il padrone porta le
chiappine fuori dal tribunale sano e salvo: assolto
in appello. Complimenti ai due per la schiena
dritta. Comunque, almeno a
Querci non è andata male, finora: adesso fa
il vicepresidente di Publitalia. Accludo squallida
foto dello squallido uomo. |
E una è fatta.
Ho
bisogno dell'intelligenza degli elettricisti, ho
bisogno di energia solare per vincere gli scontri,
devo dare gas alla cervice senza narcotizzarmi, ho
bisogno di impegni nuovi e non più di novità
scongelate, devo abolire le ripetizioni, per quanto
possibile, devo recuperare la consapevolezza di me e
delle cose su cui mi siedo, devo provare a
consumarmi in un lavoro che sia di nuovo difficile,
devo vedere ancora un po' di mondo, devo stare
lontano da chi verbalizza, devo cacciare le persone
lente e circolari, devo avvicinarmi alle spine, è
ora - insomma - di cambiare alcune cose, cinque anni
sono tanti.
Oggi mi sono dimesso. |
Talvolta la
democrazia e la libera espressione generano mostri:
parte sette.
Le altre
sei puntate
stracciacosi
del viaggio
all'interno del corpo elettorale sono più
sotto oppure nel burocratico indice
nella colonna di sinistra, in fondo.
cap. 5: il
campionato dei distinguo (appendice).
Dalla puntata di ieri, dedicata ai luminosi esempi
di distinguo politico,
sono rimasti fuori quattro
casi lampanti, che sarebbe un peccato
sprecare. Si erano nascosti, vigliacchi, ma li ho
ritrovati.
Li aggiungo a mo' di appendice del precedente
capitolo, per poi passare ad altro.
Democratici.
Un binomio di liste democratiche che si distinguono
per il numero di sillabe del nome. O, meglio, i
paladini, che nulla
paiono avere a che fare con Barletta, presentano
qualche indizio un po' giussanesco nella figurina
scudocrociata, oltre al sostantivo "forza"
che rimanda a destra; gli altri, il
MDLF, potrebbero essere
una lista della Plasmon.
O dei Ringo Boys, vista
la stretta di mani.
Facile dire cristiano.
Bella botta di vivace
manicheismo cristiano cattolico, tutti contro
tutti, gli alleati contro i cattolici liberali, gli
ortodossi e passatisti delle origini contro i
cattolici progressisti, i papisti contro i
lefevriani, gli europeisti contro i loretisti, i
bassi contro gli alti.
cap. 6: il resto mancia.
Ultimo capitolo, dedicato ai
rimasugli, in senso buono, vale a dire le
liste che non sono riuscito a catalogare in altro
modo. Avrei potuto, è vero, in qualche modo, ma esse
resistettero. Eccole.
Back tu de
fiucia.
Viaggiare nel tempo? Si può. Essi l'hanno fatto e
sono venuti dal futuro
per darci indicazioni. Chiaro che, fossero eletti,
verrebbero a crearsi una quantità di paradossi
spazio-temporali difficili da risolvere, primo tra
tutti l'effetto loop per cui continuerebbero
a essere eletti dopo essere tornati ogni volta dal
futuro. Oppure, altra ipotesi, si tratta di
una lista di neonati.
Dall'universo
profondo.
Questi non hanno viaggiato nel tempo ma nello
spazio. E intendo lo spazio siderale. Come spiegare
altrimenti il nome e il
simbolo, che è
un'evidente rielaborazione del
logo Ares o di
Robotech?
Benvenuti, amici, speriamo veniate in pace. Non
rubate tutto.
Braccia rubate
all'aeronautica.
Non ho idea di quali siano le posizioni ideologiche
delle due liste seguenti né dei loro principi
programmatici. Posso intuirli vagamente. Di certo,
entrambi i simboli, in caso le elezioni andassero
male, possono andare più che bene se attaccati su
una bella giacca di pelle da
Top Gun, con occhiale nero, animo fascio e un
tomcruise nel cuore.
Abbiamo
sbagliato il nome.
Speriamo non abbiano fatto i manifesti.
Altrimenti, aggiungere la "R"
è un fatto più che naturale.
Sotto il cielo
di un'estate italiana.
Quel sogno che comincia da bambino / e
che ti porta sempre più lontano / non è una
favola - e dagli spogliatoi / escono i ragazzi
e siamo noi.
Happy together.
Ah, l'Italia della cultura, dei gusti raffinati,
della storia millenaria, dei poeti e dei filosofi,
delle liriche d'amore e delle serenate, patria del
diritto, ricca di mecenati e di artisti...
Certo, come no: molto pitorésko.
Comando sbagliato.
Passi "azione popolare",
occhei, ma che dire della scritta "Reset
Party" fatta con il Dymo? Altro che "Reset
Party", qui il comando corretto (cito battuta
altrui) è Format c:
Latinorum?
Significato: Comitato
Assistenza Italiani Europa. Dal manifesto: "Quando
gli ITALIANI nel Mondo sapranno di noi e saranno a
conoscenza dell’importanza di avere persone di
fiducia pronte ad ascoltarli e a formulare un
programma politico intelligente in grado di
risolvere i problemi degli Italiani, probabilmente
di sottoscrizioni ne avremo MILIONI".
Certo.
X.
Passi la fetta di toast, passi il nome vagamente
vago, passi la poca intesa cromatica, ma la "X"
no, maledizione, la ics no. E fare "Ints
X l'IT" no, eh? Vergogna.
Si conclude qui l'immane, estenuante,
galoppatona tra i simboli delle liste bislacche,
durata ben sette puntate e sei capitoli, troppo per
le forze di chiunque, figuriamoci di
trivigante.
Per coloro che non ne avessero abbastanza, esistono
anche di questi autolesionisti, ecco i due files
completi, direttamente dal
frigorifero del Ministero dell'Interno:
uno (9,6mb) e
due (2,5mb). |
Talvolta la
democrazia e la libera espressione generano mostri:
parte sei.
Le altre cinque stufose puntate
del viaggio
all'interno del corpo elettorale sono più
sotto oppure nel malandrino indice
nella colonna di sinistra, in fondo.
cap. 5: il campionato dei
distinguo.
Capitolo cinque, dedicato a qualche luminoso esempio
di distinguo politico,
cioè le differenze programmatiche che rendono
- per esempio - il Movimento
di liberazione palestinese ontologicamente
distante e differente dal
Movimento di liberazione della Palestina.
Votare uno piuttosto che l'altro è indice di una
reale scelta di campo, di un diverso approccio
all'esistenza, ovvio. Un po' come optare per un
parrucchino o, invece, per un trapianto,
tricologicamente parlando. Apparentemente
paiono simili, se non uguali: chi non coglie le
differenze, è evidente, non se ne intende di
politica. Distinguo, appunto.
Moderazione.
Una bella triade di distingui, perché è
evidente che dire "moderati" non vuol dire
avere capito che cosa sia davvero il moderatismo. Il
moderatismo, quello vero, non è avanti al centro
contro gli opposti estremismi, è essere moderati al
punto da non essere così poco moderati come quei
moderati, bensì essere i soli, gli unici, i
primi, davvero moderati. Nessuno è moderato come me.
Alla ricerca del Sacro Graal delle differenze, ho
pensato di ordinare i seguenti simboli da quello che
mi pare più vicino alla sinistra (moderatismo di
sinistra moderato) a quello, blu, che mi pare più
destroide (ma sempre molto moderato, ovviamente). Ma
è difficile, perché volevo prendere una decisione
moderata.
Doppio salto
moderato.
Noi stiamo al centro. Se ci stiamo noi, gli altri
devono essere ai lati. Quindi, meno moderati.
Inoltre, siamo anche un polo civico, non un
partito. Il che vuol dire, come minimo, moderati
doppi, moderati al quadrato. I moderati tra i
moderati. I moderatissimi. Ci abbiamo messo un sacco
di tempo anche a decidere i colori del simbolo,
figuratevi.
Donne.
Le donne d'Italia sono
diverse dalla donne d'Europa.
Almeno questo è quello che capisco io osservando
vicini i due simboli qui sotto. La cosa era già nota
sulle spiagge di Riccione dagli anni Sessanta,
direi, e i bagnini erano già a conoscenza di questo
segreto. Ah, le svedesi! Mica come le italiane.
Mi pare, poi, che le donne d'Europa
non siano candidate al ruolo di
presidente del consiglio,
come tutti, ma a quello di
sceriffa, a guardare il simbolo.
Cloni.
Beppe Grillo non si
candida. Il che non fa deflettere minimamente alcune
liste che, pur di mettere
Grillo, in qualunque declinazione, nel
simbolo o nel nome, se ne impippano allegramente.
Tra tutte ne ho scelte due, qui sotto, per
esemplificare la cosa. Una, quella di sinistra,
vince i quarti di finale contro la sua omologa per
il nome vincente: "Movimento
Ultima Speranza". Il
MUS, che sprizza vitalità e ottimismo,
fiducia nel futuro e muco di mente balenga.
Cloni venuti male.
Se Grillo non dovesse
piacere o riscuotere successo, lo farà la
montagna per lui. A chi
non piace la montagna? Dai, sul serio, a chi non
piace? La facciamo rinascere, eh?
Un colpetto al Grillo e uno alla montagna, la
montagna piena e il Grillo ubriaco, due Grilli con
una montagna.
Sistemati anche i distingui,
che per una volta non sono solo prerogativa della
sinistra, la strada ormai si fa in discesa, visto
che siamo ormai entrati nel mese elettorale.
Alla prossima: "Talvolta la democrazia e la libera
espressione generano mostri: parte
sette". |
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