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trivigante
2006 |
|
140 km/h.
Oggi
ho preso il treno, un signor treno, una specie di
Eurostar di qualche anno fa, con grandi vagoni molto
più lunghi dei nostri, in ognuno dei quali - in
seconda classe - si siedono in file da cinque circa
centocinquanta persone per scompartimento. Il dato
non è peregrino, mi serve per spiegare cosa accade
quando uno scompartimento intero di cinesi decide
all'unisono di mangiare: tirano fuori scartoccini e
scodelle ripiene di ogni tipo di bestia fritta,
lessata o cruda e ci danno davvero dentro. L'aria si
fa ricca di effluvi di ogni tipo. Come ogni cinese
beneducato, alla fine del lauto pasto mostrano la
loro soddisfazione, lo sapete, ruttando come
locomotive lanciate a tutto vapore e, talvolta, pure
scorreggiando di piacere. Tanto io sono in vacanza
e, quindi, apprezzo le manifestazioni di colore
locale.
Prerogative del treno cinese: il treno cinese ha
quattro bagni per scompartimento e quattro lavandini
separati, per coloro che si sono rovesciati i
noodles
dappertutto; il treno cinese ha due distributori di
acqua a disposizione per ogni scompartimento, grande
civiltà, e un bollitore elettrico, con il quale si
preparano la bevanda vitale; il treno cinese ha
un'ufficiale (perché di solito è donna) per ogni
scompartimento che saluta sull'attenti ogni città
attraversata; il treno cinese, persino il treno
semi-lussuoso che ho preso io, ha qualche insetto
che cammina sulla
moquette, ogni tanto: dev'essere scappato dal
piatto di qualcuno.
Attraverso millequattrocento chilometri di Cina,
ovviamente di giorno perché voglio guardare fuori, e
vedo tanta pianura, coltivata più sì che no, vedo
parecchie città enormi dai nomi sconosciuti (Xuzhou,
Suzhou, Bangbu, Hangshui eccetera) che hanno tutta
l'aria, ciascuna, di essere molto ma molto più
grandi di Milano, vedo ogni tanto delle fabbriche,
cementifici più che altro, con ciminiere altissime,
vedo qualche fiume di dimensioni davvero
spettacolari, vedo qualche montagna in lontananza a
metà del viaggio, proprio come quelle dei fumetti
cinesi, con le punte strane, vedo filari di alberi
infiniti sfrecciare quando viaggiamo a quasi
duecento all'ora.
Dopo dieci ore esatte e numerosi pasti dei compagni
cinesi, arrivo alla meta: Shanghai.
Troppo tardi per vedere alcunché ma, meraviglia, la
mattina dopo, al Bund di Shanghai la prima persona
che mi accoglie, e ancora ne son contento, è lei:
|
Lasciare un buon
ricordo.
E via con il quiz: chi rubò i
marmi del fregio del Partenone, una cariatide e se
li portò via nottetempo (e se l'avessero lasciato
fare si sarebbe portato via l'intera acropoli)? E
ancora: chi fu il responsabile del più grande
affronto della storia nei confronti della Cina,
ovvero la distruzione del Palazzo d'Estate
imperiale? Via col tempo.
Tic tac, tic tac. Niente signora Longari al
pulsante, quindi ecco la risposta: gli Inglesi (con
un po' di Francesi, in Cina). Ancora più
dettagliata: Lord Elgin, alias Thomas Bruce, settimo
conte di Elgin.
Se
la storia greca è nota, quella cinese per niente.
Sintesi: un palazzo imperiale enorme, utilizzato per
la ricreazione estiva della corte cinese, cioè un
palazzo con enormi laghi, pagode, isole, templi,
palazzi e case, luoghi di ristoro e così via,
diciamo tre volte la Città Proibita e, azzardo,
almeno una ventina di volte villa Borghese, per fare
un raffronto nostro. L'elemento più interessante di
tutto il Palazzo era un meraviglioso giardino
barocco, enorme, costruito nel Settecento
dall'Imperatore su disegno di alcuni gesuiti
italiani, con tanto di labirinto e templi alla moda
italiana. Questo è il cosiddetto "Old
summer Palace", cioè il vecchio palazzo
perché fu, come detto, distrutto.
Gli
Inglesi, comandati dall'ambasciatore Lord Elgin,
uomo che non conosceva gli scrupoli, per far
capitolare la Cina nella cosiddetta (erroneamente)
"seconda guerra dell'oppio", avendo costretto
l'Imperatore alla fuga e assediando la Città
Proibita, e non risolvendosi alla capitolazione il
Principe Gong, decisero di radere al suolo il
Palazzo d'Estate. E lo fecero. Essendo tutte le
costruzioni in legno, le bruciarono e il giardino
barocco, essendo in marmo, lo rovinarono a terra.
Oggi è ancora tutto così: restano i pavimenti dei
templi e dei palazzi, qualche rudere qua e là, e i
resti del giardino barocco; ricostruirono solo il
labirinto. Il resto è scomparso per sempre.
Era
il 1860. I cinesi, poi, costruirono un nuovo Palazzo
d'Estate in un luogo vicino (o, meglio, allargarono
un palazzo già esistente) ma non toccarono mai il
loro vecchio Palazzo, per ricordare per sempre
l'umiliazione subita.
Non stupisce, dunque, che ancora oggi il termine
"umiliazione" ricorra in ogni cartello illustrativo,
in ogni guida o libro di storia cinese. Infatti,
strano a dirsi, sebbene la Cina abbia una storia
infinita di guerre interne tra sud e nord, est e
ovest, non ha mai intrapreso una guerra di
occupazione esterna (o quasi), tanto meno verso
paesi europei, cui fu sempre, sostanzialmente,
indifferente.
La
Cina capitolò e fu costretta al primo dei "trattati
ineguali", ovvero la Convenzione di Pechino: se vi
siete mai chiesti come mai Hong Kong abbia avuto una
storia così strana, inglese in territorio cinese,
ecco questa è la risposta (o almeno una parte).
Vabbè, dirà qualcuno, ma erano Inglesi, Francesi e
Russi, si sa come son fatti. Certo, dico io, ammesso
che per un cinese faccia una qualche differenza,
erano Inglesi, Francesi e Russi. Poi, però, ci siamo
arrivati anche noi, Italiani brava gente. Nessuno ne
parla mai, da noi, ma qui se lo ricordano benissimo.
1899-1901: rivolta dei Boxer.
Fu
una rivolta cinese contro le ingerenze occidentali e
giapponesi in Cina, ampiamente pilotata e
strumentalizzata dall'Europa. La Cina, anche allora,
fu sconfitta dall'Alleanza degli Otto, nella quale
anche l'Italia fece la sua parte uccidendo la sua
parte di decine di migliaia di civili e occupando
parte del territorio cinese, e alla fine fu stilato
l'iniquo
Protocollo dei Boxer. Il resto è storia.
Se oggi, in Cina, parlate "degli
Otto", si ricordano benissimo di noi
Italiani. Brava gente, appunto. Un caso in cui
l'otto non portò né ricchezza né prosperità. E
nemmeno spaghetti e mandolino. |
Numerologia
spicciola.
Desidero,
per ipotesi, acquistare una scheda telefonica per un
cellulare cinese. A prescindere dalla compagnia e
dal tipo di abbonamento, le schede telefoniche,
scopro, hanno prezzi diversi a seconda del numero
telefonico che si intende acquistare. Per esempio,
le schede che contengono nel numero degli otto e dei
sei costano molto ma molto di più delle schede che
contengono o, peggio, terminano con il quattro.
Questo è dovuto al fatto che nella numerologia
cinese l'otto e il sei sono numeri fortunati e, in
qualche modo, associati alla vita felice, mentre il
quattro è il numero che indica la morte. Tutto ciò
non è un'allegro modo di dire mentre il
mikebongiorno
locale gira la ruota, questa è vita
quotidiana
di tutti i giorni, la numerologia è una scienza
presa molto seriamente e la scaramanzia è
dappertutto.
Per esempio, mi raccontano che uno dei ristoranti
più sciccosi di Pechino sia riuscito ad avere il
numero di telefono 888888, con - immagino - una
spesa abnorme e, questo l'ho visto io ieri, un'audi
supercostosa aveva la targa 66666, con spesa
analoga.
Inutile dire che la questione dei numeri sfortunati
crea non poca confusione nei grattacieli e nelle
costruzioni con almeno venti-venticinque piani.
Infatti, il conteggio dei piani è a dir poco
balordo: manca il quarto, come detto, poi il
tredicesimo (su suggerimento occidentale), poi il
quattordicesimo, perché finisce con quattro, il
ventiquattresimo e così via.
A dimostrazione, un paio di fotografie della
tastiera di un ascensore, con qualche salto
numerico. |
Piove governo figo/2.
Oggi ha finalmente piovuto. Anzi,
oggi hanno finalmente
fatto piovere.
Sono abbastanza certo che vi sia lo zampino del
Chinese weather
modification office per un semplice
motivo:
i primi minuti di pioggia, un paio, sono stati
contraddistinti da una strana pioggia di piccole
particelle bianche, simili a fiocchi di neve
squadrati, miste all'acqua. Poi ha piovuto
normalmente, non per molto, sì e no venti minuti,
riportando temperatura e umido a livelli
accettabili.
Dal mio osservatorio personale, continuo a trovare
la situazione inquinamento accettabile e mi stupisce
un poco il clamore sollevato dai giornali di tutto
il mondo. Ovvero: il cielo grigio-bianco, basso e
umido, che copre la visuale, è il normale cielo di
Pechino d'estate, in particolare a luglio. Facile
scambiarlo per un cielo greve di inquinamento, se lo
si guarda da una foto. Ho la sensazione che si tenda
un poco a enfatizzare la situazione, da parte
occidentale, per un qualche motivo, anche solo
riempire le pagine da qui all'8 agosto.
Comunque sia, qui a Pechino prosegue il blocco del
traffico dei camions, proseguono le targhe alterne e
la situazione pare più o meno sotto controllo. Si
dice che domani
faranno piovere di nuovo. Un elemento in
più:
le auto circolanti sono tutte equivalenti euro 4 e
vedo sempre più taxi a propulsione ibrida
benzina-elettricità. Questo fatto pone in ogni caso
Pechino più avanti di molte città europee nella
lotta all'inquinamento, per quel che vale. Resta
sempre una città da quindici milioni di abitanti.
Tornando al discorso di prima, cioè i resoconti dei
giornali stranieri, se avete l'abitudine di
consultare un giornale
online,
tipo Corriere
o
Repubblica, fate una prova: quando leggete un
articolo su Pechino, poi fate un giro sull'edizione
online del
China Daily, il più grande giornale in lingua
inglese della Cina, moderatamente filogovernativo.
Tre volte su quattro, garantisco, troverete pari
pari lo stesso articolo, vale a dire ecco svelata la
fonte. Surprais. |
L'ora della
merenda e uno sguardo veloce sulla rete.
Verso le quattro, essendo dalle
parti del mercato di Donghuamen, ho pensato di fare
merenda, come raccomandano tutte le mamme del mondo,
la mia compresa.
Una merenda sana, composta di zuccheri, vitamine e
proteine. Forse non tanto leggera, questo sì, ma
nutriente e adatta alla temperatura. Posto
documentazione fotografica.
Esaurita la pratica merenda, aggiungo
alcune brevissime considerazioni, del tutto
lacunose, sulla questione della presunta censura
cinese sulla rete. Per quanto ho potuto vedere io in
questi giorni, in effetti Google è di una lentezza
scoraggiante e non sempre tutti i risultati sono
visualizzati, specie le immagini. Non sono sicuro si
tratti di una questione di censura, poiché
abbandonando Internet Explorer e utilizzando Firefox
la situazione migliora di molto e migliora ancor di
più utilizzando la casellina di ricerca in alto a
destra invece che il sito stesso del motore di
ricerca.
Piuttosto, è difficile valutare la qualità dei
risultati ottenuti, cioè se vi sia un effettivo
oscuramento: per quanto mi compete, io non ho notato
nulla di strano oltre ai soliti casi noti (il sito
di Amnesty è effettivamente bianco) ma, è pur vero,
io non cerco, e non saprei come,
blogs di
cinesi dissidenti né cerco risultati in lingua
cinese. Una banale ricerca in inglese su
google.com.cn,
"protest against
chinese government", dà quasi tre milioni di
indicazioni da seguire. Pare, invece, che la
situazione sul fronte
bloggers,
dissidenti o meno, si stia piuttosto alleggerendo,
complice il fatto che è del tutto impossibile
contenere la marea umana che scrive e commenta ogni
giorno i fatti della Cina.
Non sono in grado di valutare, ripeto, anche se
alcuni indizi mi portano a pensare che vi sia, tutto
sommato, un discreto grado di libertà di
comunicazione, in generale. Infatti, ho letto
diversi articoli particolarmente critici con il
governo cinese per la sua azione nel Darfur, sia su
giornali filogovernativi che non, naturalmente in
inglese. Può essere che sui giornali in lingua
cinese di tutto questo arrivi poco o nulla, può
darsi, ma al momento non sono davvero in grado di
valutare. |
08.08.08: meno
undici.
Seconda tornata di noterelle
sull'organizzazione olimpica.
Diverse voci mi hanno riferito di uno o più
spostamenti coatti di persone, oltre agli ormai
risaputi spostamenti di fabbriche inquinanti. Tali
voci sono contradditorie, nessuno ha saputo dirmi
esattamente dove siano avvenuti, quante e quali
persone siano state allontanate dalla città per le
Olimpiadi e su quali basi. Molti non sono a
conoscenza di queste notizie. Da parte mia, per
quello che mi compete, ho visto che alcuni
hutong
particolarmente disastrati sono stati più o meno
occultati con grandi manifesti e cartelloni, i muri
perimetrali ridipinti e piazzati qua e là enormi
vasi di fiori. Al contrario, proprio di fianco
all'entrata del celeberrimo Tempio dell'Armonia
Celeste, uno dei punti salienti della città, una
famiglia vive in una piccola baracca fatta di
materiali di risulta e, al momento in cui scrivo,
nonostante sia visibilissima è ancora al suo posto.
Il che mi fa pensare che si tratti di voci
incontrollate, poiché non possiedo elementi certi.
Sparsi
per tutta la città, i gazebo dei volontari delle
Olimpiadi offrono qualunque tipo di informazione
necessaria e
gadgets ai curiosi e agli stranieri: tutti
con la maglietta ufficiale e con un
pass
plastificato, i volontari godono di un certo
rispetto sociale e di ammirazione femminile o
maschile, a seconda. Vedo un volontario canadese
intervistato dalla televisione cinese che spiega
come sia fiero di restituire, finalmente, qualche
cosa al paese che così generosamente gli ha offerto
tante opportunità. La cosa è serissima e io non sono
sarcastico ora, lo spirito è davvero di questo tipo.
In tutte le fermate della metropolitana, oltre ai
banchetti dei volontari, sono stati installati dei
metal detector
e degli scivoli per l'ispezione delle borse. Se
fossimo a Ramallah la cosa avrebbe carattere
piuttosto drammatico e inquietante, qui, invece,
l'atmosfera è complessivamente rilassata, nessuno si
scompone e i controlli sono rapidi, fatti un po'
alla cinese: il poliziotto incaricato guarda ma con
attenzione relativa, spesso mangiando
noodles e
grattandosi la testa.
Sulle
tangenziali esterne, la superstrada proveniente
dall'aeroporto e i quattro anelli esterni alla
città, tutti i pali della luce sono ricoperti da
bandiere delle olimpiadi, rosse e bianche e verdi, e
i guard-rails
sono ricoperti di vasi di fiori, per chilometri e
chilometri; inoltre, una corsia - quella più a
sinistra - è riservata dalle sei del mattino a
mezzanotte ai mezzi olimpici, atleti, giornalisti e
addetti. In tutti questi giorni non ho visto
nessuno, mai, occupare la corsia riservata, nemmeno
negli ingorghi più furenti. Sarei curioso di
conoscere l'ammontare della multa o della condanna.
I giornalisti avranno a disposizione un centro
apposito, enorme e tutto nuovo, nel quale sono state
predisposte diecimila postazioni, dotate di tutto il
necessario; l'impressione che ne ho ricavato, vista
la posizione e la struttura, è che gli inviati
saranno abbastanza pilotati nei percorsi e - ammesso
che ne sentano l'esigenza - forse non saranno
lasciati del tutto liberi di vagare per la città,
alla ricerca di immagini e odori locali. Mi pare,
osservando dall'esterno, che siano stati predisposti
una serie di percorsi preferenziali, entro i quali
tutti i potenziali osservatori saranno contenuti e
indirizzati. Mi pare anche logico, in fin dei conti
il grande ritorno delle Olimpiadi sarà una questione
di immagine e di accreditamento internazionale per
la Cina, ragione per cui un po' di specchietti per
le allodole ci vogliono.
Gli ospedali dichiarano la completa apertura 24/7,
cioè tutti i giorni a tutte le ore, per tutta la
durata delle Olimpiadi e delle para-Olimpiadi.
Allora, mi son chiesto, talvolta gli ospedali
chiudono, in Cina? La risposta è sì, gli ospedali, a
parte alcune strutture di eccellenza, normalmente
sono chiusi i fine settimana e mezza giornata dei
giorni feriali, dal che risulta che sono aperti
cinque mezze giornate a settimana, alternandosi.
Uhm, bizzarro. I vigili del fuoco, per una questione
di orgoglio, hanno deciso di non essere da meno dei
medici e degli infermieri, dichiarando il "Livello 1
del piano di prevenzione di controllo degli
incendi", il livello più alto, una specie di doppio
controllo non segreto da qui al 20 di settembre.
Sono cancellati tutti i permessi per gli effettivi e
per i volontari. Non è un'esasperazione governativa
né un timore campato per aria, in effetti tutti i
templi e i palazzi significativi della città sono in
buona parte in legno, come da tradizione
architettonica cinese.
E i poliziotti? I poliziotti, che poi di fatto
appartengono all'esercito, si sono dovuti sorbire un
mega-corso intensivo sugli aspetti principali -
origini, forme, tabù, testi fondamentali - del
Cristianesimo, dell'Islamismo e del Buddhismo, così
da non incappare in spiacevoli quanto non voluti
insulti alle sensibilità straniere in visita a
Pechino per i giochi. Il corso dev'essere stato
talmente devastante al punto che io, in sette
giorni, non ho mai visto un poliziotto cinese
parlare con chicchessia, evidentemente sono così
intimoriti da evitare a prescindere ogni contatto.
Infine,
i gadgets.
Sono numerosissimi i negozi di oggetti con il
marchio ufficiale "Beijing
2008", pupazzetti delle cinque mostruose
mascottes,
asciugamani molto cinesi da scaldare al vapore e
mettersi sulla faccia, magliette, tute e tutto
quanto si può facilmente immaginare. Ma ancora più
facilmente si può girare l'angolo, qualunque angolo,
per trovare una rivendita non ufficiale di
gadgets
olimpici, sarebbe a dire gioiosamente falsi e che
costano un quarto degli originali. D'altronde, nel
regno della copia questo è il minimo che può
accadere. Due considerazioni: uno, nessuno qui fa
una piega alla vista dei falsi, visto che la cosa
sarebbe quanto meno incoerente, e le autorità
preposte lasciano fare; secondo, la questione dei
falsi di marca, cioè della duplicazione di oggetti,
film e vestiti è decisamente complessa, da queste
parti. E' diffusa la posizione, che io condivido,
che le copie aiutino in larghissima misura la
diffusione dei marchi e che contribuiscano in gran
parte al loro successo. Non mi sono ancora chiari
diversi aspetti della questione, mi sfuggono alcuni
passaggi fondamentali del ragionamento. In ogni
caso, più per una questione di apparenza che di
sostanza, i negozi in centro specializzati nella
vendita di dvd copiati sono stati chiusi, un po'
camuffati o ridimensionati nel catalogo.
Temporaneamente, sia chiaro, non appena il trambusto
sarà passato, torneranno a fiorire come splendidi
fiori di loto. Finti. |
Traduzioni e
composizioni.
Rispetto a qualche anno
fa, è in atto un mastodontico ed
ammirevole tentativo da parte cinese di
rendere le indicazioni più comuni in
inglese, a fianco della consueta scritta
in cinese. A Pechino, almeno, e nelle
zone turistiche più frequentate.
Non solo i segnali stradali ma, anche,
la toponomastica, i cartelli più comuni
- bagno pubblico, telefono, banca,
metropolitana etc. - le targhette nei
musei e nei templi, i nomi sui prodotti
più diffusi e così via.
La cosa assume connotati spassosi in
molti casi, visto che la gamma delle
traduzioni e delle grafie occidentali
spazia dalla perfezione assoluta, opera
di traduttori abili, a svarioni di ogni
tipo, forma e colore, opera di
traduttori e compositori un pochino meno
abili. Gli esempi sono tantissimi,
allego qualche foto. In libreria, per
dirne una, ho trovato una copia in
cinese di "Per
chi suona la campana" di
Hemingway; copia che il commesso, certo
e sicuro della sua traduzione, mi
assicura abbia il titolo "Per
chi suona la campanella".
Forse una riduzione scolastica del noto
testo? |
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Jan zi.
Lo
jan zi è uno dei giochi di abilità più
praticati nei parchi pechinesi e ci giocano davvero
tutti, giovani e anziani, maschi e femmine senza
distinzione. Impressionante l'abilità diffusa,
starei ore a guardarli ammirato. Il gioco consiste
nell'avvolgere un sasso in diversi fogli di carta,
in modo che il peso del sasso stia verso il basso e
con la carta restante si formi una specie di coda
verso l'alto, che bilanci il tutto. Esiste
ovviamente anche la versione prefabbricata
dell'arnese, che assomiglia più o meno al volano del
badmington,
un po' più grande. Ottenuto questo, il gioco prevede
che ci si passi il volano senza farlo cadere a
terra, toccandolo solo con i piedi, le cosce e le
spalle.
Esemplifico la cosa con un filmato che ho girato
questa sera sulle rive del lago Houhai:
|
08.08.08: meno
tredici.
Come promesso, una prima tornata
di noterelle sui dettagli organizzativi delle
Olimpiadi.
Nel frattempo, continua a non piovere. La foschia e
l'umidità aumentano in un sadico crescendo
rossiniano, come se qualcuno continuasse a girare la
rotella della Grande Sauna. Per chiarire, aggiungo
qui sotto alcune fotografie del villaggio olimpico
scattate questa mattina, in favore del tempo
splendido che ho appena raccontato. Il
Beijing
Meteorological Bureau, già oggetto di un post
qualche giorno fa, ha aperto una linea telefonica
diretta (010-68710008), una
hotline,
per coloro che avessero bisogno di ragguagli sulla
situazione metereologica. Domani chiamo e chiedo se,
cortesemente, hanno intenzione di
far piovere.
Oggi
si è tenuta la conferenza stampa ufficiale di
Gilbert Felli, capo osservatore del CIO (Comitato
Olimpico Internazionale) per le Olimpiadi di
Pechino. Felli, che ha visitato Pechino regolarmente
dal 2001 a oggi, ha espresso soddisfazione per la
qualità dell'aria, "much
better" di quello che si sarebbe aspettato.
Inoltre, si è detto molto felice perché i soliti
problemi tecnici che precedono un'Olimpiade qui sono
stati tutti risolti senza difficoltà. Vista l'ottima
riuscita della conferenza stampa e la reciproca
soddisfazione, aggiungo io, Felli è stato
prontamente rilasciato e i suoi familiari sono ora
liberi di rivederlo a casa.
Sempre sull'onda dell'attualità, ieri si sono
diplomate le 337 hostess cinesi incaricate di
consegnare le medaglie ai Giochi. Dopo una selezione
durissima su cinquemila ragazze delle Università di
Pechino e Shanghai, le prescelte hanno seguito un
corso di due mesi, tutti i giorni dalle 6.30 del
mattino alle 23, nel quale hanno imparato a
sorridere mostrando soltanto otto denti, canone di
eleganza esemplare, a guardare in macchina senza
chiudere gli occhi ai flash, anche se con le lacrime
agli occhi, hanno appreso la storia delle olimpiadi
e il cerimoniale alla perfezione. Impazzano tra esse
due gemelle, Li Ziye e Li Xiaoye, entrambe
diplomate, che piacciono moltissimo alla stampa
locale, e che saranno prescelte presumibilmente per
la consegna della prima medaglia d'oro. Ricordo per
gli sbadati che già due figlie femmine sono una
rarità qui in Cina, figurarsi due gemelle tutte
belline e sorridenti a otto denti ciascuna. Fateci
caso, se seguirete la prima premiazione.
Contemporaneamente,
è cominciata e subito finita l'ultima tornata della
vendita dei biglietti: davanti allo stadio olimpico,
il bird's nest,
un bel po' di gente si è fatta la notte in attesa
per comprare uno o due dei 250.000 biglietti venduti
a Pechino. Infatti, a nessuna persona normale è
concesso comprare più di due biglietti per le gare
dell'Olimpiade e i biglietti sono rigorosamente
nominali, con tanto di fotografia e di
chip stile
carta di credito. Pare che modificare l'intestazione
sia una cosa complicatissima e da domani scada il
termine per l'operazione. E allora io mi chiedo come
mai un giovane cinese mi abbia avvicinato
stamattina, vicino al
Water Cube
(il parallelepipedo bellissimo dedicato al nuoto)
offrendomi biglietti per le gare con sguardo
furbetto: mi divertirebbe molto scoprire che hanno
falsificato anche quelli, rifilando patacche a
turisti inavvisati. Capace che se stamattina avessi
detto sì probabilmente mi avrebbe venduto un
biglietto per l'inaugurazione a cento euro, invece
che ai settemila richiesti ufficialmente. In palco
presidenziale, s'intende.
Un
dato numerico: l'intera operazione Olimpiadi ha un
costo dichiarato, finora, di 12 miliardi di dollari
e, secondo l'ultima previsione, rientrerà di 3
miliardi di dollari tra la vendita dei biglietti, le
sponsorizzazioni, gli incassi dei diritti
televisivi, la riconversione e la vendita di alcune
delle strutture olimpiche, per esempio gli
appartamenti del villaggio olimpico. Il resto,
chiaramente, è investimento su scala internazionale.
L'intera zona olimpica è del tutto
off-limits
per chi non possiede un accredito, i poliziotti
sotto l'ombrellone di
Mac Donald's
(uno dei
main sponsors) controllano l'intero
perimetro, e così mi sono accalcato con centinaia di
famigliole cinesi lungo le recinzioni per scattare
fotografie agli iperbolici impianti, compreso un
palazzone a forma di fiaccola olimpica che, son
sincero, non ha esattamente scatenato in me la
sindrome di Stendhal.
(Prosegue). |
Azione popolare.
Premetto che questa è una storia
molto ma molto più crudele della storia della morte
della mamma di Bambi, quindi i cuoricini sensibili
si astengano dalla lettura.
Nel 1956, a cavallo tra la riforma agraria e il
"grande balzo in avanti", la Cina tutta, su
indicazione del Grande Timoniere, si mobilitò in una
lotta che vide l'intero paese unito nel
raggiungimento dell'obbiettivo. Fu un momento in cui
tutto il paese fu solidale, come molti altri momenti
della storia cinese recente, e ogni contadino,
operaio, soldato, insegnante o scolaro fece la
propria parte per una settimana intera, senza pause
o ripensamenti. Fu una lotta fondamentale contro i
nemici del popolo, coloro che ostacolavano un
corretto e rapido progresso dell'agricoltura cinese,
ancora piuttosto primitiva e a basso rendimento,
verso uno sviluppo e una crescita spettacolare, come
il Governo auspicava. Chi erano questi nemici del
popolo che danneggiavano l'agricoltura?
I
passeri. Ebbene sì, i tremendi passeri nemici della
rivoluzione. Per una settimana, giorno e notte, in
tutta la Cina il popolo agitò bandiere e stracci
vicino ai tetti, alle piante, ai pali della luce,
alle ringhiere, insomma ovunque i nemici del popolo
potessero adagiarsi. In sette giorni la lotta fu
vinta e il nemico sterminato, fu il trionfo della
volontà di un popolo.
Ora, prima di procedere oltre vorrei rassicurare i
lettori puri di cuore giunti fino a qui: adesso i
passeri ci sono di nuovo, tendono più che altro a
stare un po' timidi nei parchi e svolazzare in
stormi un poco protetti, ma ci sono. Merito del
nuovo corso politico? Può essere.
Lo sterminio dei passeri è una delle tipiche
rimostranze che un occidentale un minimo conscio di
aneddoti tende a fare ai cinesi con cui riesce a
interloquire, guardandoli come si guarderebbe
Crudelia de Mon. I cinesi, per parte loro, un po'
sbuffano perché la storiella sa di stantio e, poi,
sospettano che gli occidentali non abbiano ben
chiaro il quadro complessivo. Infine, la replica più
semplice da parte dei cinesi potrebbe essere: "beh,
voi li mangiate!" (signorilmente non cadono
così in basso). Tutto vero, sia lo sconcerto
occidentale sia le repliche orientali.
Ora, dando per scontato il rammarico per i poveri
passeri del 1956, sul quale nessuno discute, ciò che
colpisce, come in tanti altri episodi, è
l'unitarietà d'azione di un popolo così grande, la
mobilitazione popolare senza esitazioni che risponde
alla chiamata per risolvere radicalmente un problema
in nome del benessere collettivo, o supposto tale.
Questo genere di fenomeno è impressionante per un
individualista proveniente da una cultura
individualista, chiunque di noi si sarebbe sentito
in dovere di avanzare le proprie obiezioni e i
propri distinguo del caso, a volte coerenti e a
volte molto ipocriti, anche se sussurrati nel
segreto di una sala da pranzo e mai esposti in
pubblico.
Comunque sia, un popolo che si mobilitava compatto
in questo modo solleticava di certo le fantasie più
astratte di un Governo che, di certo, non poneva
limiti alla propria immaginazione. Circolava tempo
fa una battuta in Italia, per la quale si diceva che
se i cinesi avessero deciso di salire
contemporaneamente ognuno su una seggiola e saltare
giù tutti insieme, noi saremmo morti tutti per
inondazioni e terremoti. E' un po' l'idea del
pericolo giallo, non giapponese ma cinese: tutti
uniti senza ripensamenti verso l'obbiettivo in virtù
dei grandi numeri.
Ma non disperiamo, capita anche a noi, talvolta, di
unirci e camminare verso l'obbiettivo: l'ultima
volta, che io ricordi, è stata quando abbiamo
cambiato tutti insieme il frigorifero in nome del
bando dei CFC e in favore dell'ozono, nostro amico.
Un popolo, un risultato, nessuna obiezione e avanti
tutta verso la rivoluzione del freddo. Visto? Siamo
capaci anche noi. |
Piove governo figo.
Alcune questioni di stretta
attualità in questi giorni a Pechino: fa davvero
caldo e man mano che passano i giorni la condensa,
umida e satura, aumenta a vista d'occhio e, di
conseguenza, la visibilità diminuisce; la situazione
climatica non favorisce la dispersione delle polveri
inquinanti, le quali, anzi, tendono a rimanere in
sospensione piuttosto che depositarsi a terra; la
città sorge in una zona sostanzialmente povera
d'acqua e battuta dai venti desertici del nord,
ragione per cui l'approvvigionamento di risorse
idriche è sempre stato difficoltoso, in particolare
d'estate, non a caso un abitante di Pechino ha
accesso a circa diecimila piedi cubi d'acqua
all'anno, vale a dire un terzo della media mondiale;
la città, oltre ai numerosi parchi, è costellata di
un numero impressionante di installazioni floreali,
aiuole, fioriere, ardite costruzioni di siepi e
piante distribuite in occasione delle olimpiadi e,
nonostante, una schiera infinita di innaffiatori
ufficiali, i
fiori
e le piante cominciano piano piano ad appassire (a
margine, allego fotografia degli splendidi
innaffiatoi cinesi, che sono dritti e non curvi come
i nostri).
Che fare, per questi problemi urgenti?
E' a questo punto che entra in gioco il
Chinese weather
modification office, un dipartimento del
Beijing
Meteorological Bureau, attualmente il più
grande ente del mondo che si occupa di metereologia,
più di trentasettemila persone impiegate.
Attenzione, però, il
Chinese weather
modification office (CWMO), come da nome, non
si occupa di metereologia pura, bensì di
modificazione
del tempo metereologico o di
cloud seeding, in questo caso. Non piove? Si
vuole la neve il giorno di capodanno? Ci pensa il
governo, si chiami dunque il CWMO.
L'idea di controllare, o meglio di modificare
(creare dal nulla è attualmente non fattibile),
l'andamento delle precipitazioni è un'idea americana
degli anni Cinquanta, ripresa poi con entusiasmo
dagli Australiani, con modesti esiti dall'Unione
Sovietica e dalla Russia poi, con timidezza in India
e attualmente praticata al massimo livello dalla
Cina. Consiste, in parole povere e profane, nello
sparare ioduro d'argento nelle nuvole esistenti per
aumentare ed accelerare le precipitazioni. I casi
conosciuti di modificazione delle precipitazioni
sono molteplici: gli Stati Uniti provocarono un
incremento dei monsoni durante la guerra in Vietnam,
l'Unione Sovietica fece piovere diversi giorni sulla
centrale di Chernobyl subito dopo l'incidente,
l'Australia fece vari esperimenti in Tasmania negli
anni Sessanta. Nello scorso aprile la Russia ha
sperimentato una nuova tecnica lanciando sacchi di
cemento in polvere da alcuni aerei, con il risultato
di centrare una casa con un blocco di cemento da 25
chili (qui)
che, evidentemente, mica si è polverizzato.
La
Cina ha già sperimentato più volte il
cloud seeding ed è in procinto di rifarlo
ora, allo scopo di migliorare le condizioni
ambientali e climatiche di Pechino, garantire bel
tempo durante le olimpiadi, innaffiare copiosamente
la città e rifornire le risorse idriche. Infatti,
sono alcuni giorni che in città si mormora che
faranno piovere,
non che pioverà. Siamo tutti in attesa e, nonostante
l'idea in sé di controllare il tempo metereologico
sia piuttosto inquietante, io condivido in qualche
modo la delega illimitata del popolo cinese al
governo: se esiste un problema, il Governo lo
risolverà. E rapidamente, pure.
Inutile sottolineare che la totale fiducia nelle
possibilità del governo è un sentimento piuttosto
inedito per un italiano, abituato piuttosto a
confidare nell'immobilismo politico nella speranza
di ridurre i danni. Ciò nonostante, anch'io sono a
naso all'aria e attendo che
facciano piovere,
perché sto imparando direttamente che il Governo
cinese le cose le fa e se, per esempio, deve
spostare mezzo milione di persone o sommergere
intere province, si tratta di noiosi dettagli.
Impressionante per me, normale per i cinesi, i quali
- abituati a ben altro - rimproverano anzi a
Hu Jintao
una certa mancanza di piglio decisionista, una certa
debolezza di carattere che mal si accompagna alle
esigenze immediate del paese.
Ora aspetto la pioggia, putroppo un po' sconsolato
poiché non potrò mai sapere se avrà piovuto davvero
o è il Chinese
weather modification office che gioca. |
Minchiate italiane
sulla Cina: repubblica.it.
Di minchiate sulla Cina se ne
sentono tante, in Italia come in ogni parte del
mondo, visto che nessuno studia e molti raccattano
quello che trovano, specie se si tratta di notiziole
da "Forse non
tutti sanno che" e "Strano
ma vero", meglio se corredate di fotografie
esplicative. Siccome ora la Cina è di moda perché
esotica
oltre ogni limite e finanziariamente da agganciare,
ogni notizia è legittimata dalla lontananza e
dall'oscurità che avvolge il paese, soprattutto se
non ci si piglia la briga di consultare, che so,
anche solo wikipedia, se non proprio una fonte
locale.
Di minchiate
Repubblica.it ne ha infilate due nel giro di
due giorni, nessuna novità, ma visto che mi trovo
qui le segnalo.
Prima
notizia: "Ecco
il treno delle Olimpiadi: è il più veloce del mondo",
qui, e la cosa sensazionale sarebbe che "Lo
hanno realizzato in Cina per collegare le due
principali sedi dei Giochi Olimpici, Pechino e
Tianjin. Interni spaziosi e design d'avanguardia,
con un servizio di assistenza a bordo paragonabile a
quello offerto sulla prima classe di un aereo, a 350
chilometri l'ora". Ovviamente è una balla con
tanto di foto Reuters, il treno più veloce del mondo
utilizzato per il trasporto passeggeri è sì in Cina
ma a Shanghai, è il
Maglev
transrapid e collega l'aeroporto
internazionale di Pudong alla stazione di Long Yang
Road a 431 km/h di velocità di punta.
Seconda
notizia (o curiosità del cacchio): "Cina,
il traffico si controlla sotto l'ombrellone",
qui, e la notizia curiosa sarebbe che "ogni
giorno a Nanchang, nella provincia di Jiangxi,
all'uscita dell'autostrada un agente controlla il
traffico dall'insolita postazione davanti l'entrata
del cantiere del complesso European Resort".
Non contenti, a Repubblica.it aggiungono che si
tratta di "una
curiosità segnalata da Umberto Nicodemo, autore
delle foto raccolte in questa galleria, che mostra
il lato non promozionale della Cina alle prese con i
lavori delle strutture all'avanguardia dei Giochi
Olimpici di Pechino". Cari Repubblica.it e
caro Nicodemo, grazie per lo
scoop e per
il divertente lato
non promozionale, peccato che
tutti i
poliziotti in Cina, non solo a Nanchang, d'estate
stiano sotto un ombrellone, se ne vedono a ogni
angolo di strada, come senza dubbio fanno
tutti i
poliziotti o impiegati che devono stare
all'esterno in tutto l'Oriente, in Thailandia
piuttosto che in Vietnam o in Cambogia. E ho il vago
dubbio che facciano la stessa identica cosa a
Palermo piuttosto che a Bari o a Rio de Janeiro
d'estate. Piuttosto, se proprio, è più interessante
questa
piccola foto di un poliziotto cinese sotto
l'ombrellone, e che ombrellone, davanti allo stadio
olimpico. Almeno c'è un valore aggiunto.
Fondamentalmente non mi importa nulla del treno
maxiveloce o delle curiosità estive della polizia
cinese, non sono importanti, il punto è il costante
folklore
che i giornali italiani fanno su tutto ciò che è
estero, invece di mandare qualche bell'inviato che
si prenda la briga di capire, di studiare un po' e
sintetizzare. Ovvio, costa meno e offre argomenti da
divano al lettore svagato.
Avanti così, dunque, tutti con le schiene sempre
belle dritte, mi raccomando. |
One world one
dream.
E' giunto il momento di parlare
delle Olimpiadi, di affrontare finalmente
l'argomento. Finora è stato tempo di costume e
società, ora è tempo dei servizi sullo sport.
Ecco la domanda: come andranno le gare vere e
proprie? In risposta, posso anticipare con certezza
che sarà un massacro, il numero di medaglie d'oro
vinte dalla Cina sarà impressionante, forse
addirittura a tre cifre, come mai prima. I motivi,
essenzialmente, sono due.
Il
primo, di carattere sportivo, più o meno. Come
sempre accade, il paese ospitante vince un numero di
medaglie superiore al proprio valore effettivo, è
una consuetudine in tutti gli sport; a parte qualche
accidente, chi organizza porta a casa il risultato,
è un fatto normale. Ma non basta. Com'è
comprensibile, il governo cinese non solo ha messo
in moto anni fa la macchina organizzativa dei giochi
ma ha anche allevato una generazione affinché
primeggiasse in campo sportivo, in qualunque campo,
come da tradizione di quasi tutti i paesi
socialisti, si veda la vecchia DDR o l'Unione
Sovietica nel 1980. Se la questione
doping è
una questione ancora del tutto inesplorata in area
cinese, e non è che americani ed europei facciano
molto meglio in questo settore, è pur vero che una
schiera di ragazzini cinesi è assolutamente pronta
ad affrontare questa e le prossime olimpiadi con un
unico scopo: vincere. E' un fatto di lustro e di
reputazione collettiva, secondo il principio eterno
di onorare la propria nazione con la vittoria e
restituire al proprio paese una parte
dell'investimento. Non contano i nomi delle
ragazzine della squadra di ginnastica artistica
cinese, tutte dodicenni al massimo, conta il fatto
che sono la
Cina e la vittoria collettiva viene ben prima della
vittoria individuale. I nomi passano, la Cina resta.
Inoltre è predominante un fattore cui accennavo
prima: il sentimento diffusissimo per il quale
coloro che sono destinatari della fiducia, del
sostegno e dell'investimento del paese si sentono in
dovere, assoluto e indiscutibile, di ripagare il più
possibile ciò che hanno ricevuto. E lo faranno, sono
pronto a scommettere qualunque cosa, dovreste vedere
che aria tira qui.
Infatti, non si tratta di individui che in qualche
modo scoprono di essere dotati in qualche disciplina
e che qualche centro sportivo federale decide di
tirar su nella speranza che vinca qualcosa, come
accade da noi. Qui si tratta di un vero e proprio
progetto di educazione ed efficienza fisica di
Stato, nel quale un individuo "viene
responsabilizzato all'idea di essere un cittadino
preparato a dare il suo contributo fisico alla
costruzione della nazione, sia attraverso il lavoro,
che attraverso la difesa del paese"* o
attraverso lo sport. Un ragazzino delle elementari
si sveglia al mattino e comincia con esercizi in
casa seguendo la radiomusica, un programma
radiofonico apposito, dopo di che segue le ore
obbligatorie di educazione fisica a scuola, ogni
giorno, e conclude con il doposcuola sportivo, nel
quale si pone l'accento sul lato competitivo
dell'attività sportiva. La conclusione, secondo me,
è abbastanza scontata: sarà un massacro.
A margine dell'ecatombe, mi incuriosisce scoprire
che il concetto di competizione era del tutto
estraneo alla cultura sportiva cinese, almeno fino
al nostro tempo, era anzi considerato disdicevole
praticare attività che avessero in sé il principio
del conflitto e che non fossero di tipo individuale.
Il motore del movimento fisico in Cina, infatti, è
sempre stata l'armonia e la moderazione personale.
L'idea dello sport di squadra e della vittoria come
fine ultimo dell'agonismo è del tutto e senza dubbio
occidentale, oserei dire generata nella Grecia
antica, e fu introdotta in oriente solo alla metà
dell'Ottocento. Fu poi con il 1949 che l'approccio
occidentale fu istituzionalizzato e portato
all'esasperazione di Stato. A monte, dunque,
esagerando, la provocazione è partita da noi, ancora
una volta.
Tornando
al discorso di prima, il secondo motivo è di ordine
climatico. Mi spiego. In questi giorni ci sono
mediamente trenta/trentacinque gradi tra le otto del
mattino e le sette di sera. Siccome anch'io mi
voglio attenere alla nuova moda nella rilevazione
delle temperature, posso affermare che i
trenta/trentacinque gradi reali sono non più della
metà dei gradi percepiti da un essere umano a
Pechino. Il cento per cento di umidità reale è pari
al cento per cento dell'umidità percepita. Bei
tempi, quando c'era Bernacca. Comunque, in sintesi
fa un caldo bestiale e il clima non è esattamente
secco. Fatta la premessa metereologica, passo in
rassegna rapidamente il programma, qualche esempio:
le batterie di atletica leggera sono previste alle 9
del mattino del 18 agosto; la finale di
baseball
alle 10.30 del mattino del 22; il tennis inizierà
alle 16 del 16 agosto; il ciclismo è previsto alle
16.30 del 15 agosto e così via. Insomma, a parte gli
sport al coperto e i nuotatori fortunati, per gli
altri sono previsti collassi e schianti. D'accordo,
sono atleti e si prenderanno il tempo necessario per
adattarsi, non discuto, ho comunque la sensazione
che il fattore climatico giocherà una parte
interessante in tutta la faccenda e sono abbastanza
sicuro che di records del mondo
outdoor ne
vedremo pochini. Meglio: mi permetto di dubitare che
un velocista tedesco o canadese riesca a fare il
tempone, stiamo a vedere.
Concludo qui le osservazioni in merito allo sport
vero e proprio, che peraltro mi compete pochino. Nei
prossimi posts
i fatti organizzativi e qualche informazione
in più sul contesto olimpico.
*
(da P. Angelini, G. Mamone,
Il
podio celeste - Storia dell'educazione fisica e
dello sport in Cina,
Stampa Alternativa, 2008) |
Taxi driver.
Il taxi è il mezzo più comune di
spostamento a Pechino o, quantomeno, è il mezzo più
utilizzato dai turisti. I prezzi sono
sostanzialmente bassi, per uno straniero, con cinque
euro si può farsi scarrozzare da una parte all'altra
di Pechino per una buona oretta nell'ora di punta.
Tutti i taxi pechinesi sono monomarca, cioè sono
tutte Hyundai (strano, essendo una marca sudcoreana)
e sono invariabilmente gialli e marroni o gialli
e
blu, anche se non ho ancora capito quale sia la
differenza, se ce n'è una. Comunque, l'unico trauma
nel prendere un taxi consiste nel passare dai
trentacinque gradi esterni e umidi ai sedici gradi
centigradi all'interno della macchina, dal che
deduco che il tassista pechinese viva in un perenne
stato di semi-conservazione. Tranne quando si
attiva, il che non è infrequente, e dopo una robusta
preparazione apre il finestrino e sputa fuori. La
caratteristica principale dei tassisti pechinesi è
la suprema padronanza del territorio, rimango
incredulo ogni volta: infatti, è uso comunicare la
destinazione non indicando la strada ma in modo più
specifico l'obbiettivo, per esempio il negozio di
grilli di Jiang Jie o il ristorante
taldeitali
che fa un'anatra laccata davvero memorabile. A
questo punto, il tassista si astrae un momento,
sguardo fisso nel vuoto, e poi esprime la sua
soddisfazione emettendo il seguente borborigmo: "mmmmm
oghé". Ha capito, ha trovato il luogo,
identificato il percorso e ha detto
occhei. Si
parte.
Poiché nessun tassista pechinese parla inglese o
altra lingua al di fuori del cinese, esiste uno
strumento di cui non sospettavo l'esistenza, la
Beijing Taxi Guide.
E' un piccolo libretto (ne esistono molte, in
realtà) che riporta i luoghi di interesse della
città, monumenti, negozi, ristoranti, parchi etc.,
con l'indicazione in inglese e in cinese, così:
Friendship Market - Sanlitun
友谊超市, 三里屯路7号
E' sufficiente dunque indicare al
tassista con il dito la magica scritta ed ecco che
arriva, poco dopo, il "mmmmm
oghé". E' fatta. E' possibile dunque girare a
Pechino senza sapere un accidenti nella lingua
locale? La risposta è sì, anche se sarebbe
infinitamente più divertente dirlo, almeno una
volta, in cinese. Finora ci sono riuscito una volta
sola, dicendo "daa-uanglò"
(Dawanglu) a un tassista, che ha capito al volo.
Poi, però, mi ha fatto una domanda e io lì sono
rimasto ebete. |
Trova il tuo dio.
Ovvero, interagisci con la tua
religione o, meglio, costruisci e interpreta il tuo
tipo di culto.
Se si venisse presi in Cina da un desiderio
irresistibile di provare a dare una struttura alle
proprie tensioni spirituali, la scelta è ampia e
multiforme: il Buddhismo, nella versione prettamente
cinese, vale a dire il Buddhismo Han, che è una
strana mescolanza tra il Buddhismo primitivo ed
elementi razionalistici, pericolosamente vicini alle
idee marxiste e socialiste; il Confucianesimo,
tradizionalista e gerarchico, che per sua natura ben
si adattava a una società feudale e per questo fu
religione di stato; il Taoismo, concentrato sulla
relazione tra uomo e natura, in aperto contrasto con
il formalismo confuciano e per questo bollato come "fatalista";
l'Islamismo, penetrato pochissimo in oriente, che ha
risentito di una commistione incredibile con
elementi cinesi al punto da essere quasi una
religione diversa (la moschea di Pechino è davvero
buffa); il Cristianesimo, anch'esso poco presente,
radicalmente lontano dalla sensibilità cinese e, per
questo, inciampato fin da subito in mille motivi di
resistenza, con buona pace di Matteo Ricci (diceva
Montesquieu in tempi non sospetti: "è
pressoché impossibile che il crisitanesimo possa mai
stabilirsi in Cina" e aveva ragione).
Benché privo di tensioni spirituali e ancor meno
desideroso di strutturare alcunché nella mia
esistenza, ho svolto una rapida indagine al fine di
stabilire, nell'eventualità, a quale dottrina mi
potrei rivolgere se ne avessi bisogno. Scartato il
Buddhismo, poiché devastato per sempre nel mio
immaginario da calciatori e
soubrettes,
non ho nemmeno preso in considerazione, nella rosa
dei candidati, Cristianesimo e Islamismo, per
ragioni storiche e morali evidenti. Non per
esotismo, restano in lizza Confucianesimo e Taoismo,
entrambe dottrine prettamente cinesi.
La
scelta, avendo avuto modo di testare direttamente le
diverse proposte nei templi pechinesi, non può che
cadere sul Taoismo, infinitamente più interessante e
personale del Confucianesimo. Infatti, il primo
aspetto del Taoismo che lascia sconcertato un
europeo è l'assenza di qualsiasi tipo di dogma, il
che già di per sé è una bella liberazione, nel senso
che per noi i concetti di dogma e religione sono
praticamente indissolubili, se non sinonimi. In
seconda battuta, poiché il Taoismo non contempla
l'esistenza di un peccato originale, l'idea di
salvezza è in positivo, è una conquista personale e
non una ricompensa elargita da un dio caritatevole,
e si riferisce unicamente al
qui e ora,
senza alcuna posticipazione al mondo ultraterreno.
Infatti, fermi restando i principi di armonia con la
legge naturale, il fedele taoista costruisce la
propria salvezza nella ricerca del proprio
equilibrio interiore. Ti piace suonare il flauto e
questa attività ti aiuta nella tua ricerca di
armonia? Fallo, dice il Taoismo, e sii felice.
Infine, è del tutto assente ogni forma di
intermediazione tra il fedele e la divinità, cioè
non ci sono i preti. Non male. Il monaco taoista è
un artigiano o un lavoratore, non possiede uno
status di ministro di alto rango, si dedica alla
contemplazione e ad attività di sviluppo personale e
non interferisce con le attività dei fedeli.
Qui
a sinistra una testimonianza di un monaco lettore di
giornale nel tempio della Nuvola bianca (Baiyun
Guan).
Ecco come funziona, in pratica: il tempio è
l'insieme di una trentina o più di templi più
piccoli, ognuno di essi dedicato a una divinità
specifica, la quale divinità ha un potere molto
circoscritto che viene invocato a seconda delle
esigenze. Per esempio, Kuixing è il protettore degli
studenti e degli scolari e se gli si tocca l'addome,
egli è in grado di acuire l'intelligenza di chi si
rivolge a lui. Mica poco, come superpotere. Oppure,
Lu Zu aiuta i cuori gentili a vivere serenamente (e
chi più di essi ha bisogno di aiuto, dico io?) e,
soprattutto, non rifiuta mai di concedere la sua
attenzione. Ancora, Songzi si occupa delle
partorienti e Sun Simiao, il re della medicina,
oltre a riportare in vita i morti (cosa che fa
raramente) è in grado di risolvere i problemi
dell'alcolismo. Chiunque ne abbia voglia, entra nel
tempio, si dirige alla divinità che fa al caso
proprio e interagisce con essa, parlandole e
portandole qualche piccolo dono, un incenso acceso o
un'arancia.
A pensarci bene, tutto ciò rimanda abbastanza da
vicino al ruolo che nel Cristianesimo primitivo
avevano i santi protettori, ognuno con un proprio
compito e specialità, capaci di intervenire in modo
appropriato senza la mediazione del clero su
richiesta personale.
Il tempio stesso, nel suo insieme, è costruito per
invitare il visitatore all'interazione: pare una
piccola città in cui ogni tempio è una casa e tra le
case vi sono piccoli giardini, spazi per le
biciclette, fontane e bracieri. Nel tempio della
Nuvola bianca, per esempio, sono nascoste tre
scimmie scolpite nella pietra e se qualcuno lo
desidera può cercarle e, se trovate, ricevere
fortuna. Oppure può cimentarsi nel lancio di un
piccolo disco di metallo (non monete volgari) contro
una campana e vedere così avverare un desiderio.
Ma
l'invito all'interazione è sommo quando scopro che,
per esempio, sono a disposizione delle belle ramazze
e, se il fedele lo desidera, può anche dare una
bella pulita, visto che in fondo è un po' anche casa
sua. Pare poco?
Riflettevo ieri sera a cena su tutta la questione e
un mio saggio e molto onorevole amico mi faceva
notare un altro aspetto della cosa: la cella di un
monaco taoista è costituita da una piccola stanza
che dà su uno dei cortili del tempio, accanto alla
porta sono lasciate le scarpe, appoggiate in
verticale, e fuori c'è un piccolo spazio con alcune
aiuole di fiori, una ramazza e lo spazio per una
bicicletta o carrettino. A ben pensarci, come ci ha
pensato il mio saggio amico, i significati di questi
oggetti e di questa disposizione sono: costruisciti
un tuo spazio in cui dedicarti alle cose che ti
rendono sereno, tienilo pulito e curalo con
attenzione e dignità, togliti le scarpe prima di
entrare, circondati di fiori e piante di cui ti
prendi cura e quando puoi, esci e vai in giro.
Una strepitosa e commovente sintesi della vita umana
e delle attività meritevoli, trovo. Ecco perché,
valutate le opzioni, in caso avessi il desiderio di
strutturare in qualche modo le mie tensioni
spirituali e materiali, mi rivolgerei di certo al
Taoismo. E a guardar meglio, pur senza un'adesione
esplicita, si tratta semplicemente di ciò che le
brave persone già fanno o cercano di fare tutti i
giorni, lottando contro il logorio della vita
moderna, senza che qualcuno di altolocato le debba
perdonare per cose che non hanno fatto. |
Olimpiadi: panico
nei cantieri.
Nessuna discussione, entro questo
venerdì tutti i cantieri a Pechino devono essere
chiusi.
Non importa un fico se il signor Wang sta
ristrutturando la fognatura di casa e dovrà
sgravarsi nel secchio, la direttiva è secca e ferma,
senza deroghe.
Complice il blocco del traffico dei camion, il
panico si sparge nei cantieri.
Oddio,
non che si legga ansia e frenesia sul viso degli
operai cinesi, i quali, come sempre, continuano a
lavorare secondo il loro principio immutabile: uno
lavora e tre guardano. Però la questione si fa
premente e mi capita spesso di vedere giovani
militari di sedici o diciassette anni di fronte a
piccoli cantieri, negozi o case, con il compito di
presidiare i lavori e accelerarli. Probabilmente
giovedì i militari cominceranno a puntare la pistola
alla tempia degli operai, per ora osservano e fanno
i cani (pechinesi) da guardia. Per quanto riguarda i
cantieri grossi, vale a dire grattacieli di quaranta
piani che vengon su come funghi dopo la pioggia, le
strutture nude in cemento armato vengono ricoperte
con lastre scure simili a finestre, così che a uno
sguardo profano e distratto il grattacielo pare
effettivamente finito e funzionante. Alcuni di
questi pannelli si aprono, paiono davvero finestre
aperte da lavoratori accaldati. Si riprenderà poi.
Un poi che significa, attualmente, a metà settembre,
visto che alle olimpiadi seguiranno le
para-olimpiadi, con tutto ciò che ne segue. Bocce
ferme, quindi, da sabato per un mese e mezzo. |
Pechino è una
città inquinata?
Ovvio, la risposta è sì ma va un
po' spiegata.
Innanzitutto, Pechino non è così inquinata come uno
si aspetterebbe, non come Bangkok o Dalmine dove
anche respirare è un problema serio. Certo non è un
verde alpeggio di montagna.
Se la distanza tra il carbone e l'energia eolica,
via nucleare, noi europei la stiamo coprendo
nell'arco di settant'anni circa, i cinesi - come in
ogni cosa, industriale o culturale - sono costretti
a bruciare le tappe e a compiere lo stesso percorso
in venti o trent'anni. E lo stanno facendo, sebbene
sia ovvio che la rapidità genera gli stessi mostri,
concentrati invece che diluiti nel tempo. Infatti,
la situazione ambientale in Cina è genericamente
disastrosa.
Il
governo cinese ha compreso molto seriamente la
necessità di adottare immediatamente delle politiche
ambientali di sviluppo compatibile ed è sbagliato
pensare che lo stiano facendo solo in funzione delle
Olimpiadi. Non è così, hanno compreso che, a
differenza di noi, non possono aspettare di essere
un paese ricco per adottare provvedimenti.
Nonostante le dimensioni abnormi e l'evidente grado
di sottosviluppo del paese, la Cina ha investito 12
miliardi di dollari nell'ultimo anno per permettere
a un sistema del tutto inefficiente, l'industria
cinese, di trasformarsi rapidamente in un sistema
più efficiente con un impatto più contenuto. Proprio
grazie alla sua inefficienza, il sistema industriale
cinese offre opportunità più concrete di risanamento
e di contrazione della domanda energetica rispetto a
sistemi consolidati nel tempo e ad alta resa
produttiva.
I nostri.
Per quanto riguarda Pechino, la situazione è
complessa: dal 2000 la popolazione è raddoppiata,
trasformando la città in una mostropoli da quindici
milioni di abitanti. I quali abitanti portano
ovviamente in dote tre milioni di automobili,
raddoppiate anch'esse nell'ultimo anno. Il clima non
aiuta la dispersione delle polveri, poiché tende a
ristagnare e quando non ristagna porta con sé i
venti dallo Shanxi e dallo Shandong, province
ricolme di miniere di carbone e acciaierie. Polveri
e polveri si combinano e offrono alcune giornate in
cui l'aria è talmente densa e scura da limitare la
vista a una decina di metri. Immagini
dell'inquinamento cinese circolano anche da noi ma
raccontano una situazione che pare superata.
Il governo, come dicevo, ha adottato misure a lungo
termine: la chiusura forzata e il trasferimento
della maggior parte delle fabbriche cittadine, con
spese allucinanti, il blocco del traffico e
l'utilizzo di materiali che assorbono suono e
polveri, il monitoraggio dell'aria più evoluto al
mondo (si veda Istituto di fisica atmosferica di
Pechino), la razionalizzazione dei trasporti e il
massiccio utilizzo di mezzi pubblici, taxi e
qualunque altra alternativa. La metropolitana cresce
al ritmo di due nuove linee ogni sei mesi e le linee
di autobus sono già più di mille.
La situazione è di molto migliorata rispetto agli
anni scorsi, mi dicono, e io constato di persona che
non mi trovo più a disagio che in una grossa città
europea non molto sensibile alle questioni
ambientali. Detto questo, resta una città inquinata
che sta lavorando nella direzione giusta.
Su un settimanale cinese d'opinione, più o meno come
il nostro Espresso, è uscito questa settimana un
articolo che riprende una classifica americana sulle
città più inquinate del pianeta. Avevo letto in
Italia di questa classifica, ovviamente opinabile e
per nulla chiara sui parametri adottati, e
risultavano in testa come peggiori città del mondo
Città del Messico e Pechino, seguite
sorprendentemente (per me, ingenuo) al quarto posto
da Milano. Nella versione cinese della classifica,
Milano è la prima, Pechino segue. Non si tratta di
disinformazione governativa, tutt'altro: si tratta
di una lettura diversa che tiene conto anche delle
procedure messe in atto per risolvere il problema.
Oppure, noi e loro giochiamo al gioco del "tanto
c'è qualcuno peggio di noi", per guadagnarci
alibi. Discutibile in ogni caso, come dicevo, e
comunque "Milano
fa male" è una frase che, per orgoglio,
spetta a noi italiani. Fatto sta che qui la
situazione, ne sono certo anche se sono arrivato da
poco, la prendono più seriamente. Si vede e si
sente, si guardi a riprova il cielo della fotografia
qui sopra, scattata oggi da me. Non è caraibico ma
nemmeno infernale.
Limitatamente alla questione olimpica, da tre giorni
è vietato il traffico in città ai camion, di ogni
genere e tipo. Il che sta procurando alcuni problemi
come, per esempio, l'approvvigionamento di generi
alimentari e di prima necessità. I cinesi si
arrangiano con piccoli furgoncini e moltiplicando le
consegne, pare che comunque si siano verificati
alcuni esempi di saccheggio di supermercati e grandi
magazzini, in previsione di un periodo di relativa
penuria. Non sarà così, tra diciotto giorni ci sono
le Olimpiadi e tutto sarà al proprio posto, sugli
scaffali, camion o no. |
Autodenunzia.
Oggi sono salito su un volo KLM
che, alla resa dei fatti, si è rivelato essere un
volo Alitalia, verde e non azzurro. Ma la crisi non
si percepisce, le hostess sono ben pettinate e non
hanno le calze tutte smagliate, la scelta di
giornali è ampia, il pilota ha una voce
tranquilla
e non sembra volersi gettare dall'aeroplano. Con
italica incoscienza, nonostante il piano Intesa
Sanpaolo, offrono uno spuntino, scegliere tra il
sandwich freddo e ripieno di morte e la tortina al
cioccolato confezionata nell'argento vivo. Scelgo il
salato e il blocco intestinale. Dopo il sandwich non
resisto e ho un desiderio goloso, raggiungo la
signorina Alitalia e avanzo richiesta spudorata:
posso avere anche la tortina? Lo so che sono due
cose insieme ma posso averle lo stesso? La prego,
anche io voglio mangiare su Alitalia... La signorina
cede e io mangio il dolce. Solo dopo, a crisi
digestiva in divenire, realizzo: oddiochehofatto?
Ora sono partecipe delle perdite milionarie della
compagnia, sono responsabile dei tagli al personale,
che di certo saranno moltissimi, non avrei dovuto
eccedere con il surplus. Sono peggio di Bonomi e dei
boiardi Alitalia, ho mangiato parte della torta, una
grande fetta, non sono meglio di loro, no. Colpa
della torta. E colpa mia. Cordata italiana, lo
ammetto: è anche colpa mia, chiedo scusa a tutti, a
tutti. |
Tempo di qualifica.
Archiviato il primo volo, non me
ne faccio mancare un secondo. Anch'esso fintamente
KLM, si dimostra essere un Southern China Airlines,
e qui già si svela un poco l'arcano che spiega, tra
l'altro, le ore balorde di questi raccontini. Vado a
Pechino. Nonostante io non abbia - ancora - ottenuto
alcun tempo valido per le qualifiche in nessuna
disciplina, nemmeno per le para-olimpiadi, ho deciso
di andarci lo stesso, per sperimentare la tensione
pre-olimpica e annusare odori strani.
Prendere un volo intercontinentale equivale, in
sostanza, ad andare una notte in campeggio, in
tenda, con un centinaio di sconosciuti. Nella stessa
tenda, si capisce. Nemmeno il tempo di serrare le
porte e ricevere le istruzioni minime per
schiantarsi in un incidente aereo con il salvagente
addosso, che i miei compagni di campeggio già si
sono tolti scarpe, calze, vestiti e un pochino di
dignità. Qualcuno addirittura indossa prontamente la
tuta, le ciabatte e il pigiamino, forse un riflesso
incondizionato di fronte a uno schermo e a una
poltrona. Uno si taglia le unghie e un altro si
deodora di continuo, trascurando il fatto di essere
in una scatola pressurizzata. Grazie.
L'itinerario
prevede almeno sette ore di Russia a undicimila
metri di quota e novecento e passa chilometri
all'ora. Anche così, la Russia non finisce mai. E
pensare che almeno una volta al secolo c'è qualcuno
che si convince di poterla conquistare a piedi e
moschetto in mano. Da questo punto di vista, Revelli
è quasi più chiaro e crudo di Rigoni Stern. Quasi
alla fine della Russia, ma ne manca ancora, l'aereo
vira a sud di novanta gradi, sorvola la Mongolia e
il deserto del Gobi, un'enorme distesa di argilla
segnata dalle piogge monsoniche di stagione, e si
immette, alla fine, in un gigantesco banco di
foschia umida permanente.
E' Pechino, d'estate.
Il mio è un ritorno dopo un sacco di anni, sono
curioso e, insieme, un po' timoroso, allora fu
sconvolgente, ora non so cosa aspettarmi. Per ora,
posso dire che il menu sull'aereo è pressoché
identico ad allora, forse manca un'oliva qua e là
che, di questi tempi, significa qualche centinaio di
milioni di dollari risparmiati.
Domani si comincia. |
Genio
imprenditoriale non italico.
Dissi qualche tempo fa della mia
smisurata ammirazione per l'inventore della
lavanderia automatica, più propriamente lavanderia
self service.
Infatti, con un comodo gettone o poco più è
possibile lavare i propri panni sporchi non troppo
in pubblico, circondandosi anzi di complici con cui
è molto facile solidarizzare, in nome della modica
quantità di ammorbidente.
Non
è necessario essere in viaggio, la lavanderia
self service
è una scelta civile anche da stanziali, una
scelta collettiva e non individuale. E, poi, è
irresistibile incrociare gli sguardi interrogativi
degli extracomunitari, stupiti della presenza di un
italiano con untume e bottiglione di detersivo.
Esiste un'evoluzione tecnica particolarmente
interessante della lavanderia
self service:
la lavanderia
con internet point annesso, una mia vecchia
fissazione. Il tempo medio di un paio di mail e una
scorsa ai titoli, o un post sul blog (ardita
confessione), corrisponde perfettamente al tempo di
un bucato e relativa asciugatura.
Da parte mia, non avendo una connessione casalinga,
continuo a lavare e rilavare abiti e lenzuola, con
uno spasmo mai visto prima. Merito della proficua
accoppiata, frutto - e qui devo dirlo - non certo di
italico genio, anzi, bensì di genio straniero
trapiantato qui (come traspare velatamente dalla
foto acclusa qui sopra). L'iddio delle belle idee
benedica, ancora, l'immigrazione e le teste
pensanti. Grazie. Che se stavo ad aspettare
l'imprenditore locale, stavo fresco. |
Senza suspans.
Alle 19 si vota il
Ddl Camera 1442
- Disposizioni in materia di sospensione del
processo penale nei confronti delle alte cariche
dello Stato:
Art. 1.
1. Salvi i casi previsti
dagli articoli 90 e 96 della Costituzione, i
processi penali nei confronti dei soggetti
che rivestono la qualità di Presidente della
Repubblica, di Presidente del Senato della
Repubblica, di Presidente della Camera dei
deputati e di Presidente del Consiglio dei
ministri sono sospesi dalla data di
assunzione e fino alla cessazione della
carica o della funzione. La sospensione si
applica anche ai processi penali per fatti
antecedenti l'assunzione della carica o
della funzione.
2.
L'imputato o il suo difensore munito di
procura speciale può rinunciare in ogni
momento alla sospensione.
3.
La sospensione non impedisce al giudice, ove
ne ricorrano i presupposti, di provvedere,
ai sensi degli articoli 392 e 467 del codice
di procedura penale, per l'assunzione delle
prove non rinviabili.
4.
Si applicano le disposizioni dell'articolo
159 del codice penale.
5.
La sospensione opera per l'intera durata
della carica o della funzione e non è
reiterabile, salvo il caso di nuova nomina
nel corso della stessa legislatura.
6.
Nel caso di sospensione, non si applica la
disposizione dell'articolo 75, comma 3, del
codice di procedura penale. Quando la parte
civile trasferisce l'azione in sede civile,
i termini per comparire, di cui all'articolo
163-bis del codice di procedura civile, sono
ridotti alla metà, e il giudice fissa
l'ordine di trattazione delle cause dando
precedenza al processo relativo all'azione
trasferita.
7.
Le disposizioni di cui al presente articolo
si applicano anche ai processi penali in
corso, in ogni fase, stato o grado, alla
data di entrata in vigore della presente
legge.
8.
La presente legge entra in vigore il giorno
successivo a quello della sua pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale.
Giusto per ricordarmelo. |
Il questionario.
Ancora sulle leggi razziali del
1938.
Poco dopo la legislazione antisemita varata dalla
dittatura fascista, fu inviato
un questionario
a tutti i docenti universitari, affinché
dichiarassero la loro appartenenza "razziale". Ne
seguì l'allontanamento dalla cattedra di tutti i
docenti ebrei, tra cui
Fermi,
Terracini, Momigliano, Pontecorvo, Fubini e
molti altri, tutti eccellenti. L'unico intellettuale
non ebreo che si rifiutò di compilare il
questionario fu
Benedetto Croce, che così rispose al
presidente dell'Istituto Veneto di Scienze:
"Gentilissimo
collega, ricevo oggi qui il questionario che avrei
dovuto rimandare prima del 20. In ogni caso, io non
l'avrei riempito, preferendo di farmi escludere come
supposto ebreo. Ha senso domandare a un uomo che ha
circa sessant'anni di attività letteraria e ha
partecipato alla vita politica del suo paese, dove e
quando esso sia nato e altre simili cose?".
Ora,
si potrebbe obiettare che Croce godesse di una
libertà non concessa ad altri, poiché il regime
fascista "per
costituirsi un alibi di fronte agli ambienti
internazionali della cultura, consentì tacitamente a
Croce una certa libertà di critica politica",
come spiega
Nicola Abbagnano. E che, dunque, Croce si sia
avvalso di tale libertà. Inoltre, appare evidente
che il fascismo ritenesse Croce un avversario poco
pericoloso, poiché sostenitore della sconfitta della
"malattia morale"
fascista di fronte alla storia.
Ebbene? Avrebbe certamente potuto evitare di
esporsi, avrebbe potuto compilare fuori tempo il
questionario senza sollevare alcuna critica e
continuare a insegnare senza difficoltà. Avrebbe
potuto, lui, ricco e protetto dalla sua fama
europea, stare comodo sulla sua seggiolona di
filosofo e godersi i risultati di ciò che faceva.
Non lo fece mai, per fortuna nostra, fin dal delitto
Matteotti
e dal
Manifesto degli intellettuali antifascisti
del 1925 e fino alla fine della sua vita. Una vita
coraggiosa, spesa in nome dell'idea che "la
libertà al singolare esiste soltanto nelle libertà
al plurale".
La frase, più politica che filosofica, è sua. |
L'antimanifesto
dell'antirazza.
grazie a mg.
"Le razze umane
non esistono. L'esistenza delle razze umane è
un'astrazione derivante da una cattiva
interpretazione di piccole differenze fisiche fra
persone, percepite dai nostri sensi, erroneamente
associate a differenze "psicologiche" e interpretate
sulla base di pregiudizi secolari".
In
un periodo meno idiota questa proposizione e ciò che
ne segue sarebbe un dato di fatto, condiviso e
indiscusso. Così non è e tocca dirlo, scriverlo e
sottoscriverlo, per far sapere che c'è chi la pensa
in modo diverso, c'è chi difende la realtà e la
biologia.
E c'è chi, io, non smette di ringraziare ogni giorno
per l'immigrazione che, per fortuna, annacqua e
confonde i nostri aspetti più deteriori e porta
novità, fantasia e ricchezza nelle nostre anime
desolate.
In occasione dell'anniversario
della pubblicazione del Manifesto degli
scienziati razzisti, reso pubblico a San
Rossore nel 1938,
Claudio Martini,
coraggioso presidente della Regione Toscana, ha
chiesto a undici scienziati di scrivere il "Manifesto
degli scienziati antirazzisti", alla
faccia di quei mentecatti che nel 1938 furono
chiamati "scienziati" e che scrissero scemenze come
"Gli ebrei
rappresentano l'unica popolazione che non si è mai
assimilata in Italia perché essa è costituita da
elementi razziali non europei, diversi in modo
assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli
Italiani".
Come allora, pubblicamente ci si può esporre e
sostenere il
Manifesto,
qui. Sono molto curioso di vedere se Giorgio
Bocca, che firmò quello, firmerà anche questo. Io
solo questo. |
I diari di FH.
Nel 1983, il settimanale tedesco
Stern annunciò di essere entrato in possesso
dei diari di
Adolf Hitler e di essere intenzionato a
pubblicarli. Il giornalista
Gerd Heidemann
li aveva acquistati, 10 milioni di marchi di allora,
dal pittore
Konrad Kujau, che li aveva recuperati a sua
volta da un aereo precipitato vicino Dresda. Gran
clamore, scoppiò un casino e, ovviamente, le analisi
sofisticate e i riscontri interni chiarirono che i
diari erano un bidone gigantesco. Un falso, a opera
di Konrad Kujau,
noto peraltro come falsario (anche a detta
sua). Ma ci si misero in molti, accademici e
non, a disquisire sulla cosa.
Di
per sé, la cosa è grottesca, ridicola e potrebbe
anche finire qui. Se non fosse che vedo oggi per la
prima volta la copertina di
Stern di allora, quella del grande annuncio.
Eccola:
Osservandola, una domanda ingenua sorge spontanea:
perché mai
Adolf Hitler avrebbe dovuto monogrammare i
suoi diari in copertina con la sigla "FH"?
Führer Hitler? Fero Hitler?
Saggi, dotti, sapienti e puro genio germanico,
sciapò al
falsario, sebbene non di gran lega.
Niente a che vedere con l'intenso
Eric Hebborn,
di cui suggerisco l'autobiografia "Troppo
bello per essere vero", Vicenza, Neri Pozza,
1994. Un genio, vero, ucciso vigliaccamente. |
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