the b. site of the moon
sbrodolata finto-casuale di b.cose.
A Stalingrado non passano e, nel suo piccolo, neanche nel b.site. In ogni caso, rimane sempre il piano B.

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trivigante 2006

trenta

Il ventre dell'architetto.
Solidale con i miei amici architetti che vivono in un mondo davvero difficile.

E' iniziato ieri a Torino il XXIII Congresso mondiale degli Architetti, summa imbarazzante di una certa parte di mondo che interpreta l'architettura come un piacevole intermezzo tra le parole in libertà a un cocktail all'aperto e una colossale terapia di gruppo per ego ipertrofici con scarpe scamosciate.
Il titolo del congresso è "Transmitting Architecture-Trasmettere l'Architettura", manco fosse sifilide, il cui manifesto di intenzioni è già di per sé significativo del delirio sintattico e di concetto: "L'architettura che si pone all'interno di un processo complessivo che si vuole misurare con problematiche che travalicano gli stretti ambiti e linguaggi della professione, per affrontare le vere, grandi questioni dell'umanità", niente di meno, non fosse che manca la reggente e che, per i non adepti, la frase più che vaga pare pronunciata da Superman al tecnigrafo; proseguendo, presto giunge la perfetta proposizione d'ingegno, "L'architettura come sintesi del lavoro e del contributo di diverse discipline" nella quale, oltre all'ovvietà del significato, trionfa l'assenza di una qualunque forma verbale, ritenuta poco evocativa e demodé; terzo capo concettuale, "L'architettura che vuole sfuggire agli eccessi dell'individualismo per affrontare e risolvere i problemi concreti che interessano tutti", scritto con evidenza da un architetto di tredici anni al ritorno dalle vacanze estive. Memorabile la chiusa, che richiama all'attenzione "la salvaguardia ambientale come dovere etico dell'architetto, per un mondo abitabile nel futuro": basta che sia abitabile, altrimenti son cazzi per tutti, cari colleghi arch.
Prima deduzione: se siete interessati a scrivere di architettura, seguite la regola invariabile che prescrive di cominciare ogni frase, qualunque frase, con le seguenti strutture: "articolo-sostantivo-che", "articolo-sostantivo-come". E il più è fatto, poi è come il Paroliere. Brutti verbi, brutti.
La sezione "Eventi" del programma, come sempre, è la più gravida di meraviglie. Come non soffermarmi sull'eccezionale "Architecture Inside", in cui purtroppo non si parla di ventri e interiora ma si entra fisicamente in alcuni studi di architettura torinesi "per entrare nel vivo e partecipare al dibattito dell'abitare oggi con addetti ai lavori e simpatizzanti dell'argomento". Salve, sono un simpatizzante dell'abitare oggi, posso avere una tartina anche io? Magnifico. E nemmeno si parla di interiora alla mostra "Donna Colon", mia colpevole ignoranza, per un attimo ho pensato a un viaggio anatomico nell'universo femminile, pardòn.
A proposito di donne, eccezionali due eventi al riguardo, la tavola rotonda "Architettura al femminile", sottotitolo "L'apporto femminile al design, La donna e la città, La donna e la creatività, La donna e la professione dell'architetto", e la pubblicazione "Women, Steel and Architecture", che mi suona come "Donne, Acciaio e Architettura", in cui si raccolgono "poesia e concretezza, determinazione ed innovazione, come solo il genio femminile sa esprimere". Sarà una mia impressione ma mi pare si trasudi maschilismo paraculo un pochetto porno-fascistello, tra donne, acciaio e visioni femminili che nemmeno l'heavy metal spinto. Teorizzare "La donna e la professione dell'architetto" è da denuncia o calcio nei maroni, minimo. Per architetti adolescenti.
Vagolando ancora, non mi perderei per nulla al mondo il "Primo congresso di Feng Shui scientifico" e l'ipertecnico "Progettare e costruire edifici alti", dal titolo davvero per chi è addentro.
Infine, a trionfo dei cinque giorni e della parata di idee luminose, come mancare la "1° Coppa del mondo di Golf Architetti", qui il modulo di iscrizione, a degna conclusione di una kermesse in cui il pensiero dialoga con l'essenza immaginifica della concezione ideale dell'abitare e la sapienza dei materiali che uniscono tradizione e innovazione in un tutt'uno reale?
Vestirsi spurtivi, spurtivi ma fighetti.
(aggiunta: quasi dimenticavo un particolare importante, ciò che spetta a ogni partecipante al torneo di golf. Cito: "una welcome bag a tutti gli iscritti, contenente t-shirt del campionato e set di palline logate coppa del mondo Architetti" in cui il mostruoso neologismo "logate" sta per - ardisco - "con impresso il logo di". Vacillo).

ventinove

Congratulazioni.
L'italico genio in estrema estrema sintesi e in ordine cronologico.
Piano Air France su Alitalia: aumento di capitale di un miliardo di euro, riduzione della flotta aerea, riorganizzazione con 1.600 esuberi. Per Alitalia Servizi, circa 2.800 persone da inserire in Alitalia Fly, l'attività del personale in capo ad Az Servizi garantita per un periodo di quattro anni rinnovabile per altri quattro. Bocciato.
Piano Intesa Sanpaolo su Alitalia: nascita di una nuova compagnia in cui far confluire Alitalia fortemente ridimensionata assieme ad Air One, in contemporanea una ricapitalizzazione che apra il capitale a soci industriali e finanziari. Poi, in un secondo tempo, ricerca di un partner internazionale. Esuberi: "Quattromila tagli? Visto come stanno le cose, rischia di essere una stima troppo prudenziale", dicono i tecnici di Intesa. Teorico.

ventotto

Sarà l'aria di Treviso.
Nella cattolicissima Treviso, una ragazzina minorenne concede il proprio corpo per poter acquistare abiti alla moda. Peccato sia una storia di quarant'anni fa: la ragazzina che si faceva le foto nuda con il telefonino e le vendeva ai compagni per qualche euro è la variante tecnologica della protagonista del terzo episodio di "Signore e Signori" di Pietro Germi (1966), giovane ingenua che pur di fare acquisti si lascia sedurre da commercianti e professionisti a ripetizione. Sempre a Treviso. E allora?
Sentir tuonare la psicologa di turno - iddio ci liberi - contro i "ragazzi privi di una guida che girano in un immenso mercato senza aver imparato ad accettare il fatto di non poter avere tutto ciò che vogliono" e contro il mondo devastato da "Internet, i telefonini, le immagini e la televisione" mi fa, come minimo, accapponare la pelle. Le immagini?
Delle tre, l'una: o Germi era preveggente (anticipava i tempi, questo sì, ma prevedere il futuro magari no); o la signorina in questione ha visto il film; o parliamo delle stesse cose da quarant'anni, rinnovando lo scandalo e il commento al bar. E le spiegazioni sono, come sempre, del tutto improvvisate e prive di discernimento. Perché guardare lontano?
Germi prendeva in giro un contesto ultramoralista e bacchettone, mostrando come certe cose accadano anche nella retta provincia italiana, oggi la colpa è del contesto assatanato e del poco tempo che i genitori passano con i figli.
Sarà, a me vien da pensare che se la figliola è del tutto idiota, da qualcuno in casa avrà pur preso. Che la televisione aggiunga il carico da dieci al disfacimento morale mi fa solo, ancora, ridere. Possibile che nessuno tra genitori, psicologi, figlie degenerate, lettori di repubblica (eccomi!), telespettatori, commentatori e così via abbia mai la compiacenza, per una volta, di riconoscere in sé e/o nella propria prole un idiota?

ventisette

Il patto del cavallo.
Alle spalle di Trastevere capita che vi sia un colle che, sebbene non faccia parte dei proverbiali sette, ha una sua importanza da sempre: il Gianicolo. L'intestazione è interessante, poiché il toponimo è riferito al dio Giano, dio romano eclettico e bifronte, titolare di concetti materiali ed immateriali assolutamente affascinanti, vale a dire gli inizi e i passaggi, siano essi le soglie delle porte di casa o la nascita, la vita, l'inizio di una stagione, la spunta del raccolto e così via. Quando Roma scendeva in guerra, le porte del tempio di Giano restavano aperte fino alla fine della campagna.
Tuttora sul Gianicolo accadono cose bizzarre: a mezzogiorno un cannone spara segnando l'ora, una delle terrazze panoramiche del colle è sormontata da un faro vero e proprio - immagino sia per le navi volanti - e, sulla stessa terrazza, una volta sostavano i parenti dei detenuti a Regina Coeli i quali, essendo il carcere appena sotto, riuscivano a comunicare agevolmente senza dover aspettare il colloquio settimanale. Un siparietto davvero niente male, il direttore era permissivo.
Nel 1849, papa Pio IX chiese l'aiuto dei francesi contro quella Repubblica Romana che tanto lo infastidiva ed essi, i franzosi, assediarono la città. La resistenza venne organizzata sul Gianicolo, punto debole del fronte della Repubblica, da Garibaldi, Mazzini e Pisacane, e la difesa fu leggendaria.
Crollata la Repubblica, dopo l'Unità d'Italia la cima del Gianicolo divenne un immenso parco dedicato al Risorgimento, con ossario, moltitudini di statue e busti, retorica varia sparsa a profusione. Il ventunenne Mameli giace qui, valga come esempio.
Nel 1895, per onorare l'eroe e la resistenza contro il papa Re, sul cucuzzolo del colle fu apposto un enorme basamento sul quale troneggia ancora oggi la statua di Garibaldi. Vuoi per caso vuoi per perfida scelta politica, la statua venne orientata così che guardasse dritto dritto il Vaticano, fiera e ritta di fronte al nemico. Giova ricordare a proposito che all'epoca, fine Ottocento, le relazioni tra papato e regno d'Italia erano bell'e che interrotte.
Quando ripresero e portarono ai Patti Lateranensi del 1929, uno degli accordi minori dei trattati prevedeva che la statua dallo sguardo fastidioso fosse girata su sé stessa, a guardare fissa verso Roma e non verso la finestra papale, che il papa mi si innervosiva. E così fu fatto, Garibaldi fu girato, fu girato su una gamba, Garibaldi che comanda. Come è oggi.
Ahilui digiuno di geometria elementare, il papa fece calcoli approssimativi e, nella rotazione di centottanta gradi, ci perse parecchio: infatti, Garibaldi e ancor più il suo cavallo - come dice il poeta - da allora "mostrolli il culo", sebbene di terga signorilissime si tratti.

ventisei

Alta velocità.
Mi fa schifo ma non posso esimermi. Seconda tornata di intercettazioni nell'ambito dell'inchiesta su Agostino Saccà e gli allegri accordi RAI-Mediaset, con contorno di raccomandazioni e programmazioni all'unisono. Niente di nuovo ma, poiché saranno le ultime intercettazioni, tanto vale dare un ascolto qua e là. Mi riguarda un'intercettazione in particolare, telefonata Berlusconi-Guido De Angelis, il secondo è l'indimenticato uno del duo musicale Oliver Onions, con all'attivo le sigle televisive di Sandokan, Zorro, Orzowei e Il Gatto Doraemon. Anvedi. Adesso fa il produttore e infila zoccole qua e là, a seconda della richiesta.
Anche Berlusconi ha le sue richieste in fatto di zoccole, si sa, e così fissano un bell'incontro, decidendo di andare insieme in aereo da Roma a Milano. Anzi, ad Arcore. Dopo averlo fatto attendere un po' al telefono, d'altronde il potere è il potere, Berlusconi fa il piano di viaggio finale: decollo alle 12.30 da Ciampino, arrivo ad Arcore alle 13.45, quindi - gli fa - "passa da me a Palazzo Grazioli a Roma alle 12". Tempo netto: 1 ora e 45 minuti.
Commento vocis populi: stronzone. Piazza Venezia-Ciampino in mezz'ora a mezzogiorno significa una cosa sola (al tempo non era nemmeno presidente del consiglio): palette alzate, auto a sirena ululante, sgommate, aria da colonnelli sudamericani e in culo il puzzolente pedone che attraversa la strada. Il resto, ovviamente, è noia. Compreso il fatto che, talvolta, il pedone puzzolente sono io.
Sempre vox populi, per inciso, io ci metto un'ora e quarantacinque solo per arrivare a Ciampino, a mezzogiorno.

sedici

Gomorra.
Leggo oggi sul giornale che Gomorra, il film, ha superato i dieci milioni di euri di incasso. Il che, a spanne, fa più o meno un milione e avanza di spettatori. Al di là delle folgorazioni di Cannes, il film non regge il libro, infinitamente più complesso e interessante, sia per la definizione e il numero delle storie (il sarto su tutti) sia per la scrittura di Saviano, accidenti a lui, eccellente.
Io già a metà del primo tempo non vedevo l'ora finisse, il film, perché - confesso - ne avevo abbastanza di vedere Scampia, i camion di rifiuti guidati dai bambini, le regole idiote di un mondo che nemmeno dovrebbe esistere, l'orrendo senso dell'onore di certi figuri che nemmeno l'isola del diavolo basterebbe, la banalità manichea dell'appartenenza ai clan, i soldi, lo schifo generalizzato che, alla fine, arriva anche nel mio piatto. Manca del tutto la narrazione sulla camorra che fa affari con e grazie all'amministrazione politica, ma tant'è. Pigliare allo stomaco è (anche) il senso del film, e va benissimo per carità.
Siccome però non sono cose che scopriamo oggi, almeno molti di noi, l'incazzatura sovrasta il senso di sconcerto e di sorpresa. Incazzatura che, a ben vedere, non è certo una prerogativa leghista, anzi, sarebbe una prerogativa della sinistra. O, almeno, lo era.
Bella sconfitta, questa, e l'immobilità si manifesta ancora una volta con il cappotto, un altro, preso alle amministrative in Sicilia ieri.
E qui sorge spontanea la domanda: e se Gomorra fosse uscito prima delle elezioni, come sarebbe andata? Lega al raddoppio e noi ancora a fare la figura dei deficienti?

quattordici

Basiliche accatastate, fumetti e uno strano dio.
Accanimento architettonico, derivato dell'accanimento religioso, è l'unico concetto che mi viene in mente per spiegare la sovrapposizione di muri su muri e di culti su culti che ho visto oggi: i tre strati della Basilica di San Clemente al Laterano, manco fosse una torta.
Partendo dall'alto, in calzoncini del XII secolo con foggia bizantina, la basilica di San Clemente come la si può visitare oggi scendendo al massimo tre gradini in profondità; sdraiata sotto la basilica alta, la seconda basilica, in maglietta paleocristiana un po' umida, quattro o cinque metri sotto il livello stradale; terzo livello, alcune stanze di epoca repubblicana, forse un'abitazione, al di sotto delle quali, in direzione centro della terra, un locale adibito a mitreo, lambito da un fiume sotterraneo bello vivace. Che confusione, meglio puntare al dunque.
Nella basilica inferiore, buia, umida e scivolosa come spesso accade alle basiliche sovrastate da altre basiliche, sono sopravvissuti al tempo alcuni affreschi che raccontano la vita di san Clemente, miracoli e aneddoti. Uno di questi illustra la vicenda del patrizio Sisinno, che ordina a tre servi di trascinare il corpo di san Clemente: nessuno dei quali si è accorto, miracolo, che il corpo è in realtà una colonna. Più che miracolo, sa di raggiro furbetto, direi. Comunque, la cosa importante è che l'affresco è parlante, nel senso che accanto ai personaggi sono dipinti veri e propri fumetti in lingua semi-volgare, uno spasso per i fumettari appassionati di storia della lingua italiana di cui è pieno il mondo. Sisinno, per esempio, smadonna contro i suoi servi dicendo: "Fili de le pute, traite", un trionfo di gentilezza in latino-romanesco.
Primo fumetto della storia, pare, e volgare che anticipa di un paio di secoli i siciliani più noti.
Già questo basterebbe a giustificare un giretto qui ma ho promesso anche lo strano dio e mi tocca mantenere: scendendo ancora, diciamo una decina di metri sottoterra, in una delle stanze di epoca repubblicana è visibile un mitreo che, avanti con la cultura, è una stanza sotterranea senza finestre con due lunghe panche laterali e un altare in fondo, sul quale una statua rappresenta Mitra mentre uccide un toro, un vero classico del genere.
In luoghi come questo (ne esiste uno persino sotto il Circo Massimo), un po' segreti e un po' riservati, si svolgeva il culto del mitraismo. A un certo punto della storia romana, il mitraismo divenne una religione molto di moda: esotica al punto giusto (persiana ed ellenistica) faceva molto chic, un po' come il buddismo qualche anno fa, esoterica al punto da essere segreta e riservata a iniziati selezionati accuratamente, insomma una sciccheria di religione.
Desidero lasciare ai più volonterosi le ricerche ulteriori, io vorrei limitarmi a segnalare alcune notizie interessanti che ho appreso oggi: per ben cominciare, il mitraismo è antecedente al cristianesimo di tre secoli, sovrapponendosi poi per altri tre o quattro fino alla scomparsa; il destinatario nonché titolare del culto in area mediterranea, Mitra, nasce il 25 dicembre, oh ! oh!, e muore a trentatre anni, 'azz! Non solo, nasce in una grotta, viene adorato da pastori che recano oro, incenso e mirra. Uhm. Inoltre, nasce da una vergine e, dopo morto, resuscita e si reincarna per ascendere al cielo. Ma... D'accordo coincidenze, come coincidenze sono l'esistenza nel culto mitraico del paradiso e dell'inferno, di una specie di eucarestia praticata con pane e vino (o sangue del toro), la santificazione del settimo giorno e così via.
Io non so, ovviamente, chi copi chi e, cercando un poco in giro, mi pare che la cosa non sia molto chiara ad alcuno, dato che il dibattito è più che aperto. La cosa non è fondamentale, anzi, non ho raccolto questi quattro indizi per screditare cultori passati e presenti, bensì perché queste somiglianze la dicono lunga, molto lunga, sulla natura stessa del culto, come pratica e uso, le somiglianze scappano da tutte le parti tra religioni che ci piace pensare diverse.
I tre strati di San Clemente, quindi, sono ben più di tre, tra fumetti, culti paralleli e coincidenze. Se non mi venisse troppo da ridere, potrei scrivere un romanzo idiota sul mitraismo, spacciarlo per storico, fare incazzare il Vaticano, girare un film con Tom Hanks e diventare davvero molto ricco. Ma no, brutte cose, mi accontento di non essere scivolato sui gradini umidi del mitreo, vanificando tutti i miei sforzi fino a qui. Essere vivo è già una bella impresa.

dodici

Toccare con un dito il dito.
Per prima cosa meglio spazzare il campo dagli equivoci: il proverbiale San Tommaso incredulo alla vista di Cristo risorto che infila il dito nella piaga per verificare e che non ci crede finché non tocca è il San Tommaso apostolo, da qualcuno ritenuto il fratello gemello di Gesù e festeggiato il 3 luglio. Niente a che vedere con i santi d'Aquino, Becket, More, dunque. Ovvio, basterebbe fare due più due con le date ma l'umano ingegno tutto può.
Caravaggio, qui a fianco, dipinse San Tommaso che saggia con dito tra costoletta e costina la consistenza effettiva del corpo di Gesù dopo la morte e la resurrezione, perché non è che ci credesse tanto, meglio verificare de ditu. E giù di proverbi, da allora in poi. Comunque, di San Tommaso si persero le tracce dopo la morte di G., qualcuno dice che se ne andò in India e diede inizio a una maledizione, chi vuol verificare verifichi.
La storia non finisce qui, perché San Tommaso comparì nuovamente nel 1258 sotto forma di reliquia, portata dall'Egeo a Ortona da un navigante fedele a Venezia. Lesti nel cogliere l'occasione, gli ortonesi tiraron su una bella cattedrale, la intitolarono all'apostolo ed esposero le reliquie, ancora oggi visibili. Gli ortonesi, entro in zona divagazione, son gente strana, un miscuglio di pirati illirici e dalmati, gente normanna, longobarda, italica, al punto che ortonesi in qualche maniera sono G. D'Annunzio, M. Costanzo e R. Siffredi, tutti gettabili senza remore dalla rupe del disonore.
Basta divagare, devo giungere al nesso con me in data odierna: dalle reliquie ortonesi, per un qualche motivo non noto ai più, si separa il famoso dito, il dito del divin costato, che per via dritta e sicura giunge a Roma, nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Ovvero, il medesimo luogo nel quale sono stato io oggi, guarda il caso. E sì, senza suspans, ho visto il dito, il dito di San Tommaso ficcanaso, proprio lui, IL dito da mettere nelle piaghe per verificare. Accludo foto allegra della sobria nonché vera reliquia con copridito.
Ho pensato tanto: Tommaso se non vede non crede; anche io se non vedo non credo, in parallelo; ne consegue che non solo non credo a Gesù se non lo vedo ma non credo nemmeno a Tommaso, se non lo vedo; quindi, ora che ho visto Tommaso, almeno in parte, potrei anche credergli, visto che il dito è proprio proprio certamente fuordidubbio il suo; dando per buono il dito, esso però non implica direttamente il costato gesuino, implica eventualmente l'esistenza di Tommaso, per il resto garantisce lui. Cosa ti aspettavi, Tommaso, proprio tu?, che ti credessi sulla fiducia senza verificare di persona? Ovviamente no, increduli su increduli al quadrato.
Da questo momento in poi sono fiero di me perché, finalmente, credo in qualcosa: nel dito.

undici

Del papa non si butta via niente.
Ovvero snobbare felicemente le masse e distinguersi per moto contrario.
Prima mossa: mi accodo alla fiumana di gente che da via del Corso taglia verso la fontana di Trevi, mantenendo atteggiamento distaccato e animo superiore, poiché non sto seguendo alcuna guida e la fontana di Trevi non è il mio obbiettivo. I giapponesi e gli americani ancora non lo sanno, lo sapranno presto. Mi accodo ma non mi mescolo.
Seconda mossa: una volta di fronte alla fontana, le volgo le spalle, dando così inizio al moto contrario. Può darsi che un romano impiccione mi rivolga un “la fontana sta ddellà”, può essere, mantengo sempre distacco e animo superiore.
Terza mossa, impudente: ruotare di quarantacinque gradi verso sinistra, fissare lo sguardo sulla chiesa di fronte, scattare una fotografia, mantenendo sempre alle spalle la fontana. A questo punto la resistenza al moto umano tocca il culmine: un milione di persone che guarda e fotografa da una parte, io guardo e fotografo dall'altra. Potrei passare per idiota, anzi sicuramente lo passai, è il destino comune a tutti gli avanguardisti. A proposito, sto quasi mettendo in atto una performance artistica di rottura con le correnti dominanti, altro che la vernice rossa e le palline colorate dei cosiddetti neo-futuristi in cerca di ingaggio.
Comunque, oggetto della mia attenzione è la chiesa pluricolonnata della fotografia qui accanto, detta buffamente "chiesa del canneto", proprio per le abbondanti colonne barocche, diciotto, altresì conosciuta, secondo la nomenclatura parrocchiale, come chiesa dei santi Vincenzo e Anastasio.
A parte il canneto, a parer mio la chiesa non vale granché, se non fosse per una memorabile storia di trippe, budella, viscere, interiora e rigaglie.
Infatti: se un corpo papale ha da essere imbalsamato, come tocca a quasi tutti i corpi papali, che fare del contenuto, salvando il contenitore? E' evidente che sarebbe poco opportuno gettare le interiora ai cani, sarebbe poco salubre mangiarsele, data l'età e la possibilità di morte per avvelenamento del papa sopradetto, sarebbe inappropriato buttarle nel cassonetto dell'umido secondo la dottrina cattolica e secondo i dettami della raccolta differenziata.
La soluzione, dunque? Conservare le trippe pontificie in luogo appartato, questa chiesa, perché del papa, come del maiale, non si butta via niente. Ed è per questo che, saggezza romana, oltre che chiesa del Canneto è detta anche chiesa delle Frattaje. E di trippe e frattaglie ce ne sono parecchie, anche se nascoste in un andito non accessibile, almeno ventun papi riposano qui sotto forma di fegati, intestini, budellacce varie, dal 1590 al 1903. Dice il Belli (sonetto 1529): "Drent'una chiesa er corpo in barzamella" - imbalsamato, parla di San Pietro - "e drent'un'antra li pormoni, er core / er fedigo, la mirza e le budella!", la chiesa delle Frattaglie, appunto. All'uscita, la consapevolezza tutta particolare di guardare i tiratori di monetine nella fontana con la certezza che mai sapranno ciò che nasconde la chiesa invisibile alle loro spalle: budelle papali. Non tutti ridiventano polvere, qualcuno semina rognoni e trippe a destra e a mancina con gusto del macabro, bisogna dirlo, del tutto cattolico.

dieci

Poesia romana.
Da che scese Cristo in terra, Roma divenne zona, al massimo, di stornelli e versacci satirici, ché la poesia vera, da allora, si fece perlopiù a nord, in Toscana, in Provenza, in Germania piuttosto; dopo San Pietro, non fu alcuna corte romana in cui cantare l'amore e il rapimento, sentimenti del popolo bue senza fede, e di certo divenne consigliabile, bevendo il vino bianco de li castelli, pensare più al dileggio e allo scherzo che all'amor cortese; sarà forse che qui, più che chiare e fresche e dolci acque, c'eran le paludi e certi sassi che venivan fuori dal terreno, sarà che i lirici sentimentali e il papa poco andavan d'accordo, a differenza di pittori, architetti e scultori. Quali che siano le ragioni (è pur vero che il potere secolare o spirituale sta ancora qui) se il desiderio di verseggiare castamente alla donna diveniva irresistibile era consigliabile cercare aria più favorevole.
E così qui, ancor oggi, regna la poesia der popolo e della carne. Ne nascono poeti come il fiumarolo Eugenio Cornacchia, amante del Tevere, che diceva nel 1978: "Ricordete che er fiume vede e sente / e l'urtima parola è sempre sua / se dici li mortacci sotto ar ponte / subito l'eco t'arisponne: 'li tua... aaa...' / Pure se l'aribatti dentro ar sonno / Lui t'aripete sempre 'E de tu' nonno... ooo!'.
Per non dire del Belli, insospettabile impiegato che ne aveva una per chiunque e che raggiunse siffatti vertici di poesia amorosa: "Insomma, cazzo, se pò avé sto bbascio / Se pò ttastà un tantino er pettabbotto / Ma nnun avé ppavura, che ffo adascio: / Cuanto che ssento che cce tienghi sotto" e così via nel sonetto 182, "La scrupolosa", là dove è facile intuire cosa sia il pettabbotto.
E di poeti se ne trovano tuttora ovunque, spesso riversi da qualche ponte per troppa ispirazione, oppure sdraiati per far raffreddare il sentimento, sconosciuti e senza nome.
Ben prima di Luther Blissett, patetico esperimento di identità collettiva, qui a Roma regna da secoli Pasquino, ovvero il sonetto o la quartina di scherno e di denuncia, appiccicata in forma anonima sotto le statue parlanti, Pasquino, Babuino, Marforio, l'abate Luigi e madama Lucrezia, sia che si inveisca contro il Papa, contro il traffico, contro il tempo o Mastella. La migliore in tempi recenti? 1936, Mussolini per non sfigurare in occasione della visita di Hitler, fece costruire la stazione Ostiense, tutta bella fascistona. Poiché non fu finita in tempo, il mascellone fece mascherare le magagne con scenografie di cartone, dipinte come se. Pasquino, il giorno dopo sentenziò: "Povera Roma mia de travertino! / T'hanno vestita tutta de cartone / pe' fatte rimirà da 'n imbianchino".
E per finire, venendo ai tempi nostri, non posso non citare l'altrettanto sconosciuto, nonché sontuoso, Pino Cruccio, anche lui incapace di resistere alla tentazione della poesia. Ne cito due. La prima, titolo: "Supplì". Poesia: "Io / che ti pensavo / tiepido / ora / muoio / in un / inferno / interiore / di lampi / e / fuoco". La seconda, dolorosa: "Vita / amara / di disgrazie / perché / i destini / si somigliano tutti / caffè / salato / perché / i barattoli / pure".
La vita è difficile, fortuna che a Roma c'è poesia.

nove

Addizione di genio.
La sommatoria è a dir poco imbarazzante: il fine gusto per l'esibizione di sé stessi in limousine iperdimensionata con tanto di mezzobusto fuori dal tettucccio unita alla lieve scelta del modello Hummer, sobrio e adeguato ai canoni estetici attuali.
Ne consegue che lunghezza per mole fa non cafone ma molto molto di più, qualcosa che fino a oggi non avevo nemmeno osato immaginare.
Ah, l'Italia, la moda, il gusto, lo stile, uotta a uonderful cauntri.

due

Emily è fuggita con Steerforth.
Non ci posso credere. La piccola Emily è fuggita con Steerforth, con il cadavere del signor Barkis ancora caldo sul letto di morte, sono esterrefatto. Fedifraghi. E che dire di David, che si è sposato con Dora, graziosa quanto insulsa fanciulla dedita alla cura del suo cane e null'altro? Non può finire così, non può, David ama da sempre Emily, così dovrebbe andare, secondo me tra poco Dora muore.
Non appena le nubi si diradano all'orizzonte ed è possibile tirare un sospiro di sollievo, ecco immediatamente un rovescio, succede sempre, che ristabilisce l'andamento delle cose, un giorno su e un giorno giù. L'importante, come dice la signorina Trotwood, è mantenere dignità e compostezza anche nella disgrazia. Per fortuna, vale anche per le risalite.
E' la ferrea legge dei romanzi dickensiani - e non solo: gli stati di felicità e di disgrazia non durano mai a lungo, bisogna essere pronti, saldi nei sentimenti e tenaci nell'affrontare le situazioni. Tra i fulmini a ciel sereno, il rovescio principe è il rovescio finanziario: "Cara, abbiamo perso tutto, siamo rovinati". Investimenti sbagliati, uno o più truffatori, una banca incapace, niente di nuovo, chi ha investito in Parmalat o nella Popolare di Lodi lo sa. Oppure un usuraio traditore, il subdolo Uriah Heep (questa è una chicca per gli amanti dell'hard rock), che si insinua in un'onesta famiglia e pian piano, sfruttando il nome e la fiducia malriposta, la depreda dei suoi averi, o sfrutta la rendita di posizione. Facile: Gardini, Tronchetti Provera, Casini, tanti altri.
La legge del denaro non ammette deroghe e non fa sconti: "Entrata annua venti sterline, spesa annua diciannove sterline e sei: risultato, felicità. Entrata annua venti sterline, spesa annua venti sterline e sei: risultato, MISERIA".
Ma è Dickens, il grandioso Dickens, e di conseguenza chi dovrà pagare pagherà, chi è destinato alla giusta felicità la raggiungerà, chi dovrà morire morirà, così dovrebbe essere sempre.
E su tutto regna un tranquillizzante senso di provvidenza del tutto laico che, posso starne sicuro, rimetterà le cose a posto alla fine, il giusto agli onesti, pene ai colpevoli, poco ai miseri d'animo. Non so se convenga sperarci, in pochi si salvano davvero.
Fosse così la vita reale, vivremmo in un paese decimato, sicuro. Proseguo speranzoso la lettura.

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